Corriere della Sera, 21 settembre 2019
Come si salva la terra dai cambiamenti climatici
Il messaggio è semplice, quasi puerile nella sua essenzialità. Ed è proprio per questo che dilaga in ogni angolo del globo. «La nostra casa è in fiamme», dice e scrive Greta Thunberg. E a milioni la seguono nella protesta. Ma cosa vuole questa generazione in gran parte under 18, quindi ancora senza diritto di voto, che sciopera per il pianeta?
Cosa chiedono i ragazziOggi, come ieri, gli studenti si ribellano al mondo degli adulti e a una società che ritengono ingiusta. Se in passato la lotta aveva i colori della politica di partito, però, ai giorni nostri è rivolta proprio contro quei padri e quelle madri che hanno continuato, imperturbabili, a seguire un modello di sviluppo economico altamente inquinante, nonostante gli allarmi della scienza. Le parole d’ordine che accomunano i teen-ager di #FridaysForFuture sono: de-carbonizzare, ovvero abbandonare tutte le fonti fossili di energia e raggiungere lo 0 netto di emissioni a livello globale entro il 2050 (2030 in Italia); giustizia climatica per i popoli, ovvero la transizione energetica deve essere attuata su scala mondiale; e «Ascoltate la scienza», che per i giovani del Climate Strike significa seguire le indicazioni dell’Intergovernmental panel for climate change dell’Onu (Ipcc). «Continueremo a spingere affinché si rispettino gli accordi di Parigi e si limiti l’aumento medio globale della temperatura terrestre al di sotto di 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali» ha ribadito ieri al Corriere Federica Gasbarro, una dei portavoce di FridaysForFuture e unica italiana invitata al Youth Climate Summit dell’Onu che oggi riunirà a New York cento giovani per «suggerire» nuove ricette al vertice dei Grandi, due giorni dopo. «Bisogna decarbonizzare l’economia, investire in nuove tecnologie, soprattutto le banche, e cambiare il modo di trasportare persone e cose. Il trasporto pubblico va incentivato e migliorato».
A che punto siamoLa stragrande maggioranza degli scienziati, oggi, si allinea all’Ipcc, il cui ultimo rapporto ha stabilito che superare la fatidica soglia dell’1,5° equivale a corteggiare una catastrofe. Per evitarlo, le emissioni dovrebbero ridursi del 45 per cento entro i prossimi dodici anni, con trasformazioni «senza precedenti» in quasi ogni settore dell’economia. Si tratta di un salto ulteriore rispetto all’Accordo di Parigi del 2015, con cui i governi del mondo si impegnavano a limitare l’aumento delle temperature al di sotto dei 2° attraverso i cosiddetti Nationally Determined Contributions (Ndc), alias impegni nazionali volontari. Ndc da rivedere ogni cinque anni per aumentare progressivamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni: prima scadenza, il 2020. Le emissioni di CO2 hanno toccato nel 2018 il record di 27,1 miliardi di tonnellate. Secondo le proiezioni del Climate Action Tracker, anche se i governi effettivamente raggiungeranno i tagli alle emissioni preannunciati finora l’aumento delle temperature toccherà i +2,9° entro la fine del secolo. Finora solo 12 Paesi hanno comunicato i loro Lts (Long Term Strategies) o piani a lungo termine, ma circa una novantina di altri, fra cui l’Italia, li stanno preparando. Il recente rapporto del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite «The Heat is on» sottolinea come ben 14 nazioni, che rappresentano il 26% delle emissioni globali di gas serra, hanno dichiarato che non intendono rivedere gli attuali Ndc.
Cosa si può fareIl segretario dell’Onu Antonio Guterres sta sollecitando i governi a fermare i sussidi per i combustibili fossili, smettere di costruire centrali a carbone dopo il 2020, tassare le emissioni di carbonio. A livello europeo, fanno ben sperare le parole della neo-presidente della Commissione Ursula von der Leyen che ha promesso un «Green Deal for Europe». L’attuale target dei 28 Paesi Ue è di tagliare le emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2030, che il Parlamento europeo e alcuni membri vogliono però portare fino al 55 per cento.