la Repubblica, 22 settembre 2019
In morte di Barron Hilton
Per alcune generazioni l’insegna Hilton fu sinonimo di hotel made in Usa : un lusso “modernista”, efficiente e standardizzato, un brand globalizzato nell’era in cui l’American way of life esportava le prime ondate del turismo di massa. Erano i magnifici anni Sessanta. Poi venne un’epoca in cui il cognome Hilton seguiva il nome Paris: modella glamour, specialista nel catturare l’attenzione dei media (non ancora social), professionista dello scandalo e della trasgressione a scopi auto-promozionali. Era l’inizio del nuovo millennio. A collegare due epoche così distanti, c’è la figura di Barron Hilton: il magnate dell’omonima catena alberghiera, nonno di Paris, si è spento a Los Angeles all’età di 91 anni. La sua parabola è interessante perché percorre e anticipa molti degli affari che hanno attirato Donald Trump: dallo sport ai casinò. In quanto all’attenzione dei media, nell’era social Trump si avvicina più a figure come le Kardashian, «celebri per il fatto di esser celebri». Paris Hilton è stata surclassata, è finita nell’ombra, in confronto agli influencer attuali sembra un’aristocratica decaduta.
Ma non c’è nulla di aristocratico nella dinastia degli Hilton. Le radici originarie sono nel Texas del boom petrolifero, è da lì che parte la costruzione dell’impero alberghiero con il capostipite Conrad. Che già aveva qualche talento per la visibilità nei gossip mondani, visto che sposò in seconde nozze l’attrice Zsa Zsa Gábor. È il figlio Barron, però, che fa fare alla catena Hilton il grande salto di qualità. Quando ne diventa chief executive a metà degli anni ‘60, accelera la “rivoluzione industriale” del settore alberghiero. Con il marchio Hilton l’espressione “catena alberghiera” finisce per evocare quella di “catena di montaggio": gli alberghi si assomigliano sempre di più, il taylorismo-fordismo dopo le fabbriche fa la sua irruzione dirompente nel mondo dei servizi. Una clientela sempre più vasta si abitua a trovare da un hotel all’altro lo stesso stile di arredamento, lo stesso design, gli stessi asciugamani, gli stessi menu. (Prima, ci crediate o no, non era così). È un’esperienza rassicurante per il turista americano quando atterra a Bangkok o ad Acapulco. Ma all’origine è un’operazione di controllo centralizzato dei costi, l’alberghiero fa il salto in una dimensione manageriale moderna. Col tempo la standardizzazione si è logorata, il brand Hilton ha perso il glamour del lusso, il centro di profitto si è allargato ad attività massificate come le conventionaziendali, i congressi.
Non è un caso che nel fatidico 8 novembre 2016 Donald Trump abbia affittato proprio l’Hilton di Mid-Town Manhattan come sede del proprio quartier generale. (O che abbia battezzato Barron il figlio avuto con Melania?) La storia della dinastia Hilton infatti prefigura molte delle cose che Trump desiderava. Prima di lui gli Hilton sotto la guida di Barron penetrarono nel business dei casinò. Barron fu tra i più importanti proprietari di squadre nell’American Football League dopo l’acquisto dei Los Angeles Chargers. Seppe far leva sul business come trampolino verso la notorietà: gli stessi alberghi acquistati come trofei, dal Waldorf Astoria di New York al Mayflower di Washington al Sir Francis Drake di San Francisco, talvolta furono macchine da glamour più ancora che centri di profitto. Il business alberghiero ha avuto cicli e mode, l’era gloriosa degli Hilton è ormai un ricordo. La catena aveva raggiunto i 2.800 hotel quando fu venduta per 26 miliardi di dollari nel 2007 ad un gruppo finanziario, Blackstone. In seguito ad altre fusioni e acquisizioni è finito dentro il mega- conglomerato che controlla altri marchi di massa come Sheraton e Marriott. Curiosamente si è consolidato un divario tra l’immagine e la qualità di queste in America, o nel resto del mondo: mentre sul mercato interno degli Usa la massificazione e la standardizzazione di queste catene le ha fatte scivolare su un segmento di mercato medio, in Estremo Oriente o in Sudamerica, in Russia o perfino in qualche paese europeo gli Hilton conservano ancora qualche sprazzo di lusso. In ricordo di un American way of life che sprigionava seduzione negli anni Sessanta.