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 2019  settembre 18 Mercoledì calendario

Biografia di Giovanni Castellucci

Finisce un’era per Atlantia, i Benetton sperano che se ne apra un’altra. Per ripartire. Giovanni Castellucci, classe 1959, per 18 anni è stato, secondo solo a Gianni Mion, il manager simbolo della famiglia di Ponzano Veneto, quello che più di altri, su spinta dello scomparso Gilberto Benetton, ha dato corpo alla diversificazione e soprattutto all’internazionalizzazione degli "united colours" sviluppando le altre gambe del gruppo, dalle autostrade agli aeroporti. Dopo gli inizi nella consulenza tra Parigi e Milano, in Boston Consulting Group, era approdato alla Barilla dove era diventato amministratore delegato. Un anno appena, e siamo nel 2001, l’incontro con Gilberto che fa scattare l’intesa. Parte così la scalata inarrestabile di questo manager marchigiano che ha in tasca una laurea in ingegneria a Firenze e un master alla Bocconi. Entra in quella che allora si chiamava Gruppo Autostrade come direttore generale e quattro anni dopo ha già le deleghe di amministratore delegato della controllata Autostrade per l’Italia dove resterà in sella fino al gennaio di quest’anno, quando dà un primo segno di discontinuità dopo la tragedia del ponte Morandi e le indagini che coinvolgono anche lui. Ma continua, fino a ieri, a tenere saldo il comando di Atlantia, che parte nel 2005. È qui che Castellucci costruisce l’impero dei Benetton proiettando Atlantia su business diversi (non solo strade, ma aeroporti tra cui gli scali romani di Fiumicino e Ciampino, oltre a quello di Nizza) e internazionali, espandendo l’interesse in 23 paesi nel mondo.
Il grande salto arriva però due anni fa con l’acquisto di Abertis, l’operatore autostradale spagnolo, che in un solo colpo raddoppia la sua dimensione nel settore e innalza il gruppo sul podio mondiale degli operatori di trasporto. Un curriculum di prim’ordine che non bastava più. «Prima di venerdì, prima delle intercettazioni che hanno rivelato i report ammorbiditi sullo stato dei viadotti, il mercato vedeva con favore il fatto che gli azionisti avessero mantenuto Castellucci al potere – commenta un’analista –: come manager è un fenomeno, negli anni ha dimostrato di saper trattare, a vantaggio del gruppo, con tutti i governi, sa tessere la tela dietro le quinte. Con venerdì però tutto è cambiato. La sua uscita di scena può essere la base, per il gruppo, di rifarsi una credibilità oggi incrinata».
Sarà un lungo viaggio. E con molte complicazioni. L’affare Abertis, per dire, si è concretizzato – al termine di una battaglia di rilanci e con il governo di Madrid – in un’alleanza tra la stessa Atlantia, che ha il 50% più un’azione, e Acs-Hochtief che ha un 49% accompagnato da diritti di veto capaci grazie a patti parasociali che danno agli spagnoli diritti di veto. E indovinate chi ha rapporti in prima persona con Florentino Perez che, oltre ad essere il patron del Real Madrid, è anche il numero uno degli alleati iberici dei Benetton? Castellucci ovviamente, che, allo stesso modo tiene i fili con i palazzi romani anche sul caso Alitalia, dove Atlantia è il possibile quarto socio accanto a Fs, Delta e Stato. La transizione non sarà facile, la sua impronta di supermanager ben pagato (oltre 5 milioni nel 2018) – e che poco concede alla vita mondana e agli hobby, se non alla passione per la vela, coltivata soprattutto in anni giovanili – è ben visibile nel gruppo dove, con piglio deciso, tutto rispondeva a lui. «La sua posizione di vertice appariva compromessa: chi tratta con un manager sotto la cui gestione, al di là delle responsabilità personali, si risparmiava sulla manutenzione?», si chiede l’analista, preoccupato sulla sorte delle concessioni. 
«Il mercato – nota un altro operatore – è capace di dare un prezzo ad ogni rischio, non all’incertezza totale, come quella in cui Atlantia si trova oggi».