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 2019  settembre 22 Domenica calendario

Cambiare vita

VANITYX
Era un appartamento come tanti, quello in cui John e Molly Chester avevano costruito il loro nido. Lui operatore di ripresa, lei cuoca, vivevano al primo piano di uno studiolo vista Oceano, a pochi passi dal litorale reso celebre dai costumini rossi di Baywatch. Apparentemente non gli mancava niente. John viaggiava parecchio era quel tipo di cameraman che attraversa il mondo per filmare le migrazioni delle formiche africane e Molly divideva il suo tempo tra la cucina e uno striminzito orto sul balcone. Poi, un giorno, arriva la svolta. E come sempre accade in questi casi, è rapidissima. Nelle vite di John e Molly entra un cane, Todd, con un vizio insopportabile: abbaia continuamente. Abbaia sempre. Abbaia così tanto che ai due viene imposta una scelta: liberarsene o cambiare casa. John e Molly fanno un passo in più: non cambiano casa, arriva lo sfratto, cambiano vita.
ASPIRANTI FUGGITIVIRealizzando un sogno comune – dicono le ricerche – anche a tanti italiani: se ne vanno in campagna, a un’ora da Los Angeles, per costruire da zero una fattoria bio-sostenibile, Apricot Lane, che oggi conta 50 animali e 75 varietà di coltivazioni biodinamiche. Questa storia, raccontata nel documentario La fattoria dei nostri sogni, negli Usa è diventata un caso, sbocciato al Telluride Film Festival e capace di raggiungere, grazie al passaparola, quasi 300 sale dalle 5 iniziali. E anche in Italia, dove è nei cinema dal 5 settembre, l’agri-avventura di John e Molly fa sognare. Conquistando sia i nuovi paladini dell’onda verde (secondo l’Istat le aziende di coltivazione biologiche sarebbero in crescita del 4,7%) sia chi, semplicemente, vorrebbe mollare tutto e scappare. Quanti siano esattamente gli aspiranti fuggitivi che una bella ricerca di Karen Rosenkranz, pubblicata lo scorso anno, ribattezza city quitters – non si sa, ma basta digitare su Google cambiare vita per ottenere 77 milioni di risultati. E l’opzione principale suggerita dal motore di ricerca dopo le parole mollare tutto, prima di scappare in camper, in montagna o in barca a vela, è proprio vivere in campagna. Del resto lo diceva già Toto Cutugno nel 1995, portando in anticipo sui tempi sul palco di Sanremo la sua Voglio vivere in campagna: zappare la terra e fare la legna sono l’antidoto naturale alla solitudine della vita in città. 
I CLICKLe nuove tecnologie, le stesse che hanno aiutato John e Molly a trovare finanziatori per il progetto Apricot Lane, oggi amplificano il successo e le storie di chi ce l’ha fatta. Storie come quella Claudia Porta, blogger e traduttrice dei romanzi di Laura Ingalls Wilder, che in una casa nella prateria ci si è trasferita per davvero, abbandonando Torino per insegnare yoga e coltivare in Francia: «La terra è un potente antidepressivo, i ritmi sono lenti, il primo beneficio è la salute», scrive sul suo blog da 3000 visitatori al giorno. Una scelta vicina a quella del fotografo Alain Laboile, che nella serie La Famille ha immortalato la vita quotidiana dei suoi cari, sei bambini e sei gatti, tutti allo stato brado nella campagna provenzale. Pochi comfort, nessuna tv, e uno stagno di fango in cui nuotare nudi: foto da milioni di click, che lo hanno portato nel 2012 sulle pagine del New York Times. «La vita di campagna è piacevole – racconta – ma la quotidianità può essere pesante. La casa è antica, la terra è soggetta ad allagamenti. Alcuni progetti hanno richiesto un lavoro molto faticoso».
LA CONSAPEVOLEZZAIl paragone con il Captain Fantastic di Viggo Mortensen, estremista della vita in campagna immortalato nell’omonimo film di Matt Ross, è calzante. Ma il punto è che non basta affidarsi agli ideali, o ai quattro passi per aprire una fattoria del portale WikiHow, per realizzare la grande fuga. La vita in campagna, come si racconta anche ne La fattoria dei nostri sogni, non è per tutti. Combattere un’invasione di lumache, impedire alle marmotte di rovinare il raccolto e ai coyote di mangiarsi i polli: secondo Lorena Lombroso, autrice di Io autosufficiente: lascio tutto e vado a vivere in campagna, perché la fuga nel verde sia un piacere e non un inferno deve essere «consapevole e preparata». 
L’entusiasmo iniziale va bene, ma la formazione va anteposta all’idealizzazione, se non si vuole fare la fine dei protagonisti del thriller El Campo di Hernán Belón, volenterosi city quitter finiti malissimo. C’è poi un particolare da non sottovalutare: il budget iniziale. Acquistare un immobile da ristrutturare per farne una fattoria, nelle regioni più verdi d’Italia, può