Libero, 21 settembre 2019
Il blackout che fa scordare i figli in auto
Chi l’ha provata racconta di un vero e proprio black-out della memoria, un vuoto assoluto, buio e profondo, un buco tragico che, anche se passeggero, fa dimenticare, cancellare e volatilizzare completamente un pezzo di vita. Gli psichiatri la chiamano “amnesia dissociativa”, un disturbo che comporta una discontinuità e una disconnessione della fisiologica integrazione tra coscienza, identità, memoria, emozioni, percezioni, comportamento e controllo motorio e mentale. E tale alterazione non è dovuta agli effetti diretti di una sostanza farmacologica, chimica o stupefacente, e neppure a una condizione patologica generale, perché il soggetto che la subisce è considerato apparentemente sano. Perché, anche se nel momento in cui un paziente presenta o manifesta un disturbo dissociativo, questo viene considerato dalla medicina ufficiale un meccanismo cerebrale di difesa inconscio e involontario, accompagnato da depersonalizzazione o derealizzazione, privo dunque di alcuna causa patologica identificabile, che invececompare solitamente nelle persone che hanno tendenza ad agire “in automatico”. È quello che presumibilmente è accaduto a un disgraziato genitore di Catania, quel padre che ha “dimenticato” il suo bambino di due anni in auto, legato al seggiolino sul sedile posteriore, mentre susseguiva una serie di atti automatici che evidentemente ripeteva roboticamente ogni mattina, come avviarsi verso il lavoro, chiudere i finestrini, parcheggiare la macchina sotto il sole, pensando alle cose da fare durante la giornata, agli impegni che lo aspettavano, in questo modo “eliminando” dalla lista mentale delle priorità quella di accompagnare il figlio al nido, assalito da una lacuna retrospettiva nella memoria, un vero e proprio buco che si forma nei ricordi dei doveri, una perdita completa di una importante nozione, che ha causato la straziante morte per colpo di calore e disidratazione estrema della piccola vittima.
UN PEZZO DI VITA
L’amnesia dissociativa è un’amnesia non globale ma circoscritta, in cui la persona dimentica una cosa essenziale, e non è in grado di ricordarla nell’arco di poche ore, ed è evento che di solito è legato ad una condizione di forte stress oppure a un trauma pregresso, che cancella temporaneamente dalla mente un pezzo della propria vita senza che il soggetto ne abbia la minima consapevolezza, e purtroppo può accadere che questa amnesia riguardi la persona più cara al mondo come un figlio. È un disturbo ancora valutato come raro, anche se in effetti il numero delle diagnosi è cresciuto molto negli ultimi anni, e per fortuna la perdita completa delle nozioni del tempo e del ricordo, la maggior parte delle volte riguarda beni materiali od appuntamenti importanti completamente cancellati dalla memoria. Per diagnosticare questa condizione, che non è affatto riconducibile ad una normale dimenticanza, vanno prima di tutto escluse alcune cause patologiche, come disturbi globali di memoria, crisi epilettiche mascherate, traumi cranici o assunzione di sostanze psicotrope, ed una volta decurtate queste eventualità si valuta la possibilità che si tratti di amnesia dissociativa, che un tempo veniva definita “psicogena”, cercando di individuare la soglia di stress del paziente, che è sempre individuale, poiché un affaticamento che per alcuni è lieve può essere molto pesante per altri. primo segnale D’altronde, sappiamo che lo stress patologico fa aumentare il rischio di infarti ed emorragie cerebrali, e quando lo stress viaggia “oltre i limiti” il primo segnale che esprime è proprio una progressiva difficoltà di concentrazione e di memoria, agendo sui meccanismi cerebrali di recupero e provocando il sonno disturbato, irritabilità rispetto ai cambiamenti e la tendenza ad agire “in automatico”, dunque senza pensarci, proprio per alleggerire l’ingorgo encefalico: tutti segnali e sintomi che devono far suonare un campanello d’allarme. L’amnesia dissociativa con perdita di memoria retrospettiva è quasi sempre legata ad eventi pesanti dal punto di vista fisico, emotivo e psicologico, soprattutto se questi eventi vengono repressi, non metabolizzati od espressi, e compare quindi come un meccanismo di difesa cerebrale, attuato il modo inconscio, per proteggere o ristabilire il proprio equilibrio mentale. In pratica è una reazione encefalica che permette la “sconnessione” di alcuni elementi vissuti negativamente, come la fatica di recarsi ogni giorno al lavoro ad orari prestabiliti e fissi, o di doveri da espletare a comando, dai processi mentali che sono di solito integrati e fondamentali, evitandone il recupero mnemonico consapevole. Tuttavia, sebbene le informazioni dimenticate possano essere inaccessibili per qualche ora alla coscienza, alla memoria od alla percezione, esse continuano ad influenzare il comportamento, procurando dei “flashback” di richiamo (c’era qualcosa che dovevo fare ed ho dimenticato) e procurando anche inspiegabili stati di iperattivazione fisiologica, ossia il soggetto affetto continua la sua attività senza esitazioni, e senza prestare attenzione a quella “voce di dentro” che tenta di avvisarlo della grave dimenticanza.
DISTACCO DALLA REALTÀ
In ogni modo la amnesia dissociativa in psichiatria non è considerata un disturbo “puro”, perché solitamente associata a stati di ansia cronica, a deficit dissociativi della personalità, a depressione e angoscia, tutte situazioni legate a un deficit di integrazione delle emozioni di un sistema associativo, che provoca uno scollamento della stabilità e della coesione tra coscienza e razionalità. E in relazione alla gravità e intensità con la quale si manifestano i sintomi elencati, può avvenire una depersonalizzazione passeggera, momentanea e terribile, quel buco momentaneo nella mente, con distacco dalla realtà e da sé stessi come quella accaduta al genitore di Catania, che ha vissuto e provocato inconsciamente un evento talmente traumatico, irrecuperabile e definitivo, che invece beffardamente resterà impresso nella sua memoria. E sarà tragicamente indimenticabile per il resto dei suoi giorni.