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 2019  settembre 18 Mercoledì calendario

Catalogo dei renziani che non seguiranno Renzi

Lunga la lista di chi ieri si è dissociato dalla scelta di Matteo Renzi. Compresi molti suoi ex fedelissimi.
Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, renziano della prima ora: “Io resto a fare il mio lavoro nel Pd, non condivido la scelta di Matteo, sono ancora convinto che ci sia uno spazio importante per i liberaldemocratici come me. Ma non sarò mai un nemico di Matteo, mai diventerò un suo denigratore”.
Luca Lotti, già braccio destro di Matteo, ora sibillino: “Resto nel Pd, lo confermo e lo ribadisco… Il perché lo scoprirete più tardi”.
Anna Ascani, appena nominata viceministro dell’Istruzione in quota Renzi: “Ho letto l’intervista di Matteo Renzi stamattina. C’è molto di lui, delle sue straordinarie intuizioni, della sua visione, della sua capacità di leadership. (…) Io oggi non me la sento di lasciare la mia storia alle spalle, così. Non me la sento di lasciare questo partito che mi ha dato moltissimo in tanti anni”.
Debora Serracchiani, fu vicesegretaria del Pd guidato da Renzi: “Sbaglia, come anni fa ha sbagliato Bersani: fare una casa più piccola non significa aver messo ordine, ma solo esser divenuti più poveri”.
Gianni Pittella, ex capogruppo dei socialisti in Ue: “Continuerò a lavorare perché l’identità culturale del socialismo liberale e riformista trovi più adeguata cittadinanza nel pluralismo di valori costitutivo del Pd e venga interpretata e rappresentata molto più di quanto non lo sia stata finora”.
Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, vicepresidente del Pd durante la segreteria Renzi: “Un errore enorme la scissione di Renzi. Non credo nei partiti personali e le divisioni portano sempre male. I sindaci popolari aggregano, non dividono. Per questo credo rimarremo tutti nel Partito democratico che, a maggior ragione, vogliamo riformista e maggioritario (non il Pds)”.
Andrea Romano, deputato, entra nel Pd nel 2014 “folgorato” da Renzi, che nel 2016 gli affidò la direzione de l’Unità: “Colpisce la leggerezza con cui si teorizza la scissione consensuale rispetto alla sfida che attende la sinistra italiana”.
Dario Nardella, il sindaco a cui Renzi passò il testimone a Firenze: “Io continuerò a lavorare nel Pd e a fare le mie battaglie nel Pd. Per quanto riguarda la scelta di Matteo capisco le sue ragioni, rispetto la sua decisione e confido nel fatto che collaboreremo bene”.
Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, già stratega della campagna di Renzi e della Leopolda: “Ogni passo indietro del Pd gli regalerà spazio. Io gli voglio bene ma vorrei proprio evitare di spianargli la via”.
Franco Vazio,deputato: “Con Matteo ho percorso un tratto entusiasmante della mia vita politica. Ritenevo che avesse sbagliato chi negli anni scorsi se ne era andato e che quella scissione fosse stata una ferita dannosa. A caldo, anche questa scelta, che ovviamente rispetto, mi pare un errore”.
Alessandra Moretti, europarlamentare, fu sostenuta da Renzi alla guida della Regione Veneto: “Ci sarà una riflessione ma in questo momento prevale il dispiacere”.
Piero De Luca, figlio del governatore della Campania, a cui Renzi diede una candidatura blindata alle ultime Politiche: “La notizia dell’abbandono del Pd da parte di Renzi, sono sincero, dispiace profondamente. In cuor mio, ho sperato fino all’ultimo che questa scissione non avvenisse. Ma purtroppo si è consumata”.
Simona Bonafé, eurodeputata, già coordinatrice della campagna per Renzi alla segreteria del Pd: “Per me è una sofferenza, anche personale ma per ora non voglio dire di più”.