Avvenire, 22 settembre 2019
L’esperimento senza cellulare e web
S’è concluso da pochi giorni sulle Alpi bellunesi un esperimento che raccoglie unanimi consensi, ma che a me invece pare sbagliato. Sono stati radunati in un rifugio della valle agordina, all’altezza di duemila metri, una decina di giovani, provenienti da Italia, Romania, Inghilterra, Slovacchia, metà ragazzi e metà ragazze, col compito di stare insieme cinque giorni, spesati, senza mai usare telefonino, ipad, computer. Insomma, scollegandosi dal mondo. Ce l’han fatta, come quasi tutti i 429 liceali a emiliani di Vignola, che si sottoposero alla prova per tre giorni nel marzo di quest’anno. Coro di elogi, oggi più di ieri. Si dice che si sono ripuliti il cervello. Adesso i dieci ripeteranno l’esperimento a casa un giorno alla settimana. Secondo me, quell’esperienza è un errore.
A me è capitato di trovarmi all’estero, senza media a disposizione, e dunque di ignorare cosa succedeva nella mia patria, per un paio di settimane, ed è stato quando succedeva la strage di Capaci. Ero in Tunisia, ho saputo tutto al rientro, dalla radio della navetta dell’aeroporto. M’è sembrato come se la mia patria fosse stata in guerra, e io mi fossi trovato imboscato, da disertore. Il popolo a cui appartenevo pativa un lutto devastante, ma io non lo sentivo per ignoranza. Ero estraneo al mio popolo. Una settimana senza connessione è una settimana separata dagli altri e dal mondo, una settimana da naufraghi sperduti in un’isola deserta. Il telefonino va usato sapendolo usare, è sbagliato non usarlo e non saperlo usare. Nel corso della giornata, e tanto più della settimana, non puoi stare senza telefonino o senza giornale, è come stare separato dal mondo. Il mondo lavora per tutti e dunque anche per te, tu devi raccogliere i risultati del suo lavoro, se non leggi i giornali o non usi il telefonino non raccogli quei risultati, è come se il mondo lavorasse per gli altri ma non per te.
È quel che è successo a questi dieci ragazzi europei riuniti in un rifugio delle Alpi bellunesi, che tra l’altro hanno già di per sé una pessima connessione. Per loro in quei giorni il mondo e l’umanità si son fermati. La Storia non ha camminato. Noi siamo immersi nel fiume della Storia, che scorrendo ci porta avanti con sé. Quei ragazzi sono usciti dal fiume e son rimasti a riva, immobili. Adesso, tornati a casa e riaccesi telefonini e computer, è come se rientrassero nel fiume, ma la corrente che han perso non la recuperano più. Sì, lo so, il telefonino a scuola è dannoso, perché il ragazzo sta con metà cervello attenta a quel che dice il professore, e l’altra metà attenta al cellulare in tasca, che non vibri. L’ho detto altre volte e lo ripeto qui: il telefonino a scuola andrebbe consegnato o spento prima delle lezioni. Ma pretendere che venga lasciato a casa chiuso in un cassetto dal lunedì al sabato è un abuso.
C’è un ragazzo dalla Slovacchia, uno dalla Romania e uno dall’Inghilterra tra i dieci radunati sulle Alpi bellunesi. In quei giorni non potevano parlare con amici né consultare siti d’informazione. Si creano i nuovi europei, così? I nuovi occidentali? No, i nuovi qualunquisti. Disinformati e indifferenti. Ecco perché trovo dannoso e pericoloso l’esperimento bellunese, e spero che non prenda piede.