Corriere della Sera, 22 settembre 2019
Gli Stati Uniti e il mercato libero
Secondo il Financial Times del 13 settembre il Dipartimento americano della Difesa sta compilando una lista di aziende cinesi che hanno stretti rapporti con l’Esercito popolare di liberazione e, più generalmente, con il sistema militare-industriale della Repubblica popolare. I motivi sembrano essere quelli già utilizzati quando la presidenza Trump ha cercato di impedire che un colosso cinese della elettronica (Huawei) divenisse partner e fornitore di Paesi europei per la grande trasformazione della telefonia mobile, nota con il nome di 5G (quinta generazione). La Cina, secondo gli americani, fornirebbe attrezzature di alto livello, ma ne approfitterebbe per carpire tecnologia occidentale e attentare così alla sicurezza nazionale dei Paesi con cui ha rapporti d’affari. Queste liste di prescrizione contengono un implicito ammonimento: vi sono materie in cui, se continuerete a fare affari con la Cina, dovrete rinunciare a fare affari con gli Stati Uniti. Un altro scopo, meno sbandierato, è quello di impedire alla Cina di diventare uno dei maggiori poli scientifici mondiali. Il Paese di Bretton Woods e del Washington Consensus, apparente patrono di un mondo ispirato alle regole del libero mercato, è in realtà uno degli Stati che maggiormente si serve dell’economia e del commercio per sbarazzarsi dei suoi avversari e concorrenti. Non è tutto. Quando denunciano gli stretti rapporti che legano l’industria cinese alla politica di Pechino, gli americani sembrano dimenticare che il Paese in cui qualcosa di molto simile accade con maggiore frequenza è per l’appunto la loro patria. Esistono altri Stati, fra cui la Francia, in cui non è sempre facile tracciare i confini fra carriere pubbliche e fortune private. Ma negli Stati Uniti le alte cariche militari, quando«vanno a riposo», vengono spesso assunte dalle grandi industrie degli armamenti. È da qualche mese sugli schermi un film intitolato «Vice» che racconta la vita e gli affari di un uomo politico americano, Dick Cheney, che fu vice presidente degli Stati Uniti negli anni in cui il capo dello Stato, George W. Bush, sopraffatto dall’attentato terroristico alle Torri gemelle, lasciava spesso al suo «numero due» il compito di formulare la politica americana. Fu lui che scrisse le leggi illiberali promulgate dall’America nelle settimane seguenti. Fu lui che decise lo status inumano riservato ai carcerati di Guantanamo. Fu lui che ebbe un ruolo decisivo nella guerra irachena del 2003. E fu l’azienda di cui fu presidente e amministratore delegato dal 1995 al 2000 (Halliburton: un gigante dei lavori pubblici e della gestione di pozzi petroliferi), che ebbe, durante quella guerra e dopo il conflitto, il compito di fornire all’esercito americano tutti i servizi che vengono generalmente affidati, nelle forze armate di altri Paesi, ai reparti del genio militare.