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 2019  settembre 19 Giovedì calendario

Il segreto di Rol e la lunga notte del ’43

L’ultimo mistero di Rol non ha niente a che fare con l’esoterismo. Forse. Sennò, che mistero sarebbe? Di certo c’è che salvò due vite, ma nessuno può testimoniare come: con un trucco, un intervento paranormale o una mossa assolutamente normale? La verità è sepolta, come tutti quelli che c’erano. È un ricordo sbiadito, raccolto prima che svanisse, 17 anni fa. I fatti si svolsero 76 anni fa durante l’occupazione tedesca. Gustavo Adolfo Rol è morto 25 anni fa (22 settembre 1994), lasciandosi dietro una scia di nebbia fosforescente quanto la sua personalità. Il dibattito sulle sue potenzialità è stato più spesso ispirato dal pregiudizio che dal giudizio, talora al di sotto della sua studiata eleganza e sempre, tutto sommato, vano. Rol non chiese niente, si limitò a mostrare, e a pochi selezionati. Contano gli effetti, tranne quelli speciali, e in quel lontano 1943 ne ebbe. Si accenna all’episodio in uno dei numerosi libri a lui dedicati, Rol e l’altra dimensione, di Maria Luisa Giordano. Scrive: «Durante l’occupazione tedesca salvò molte vite umane, fece liberare partigiani e civili, ostaggi dei nazisti». Dove? Quando? Ma soprattutto, come?
Nel 2002, volendo liberamente ispirare il personaggio di un romanzo alla figura di Rol, andai a Torino per raccogliere testimonianze e verificare quell’affermazione che si faceva più specifica indicando un fatto avvenuto a San Secondo di Pinerolo dove Rol e la sua famiglia erano sfollati e dove si trova oggi la sua tomba. Incontrai molte persone che l’avevano conosciuto. Tutte avevano comuni caratteristiche: erano scettici, non credenti, con professioni pratiche (chi fabbricava caminetti, chi dirigeva alberghi), eppure raccontavano con naturalezza: «L’ho visto aumentare di statura in ascensore» o «Fece apparire un dipinto completo sulla tela in pochi secondi». Il più attendibile mi parve Remo Lugli, ex inviato della Stampa, amico personale di Rol, ma capace di raccontarlo da cronista in Una vita di prodigi.
Conosceva l’episodio di San Secondo, ma solo indirettamente. Sorrise e disse: «Avrà dato al comandante tedesco un assegno inesistente, come quello che fece apparire a noi». Si riferiva a un “esperimento” condotto in casa sua, alla presenza delle due mogli e dei coniugi Gaito e Innocenti. Rol fece dire quattro numeri e venne fuori 1943. Si mise a parlare con una presunta presenza invisibile: un uomo fucilato in quell’anno che avrebbe voluto pagare per evitarlo. Infine disse: «L’assegno è arrivato». Il dottor Gaito se lo ritrovò nella tasca interna della giacca, a lui intestato, datato 10 novembre 1943 per la somma di un milione. Il numero corrispondeva alle prime sei carte del mazzo sul tavolo. Mancava l’indicazione del conto di provenienza. Rol non ha mai tratto o prodotto un beneficio economico. Se non pagò, come salvò i condannati di San Secondo?
Lugli mi diede due indicazioni: l’ultima compagna di Rol e sua esecutrice testamentaria, Catterina Ferrari, e un uomo del paese, un cavaliere del lavoro che mi avrebbe accompagnato a cercare superstiti del tempo di guerra. La dottoressa Ferrari, ex farmacista, ha trascritto quel che sostiene essere il ricordo di Rol sull’argomento: «La mattina del 30 settembre una donna venne a cercarmi di buon mattino...». Il comando tedesco aveva ricevuto una denuncia anonima e perquisito la casa di un certo Paschetto, che viveva con moglie, due figlie e due figli, trovando due pistole e un fucile nascosti nel porcile. I fratelli furono condannati all’esecuzione in piazza alle dieci della domenica seguente. Rol accolse l’invito della donna e si recò dal maggiore Werner, a capo degli occupanti, supplicando clemenza: «Intanto mi lavoravo il suo aiutante, tenente Utesh. Offrii loro due libri napoleonici di grande valore». Tre ora di “lavorazione” (qualunque cosa intendesse) e ottenne la commutazione della pena: deportazione in Germania. Intuì che la morte per i due sarebbe stata solo rinviata. E non di molto. Chiese di visitarli. Avevano un aspetto terribile. Uscì e tornò portando con sé, ben nascosto, un asciugamano inzuppato del sangue di una gallina che aveva fatto intanto uccidere. Lo diede a uno dei prigionieri, suggerendogli in dialetto di tossire platealmente e dichiararsi tubercolotico per impietosire i suoi carcerieri. Poi: «Nella notte, dinanzi a 14 ufficiali, perorai la causa di quei poveri disgraziati. Mi valsi perfino dei miei esperimenti di coscienza sublime per cattivarmi le simpatie di quei Teutoni! Lavorai sino all’alba. Finalmente, con la complicità di un giovane medico, venne steso un rapporto disastroso sullo stato di salute dei condannati. L’indomani il maggiore Werner portò l’ordine di liberarli e si congratulò: siete un buon italiano, un uomo di cuore». E bruciò le altre denunce anonime, di cui tuttavia conosceva l’autore. Anni dopo, annota la Giordano, l’ex ufficiale tedesco gli scrisse da Roma, dicendogli che in Germania aveva perso tutti i suoi cari e trovato solo distruzione e morte: era tornato in Italia per farsi frate domenicano. Anche di questo non esiste prova, come dei fatti accaduti quella notte. Sembra paradossale, almeno nei termini, che Rol possa aver evocato la “coscienza sublime” davanti a 14 nazisti che stavano incendiando l’Europa e progettando lo sterminio di un popolo. Eppure.
Arrivato a San Secondo il cavaliere mi prese in consegna. Era un uomo schietto e provato. Suo figlio si era suicidato per un amore non corrisposto. Anche lui come gli altri che avevo incontrato non aveva propensioni per l’esoterismo, nemmeno per riallacciare un legame con chi aveva valicato la linea d’ombra prematuramente. Gli episodi della guerra sono spesso esagerati dal telefono senza fili della storia orale, taciuti i più straordinari. Mi condusse in un casolare abitato da una donna anziana. Era la vedova di uno dei fratelli Paschetto, i due ragazzi scampati alla fucilazione. Parlava solo in dialetto, la lingua delle istruzioni sul sangue della gallina. Il cavaliere tradusse. Suo marito le aveva raccontato, ovviamente, di quella notte aspettando la morte e di Rol. Lo ricordava senza aggettivi meravigliati, né un angelo né un illusionista, un uomo deciso, autorevole, capace di farsi rispettare: un negoziatore per conto della vita. Che cosa poi avesse fatto per convincere 14 nazisti era, resta e resterà un mistero. Un mistero benefico, come in fondo la sua esistenza. Non trasse profitti, dispensò regali, fossero anche illusioni, intrattenne i potenti ma fu vicino agli umili. Giocò molto e volentieri. Ma se salvò due vite, come ci viene spesso ricordato citando un testo sacro, salvò il mondo.