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 2019  settembre 19 Giovedì calendario

Germania, stranieri con pretese

Esiste un blog degli italiani a Berlino che raccoglie oltre ventimila iscritti. In gran parte giovani arrivati per trovare un lavoro, pochi i turisti di passaggio che chiedono informazioni. Come al solito su Facebook, prevalgono nei messaggi i violenti e gli intolleranti. Non è una sorpresa. Molti accusano i tedeschi che sarebbero razzisti, chiusi contro quelli che arrivano da fuori. Eppure bene o male Berlino è considerata una città multikulti. Sarebbero i berlinesi i colpevoli del loro fallimento, o delle speranze deluse. Ne conosco alcuni, hanno fatto studi non adatti, come trovare lavoro in Germania con una laurea breve in lettere?, e non parlano tedesco. Un atteggiamento sbagliato ma scusabile, umanamente comprensibile nei giovani, che considero vittime. Però si lamentano anche artisti affermati, noti o famosi a livello internazionale.Ai Weiwei, pittore e dissidente cinese, 62 anni, ha annunciato di voler lasciare Berlino denunciando che «la cultura tedesca è così forte da non essere in grado di accettare altre idee e argomenti. Non c’è alcuno spazio per un dibattito aperto, nessun rispetto per voci che contraddicano il pensiero dominante…». Tra i molti esempi cita il litigio con un tassista berlinese, ma turco. Nell’auto gravava un profumo orientale fastidioso e l’artista gli chiese di aprire il finestrino, l’autista si rifiutò, e alla fine lo costrinse a scendere. Ai Weiwei lo denunciò, ma gli diedero torto: poteva prendere un altro taxi.
Naturalmente, si lamenta anche di discriminazioni artistiche. Eppure, Ai Weiwei, incarcerato dalle autorità cinesi, fu liberato grazie alle proteste internazionali, in prima linea quelle tedesche, e dal 2015 era ospite a Berlino. Nel 2007, partecipò a Documenta, la rassegna internazionale che si tiene ogni cinque anni a Kassel, dove espose 1.001 antiche sedie cinesi, e invitò 1.001 suoi connazionali a venire in Germania. Un evento artistico costato 3,1 milioni di euro. Una legittima azione politica, dal relativo valore artistico. Ma è la mia opinione, che non conta.
Ai Weiwei non è il solo a protestare contro la xenofobia tedesca. «Il multikulti è il cuore del razzismo», denuncia il direttore d’orchestra americano Brandon Keith Brown, 39 anni, nato in North Carolina, e da cinque anni residente a Berlino: «Il multikulti promette parità, e pluralità, accoglie tutti, ma poi chi viene da fuori finisce per essere discriminato». Quasi impossibile per un artista di colore, come lui, riuscire a essere scelto come direttore dai Berliner Philarmoniker.
Avrà ragione, ma sono gli orchestrali a scegliere da chi essere diretti, dopo l’austriaco Von Karayan, vollero l’italiano Abbado, poi l’inglese Simon Rattle, e adesso il russo Kirill Petrenko. Un incarico a vita. Tutti bianchi, è vero, ma i membri dell’orchestra non sono tutti tedeschi, vengono da ogni parte del mondo. Scelgono i migliori, e in fondo Brown giunse solo terzo nel 2012 al premio Georg Solti per direttori d’orchestra. Piazzamento ottimo, non eccezionale.
Il razzismo quotidiano aumenta di giorno in giorno, si lamenta. Entrò in un supermarket, da bravo ecologista con la busta di plastica usata portata da casa, e fu affrontato da un sorvegliante che lo trattò da ladro. Non spiega bene il perché, ma conclude che dopo la sua denuncia la guardia venne licenziata. Quindi gli diedero ragione. E il Tagesspiegel, il primo quotidiano di Berlino, ha dedicato alla sua protesta due lunghi articoli. I tedeschi sono sempre sensibili a ogni sospetto di razzismo.
Brown non ha preoccupazioni per la carriera: riceve continue scritture e ha diretto importanti orchestre in Germania, a Weimar, a Karlsruhe. A novembre debutterà sul podio dei Nürnberger Symphoniker, e ha diretto due volte l’orchestra della radio a Berlino. «Ma io, unico direttore afroamericano, sono un alibi per evitare il sospetto di razzismo», commenta.
E come i ragazzi italiani, si lamenta: gli orchestrali pretendono che mi rivolga a loro in tedesco. Eppure l’inglese è la lingua dominante nel mondo. Ma la lingua di Frau Angela, come l’italiano di Verdi, è una delle lingue dominanti nella musica. Prima o poi, glielo auguro, Brown sarà invitato alla Scala. Il loggione a Milano pretende la perfezione ed è capriccioso. Se qualcuno lo fischierà sarà un razzista?