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 2019  settembre 22 Domenica calendario

La sfilata di Armani a Milano

«Il mestiere del designer è quello di proporre continuamente idee nuove, senza però dimenticare le persone che indosseranno quei capi». Il Giorgio Armani pensiero non fa una grinza. Farebbe piacere che più suoi colleghi lo seguissero su questo approccio, ma tanto lui è abituato ad andare avanti per la sua strada. Che in questo caso parte idealmente dalla Terra e dalla natura. In realtà il riferimento pare più “emotivo”, espresso cioè pensando anche agli studenti in piazza in questi giorni: «Questo è l’unico Pianeta che abbiamo, dobbiamo prendercene cura», riflette lui riferendosi ai pezzi marrone cupo, al blu oltremare, agli abiti da sera grondanti fiori ricamati. Ma la sua concezione di moda va ben oltre la passerella. «Dopo anni di sportswear è normale che ci sia un ritorno all’eleganza “classica"», dice commentando la generale svolta verso l’abbigliamento più formale. «Non sono però d’accordo su come molti si limitano a citare il passato, senza adeguare quei riferimenti a oggi. Questa è un’epoca diversa, le donne fanno un altro tipo di vita e vogliono altre cose. Non si può dire loro di vestirsi come le madri o le nonne, è anacronistico. Uno stilista non può ignorare la realtà». E alla teoria fa seguire i fatti, con i pantaloni regolati da zip e le giacche doppiopetto con le maniche raglan, i tailleur tagliati in vita e le tuniche liquide. Ha ragione: è facile fare moda, più difficile rispettare chi la indossa. Lui ci riesce.
In questo senso Paul Andrew sta facendo un ottimo lavoro da Salvatore Ferragamo. Sarà la concretezza che gli deriva da un passato di designer di scarpe, sarà la comprensione di cosa il pubblico si aspetta, ma la sua versione del marchio è giusta tanto nei contenuti quanto nel risultato. Infatti, nonostante le atmosfere provengano da quelle rilassate di una vacanza nel Mediterraneo, l’effetto finale è chiaramente pensato per il quotidiano dei consumatori. Andrew riesce a dare sostanza anche a pezzi “estivi” come i caftani, i pantaloni da jogging, gli abitini crochet (li fa a mano una matematica). Una collezione solida, ma meno potente di quella invernale: è però coerente, il che è essenziale. Bonus per il lancio di Viva, la prima rivisitazione in assoluto della ballerina Vara, una delle scarpe più vendute della storia: s’è assunto un bel rischio, e ha fatto bene.
È assai bravo a maneggiare i riferimenti Simon Holloway, che da Agnona crea «una lettera d’amore alla Milano degli anni 80, quando erano i vestiti a contare, e non le borse e le scarpe». Lui cita forme, volumi e silhouette aggiornandoli assai bene al senso del lusso di oggi; finale colorato in omaggio all’inaugurazione dello Studio Memphis nel 1981.
Da Philosophy la rivisitazione di Lorenzo Serafini di due icone assolute degli anni 80, le sorelle Carolina e Stéphanie di Monaco, è invece troppo letterale per essere definita tale. Il designer divide la collezione tra l’ allure bon-ton della maggiore (il chintz, gli abitini da cocktail) e l’animo ribelle (il jeans, le giacche oversize) della minore. Va detto che Serafini ci sa fare: i pezzi sono “giusti”, ma citare così quel periodo, per quanto glorioso, non basta. Per Ermanno Scervino il problema è l’opposto: troppi spunti e riferimenti perché emerga un percorso chiaro. Il che è un vero peccato, perché è evidente quanto siano belli e ben fatti i pezzi; ma tra neo-romanticismi, power dressing, vamp, debuttanti e festaiole scompaiono.
Uno che evita certi meccanismi è Gabriele Colangelo, che ha sempre puntato sui materiali; questa collezione non fa eccezione, ma stavolta c’è una morbidezza che rende i look più fluidi, più femminili.
La sfilata di Msgm segna i primi 10 anni del brand, e Massimo Giorgetti estrapola elementi dalle passate stagioni, frullandoli e riassemblandoli. Non c’è così alcun legame stilistico tra un’uscita e l’altra, se non alcuni dei simboli più conosciuti del marchio: i fiocchi, i colletti, i colori accesi. Che bastino o meno dipende dai punti di vista; nel frattempo, a giudicare dai 56 milioni di euro di fatturato previsti per il 2019, ha ragione lui.