la Repubblica, 20 settembre 2019
Il rabbino che raccoglie le lettere inviate a Dio
L’indirizzo sulla busta da lettere è così semplice che volendo potrebbe occupare soltanto una riga: Dio, Gerusalemme, Israele. Dentro c’e’ un foglio su cui si legge: «Caro Dio, questa è una copia dell’accordo che ho stipulato fra noi due. Vorrei essere tuo socio per il Superenalotto italiano, che ha come primo premio 130 milioni di euro: il 90 per cento della somma è tuo. Io prendo soltanto il 10 per cento e di questo mi impegno a mettere da parte il cinque per cento per i poveri e i bisognosi. Il tuo devoto figlio». Chi sia il mittente della missiva non è dato saperlo: ma se ci sta leggendo vorremmo rassicurarlo. Il suo appello è giunto lì dove aveva voluto che arrivasse, fra le pietre del Muro del Pianto, nel cuore più sacro di Gerusalemme.
La lettera dell’anonimo fedele italiano è fra le centinaia di quelle che due giorni fa il direttore generale delle Poste israeliane, Danny Goldstein, ha consegnato al rabbino Shmuel Rabinowitz perchè fossero deposte nelle fessure delle rocce del Muro del Pianto. Una cerimonia che si ripete ogni anno in occasione delle festività ebraiche di Rosh Hashanah e Yom Kippur e che offre uno sguardo unico sulla maniera in cui le persone di ogni parte del mondo vivono il rapporto con la fede. «Caro Creatore, ti prego di aiutarmi affinché mio padre comprenda il vantaggio di avere in casa un cane che ci aiuti a tenere unita la famiglia. In cambio ti prometto di studiare duro e di essere più controllata», scrive Joanne dal Canada, mentre Jenny dall’Australia ha un desiderio più difficile da realizzare: «Caro Dio, ti chiedo di aiutarmi a tornare indietro nel tempo in modo da prevenire l’assassinio del presidente Kennedy, di Martin Luther King, Yitzhak Rabin e molti altri».
Prima di essere portate in una scatola rossa al rabbino Rabinowitz, le lettere – arrivate da Israele, ma anche da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Nuova Zelanda, Russia e, appunto, Italia – sono state mostrate ai giornalisti di Yedioth Ahronot : «Ognuna di esse incarna la vita delle persone che si rivolgono a Dio condividendo con lui i loro problemi, le loro richieste e la loro gratitudine – ha spiegato al quotidiano Goldstein – le trattiamo con il massimo rispetto e ci assicuriamo che siano deposte fra le pietre del Muro del Pianto. Ci auguriamo che tutte le suppliche siano ascoltate».
Quella di deporre suppliche, preghiere e ringraziamenti fra le fessure del Muro del Pianto è una tradizione di centinaia di anni: il Muro rappresenta per i fedeli ebrei l’unica parte del complesso del secondo Tempio rimasta intatta e dunque è il luogo più sacro insieme al monte del Tempio sovrastante, perché quello più vicino a Dio. Ma a lasciare una nota fra le pietre non solo solo ebrei. Due volte l’anno i foglietti vengono raccolti e sepolti sul Monte degli ulivi. La tradizione negli ultimi anni ha subito l’influsso della tecnologia: sul sito della Western Wall Heritage foundation, che si prende cura del luogo, c’è un biglietto elettronico per chi non può andare a Gerusalemme. La fondazione assicura che la nota verrà stampata e deposta fra le pietre. Il bello della Rete: che non ha sostituito però le vecchie lettere. Forse perché solo su di esse si può vergare un indirizzo tanto unico: all’attenzione di Dio, presso Gerusalemme, Israele.