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 2019  settembre 20 Venerdì calendario

Case popolari a gente proprietaria di immobili

A Roma, capitale d’Italia, ci sono 5.760 famiglie o persone che hanno un alloggio pubblico (casa popolare) anche se di nascosto hanno una seconda casa. Ripetiamo: 5.760 persone, non 5, non 50, non 500: gente che paga un affitto ridicolo a spese del contribuente (si parte da 7 euro al mese) anche se ha un’altra casa di proprietà dove non vive: forse l’affitta, talvolta, se è un bel posto, ci va in vacanza. Queste case infatti sono nella stessa Capitale o nell’hinterland, ma anche al mare o in montagna. L’ha scoperto un po’ tardivamente l’Ater, l’azienda regionale che da giugno ha ingaggiato una società esterna (la Cerved) per incrociare i dati sugli affitti con gli atti patrimoniali dei vari affittuari. Sono bastati tre mesi – con l’estate in mezzo – ed è semplicemente incredibile che nessuno ci abbia pensato prima. I risultati superano ogni immaginazione: risulta che il 12 per cento degli inquilini ha una seconda casa, quasi 6mila su 48mila appartamenti. L’ha scoperto la Cerved, poi l’ha saputo l’Ater, ieri l’ha scritto Lorenzo Di Cicco sul Messaggero (nelle pagine della cronaca di Roma, un po’ imboscata) e ora noi la rilanciamo, ancora storditi da quanto un genere di truffe che mostra il vero dna di un popolo passi tutto sommato sottotraccia.

FRODE TRANSNAZIONALE
Lo stesso era accaduto, l’altro ieri, con l’incredibile notizia sull’operazione della Guardia di Finanza contro i fruitori illegali delle piattaforme tv a pagamento: è venuto fuori che 700.000 persone (settecentomila) pagavano 12 euro mensili per vedere tutti i principali palinsesti Tv con un unico abbonamento (Sky, Dazn, Mediaset, Netflix, Infinity) a beneficio di una piattaforma illecita, con base – tu guarda – a Napoli. Ma la frode aveva carattere transnazionale e aveva clienti anche in Lombardia, Veneto, Puglia, Calabria e Sicilia. Tutta gente che non vede più nulla (in tv) e magari s’incazzerà pure, inconsapevole che quelli della loro razza si chiamano delinquenti e che ora rischiano persino la galera: non solo di saltare il derby sabato. E chi sono? Italiani. Italiani medi. Italiani veri. È la nostra società civile che da anni soffia sul fuoco dell’antipolitica cattiva e disonesta. Ma torniamo ai 5.760 romani con doppia casa (una la pagate voi) che in questo modo toglie a chi ha bisogno davvero. È bastato un controllo al Catasto. Qualcuno, di appartamento, ne aveva anche più d’uno. Così ha spiegato il 41enne Andrea Napoletano, direttore generale dell’Ater che, un anno fa, ha preso in mano l’azienda e ora sta facendo la rivoluzione facendo cose normalissime: cercare di sanare le occupazioni, gli affitti non pagati, l’abusivismo e la morosità. Il suo caso contiene nomi, indirizzi e cifre di appartamenti anche centralissimi oltreché fuori dal Raccordo o in luoghi di villeggiatura. C’è un caso – l’ha scovato ancora il Messaggero – con un tizio che è proprietario di una casa popolare tra il Villaggio Olimpico e Villa Glori, ma non vuole starci anche se risulta residente: dice che è troppo umida; allora ha scelto di vivere con papà, un funzionario del Campidoglio che abita in una casa del Comune con affitto stracciato di 286 euro al mese. E dove? Davanti alla Fontana di Trevi, 90 metri quadri. canoni ridicoli La polizia locale sta controllando se la casa popolare disdegnata (quella umida) sia abitata da qualcun altro. La fantastica casa del padre, ora in pensione, era già finita nel caos dell’affittopoli romana nel 2015: e lo stesso Campidoglio, compresa la sindaca Raggi, aveva tuonato e promesso che i canoni sarebbero stati portati a prezzo di mercato. Risultato: il funzionario pagava 206 euro nel 2015, ora ne paga 286. Prezzi di mercato, ma rionale. Il funzionario però ha fatto sapere che per restare in quella casa spettacolare, tutta stucchi e mosaici, sarebbe disposto a pagare anche 6 o 700 euro al mese. Nota: di pensione, ne prende 3000. In sintesi ha lavorato per lo Stato, prende la pensione dallo Stato, abita in una casa dello Stato e il figlio ora disdegna un alloggio pubblico, cioè dello Stato. Anche lui è un italiano vero. Ora chi di dovere se ne occuperà. Con cura, con tatto, con attenzione, coi tempi giusti. Ma certo. Bisogna fare le cose bene. Nella società civile non c’è posto per espressioni tipo «calci nel culo», come abbiamo pensato tutti. La società civile non si esprime in questo modo.