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 2019  settembre 22 Domenica calendario

Privilegi e amori dell’ape regina

Descrivere la sua vita è come raccontare una favola a un bambino. Al posto di questo foglio leggero di carta di giornale, l’ape regina meriterebbe un libro in cartoncino spesso, dalle pagine grandi e le immagini disegnate. Proviamoci anche così ad addentrarci nel suo mondo paludato. L’alveare è il suo castello, dove lei indisturbata comanda migliaia di api al suo servizio. Ognuna con la propria cella, il proprio spazio ristretto, il pungiglione al lavoro, il ronzio sonoro che accompagna i movimenti precisi e studiati. “Zzz- zzz”, si sente in continuazione, mentre si accalcano in una confusione solo apparente. E poi c’è lei, la regina, l’ape che le sovrasta tutte per aspetto, dimensioni e spirito di vita. È più grande di tutte le altre, raggiunge i 20 mm di lunghezza, mentre le api operaie si fermano a 15 mm, e i fuchi, i maschi che la corteggiano fino alla morte, arrivano a massimo 17mm. Con il suo addome più esposto e all’infuori, si fa avanti in quel regno di insetti ai suoi piedi. Le manca solo il tappeto rosso steso al suo passaggio. Tutto è diverso per lei che conduce una vita a sé dai contorni impomatati e i confini ovattati dal suo seguito fedele di insetti. Venerata e seguita dal suo sciame, custodita come un oggetto di cristallo, dipende da lei l’intera esistenza di quel mondo dorato e le sue api lo sanno bene. LA 

MADRE DI TUTTI
La spiegazione scientifica è questa: «L’ape regina è di solito la madre di tutte le api dell’alveare», racconta Federico Bonora, entomologo ed esperto del settore. «Si sviluppa da una larva selezionata dalle api operaie, è l’unico individuo fertile della famiglia di api, per questo da lei dipende la continuazione dell’alveare». Dalla nascita il suo destino di sovrana è segnato. La sua cella è diversa da tutte le altre, la costruiscono le api operaie, abili architette e serve perfette della monarca. Nulla ha a che vedere coi giacigli ristretti dei sudditi, è una cella reale, allungata, a forma di ghianda, deve contenere lo spessore regale dell’ape regina. Comoda si infila nel suo buco, mentre tutte lavorano, lei adempie alla sua missione più elevata. «La regina è l’unica ad essere feconda, depone le uova e fa crescere la colonia. Sostituisce le api che muoiono, deponendo fino a 3mila uova al giorno». Canta appena nata, uscita dalla sontuosa cella, intona un suono, un “Sol diesis” prolungato, come nelle fiabe avvisa del suo arrivo, interrompendo il ronzio sempre uguale e si siede sul suo trono. Il pungiglione per lei non è una spada di difesa o di offesa, come lo è per le altre, soldatini affaticati in quella fortezza. Si limita a usarlo solo una volta: quando ancora vergine si fa strada eliminando le sue concorrenti nascoste nelle celle. Per il resto della vita, lo terrà fermo come uno scettro, utile solo a deporre le uova. L’ape regina invecchia, passando indenne di fronte a centinaia di generazioni di api che muoiono in poche settimane. Della caducità della vita da insetti, lei se ne fa un baffo, rinvigorita dalle attenzioni del reame, cresce fino a sopravvivere anche per cinque anni. «Mentre di inverno, molte api non ce la fanno, lei viene riscaldata dalle operaie che mantengono la sua cella a una temperatura di 18°C». Il segreto della lunga vita della sovrana è il suo mangime. Non si nutre da sola, ma aspetta comoda che le api giovani operaie la alimentino. «Il suo apparato boccale non permette che l’ape regina si alimenti da sola», spiega Bonora. Da buoni servitori, preparano la “pappa reale” e sfamano la sovrana.

LUNGA ESISTENZA
L’ape regina, non dimentichiamolo, è corteggiata come tutte le femmine vorrebbero. Il momento della fecondazione è una gara di maschi che si rincorrono al suo cospetto. Arrivato il momento la monarca spicca il “volo nuziale”, ripete il suo canto nel cielo, libera i feromoni nell’aria, attira coi suoi movimenti tutti i maschi di colonie vicine nell’arco di un chilometro. I fuchi la inseguono, solo i più forti riescono a salire fino a lei a 700 metri di altezza e avranno l’onore di fecondarla. «In un volo può raccogliere spermatozoi per fecondare uova per tre anni». E poi arriva la fine della sovrana, quando il suo corpo dopo anni di servizio cede, non le si vedono le rughe solcare il corpicino, ma la sua mole si assottiglia, i suoi feromoni si placano e pian piano si spegne. Si comporta come una regina fino alla fine: feconda l’ultimo uovo reale e lascia il suo regno in fuga, per scappare da chi la vorrebbe morta. Ma ancora una volta, una piccola scorta di api, la più fedele, la segue come una coda infaticabile.