ItaliaOggi, 18 settembre 2019
Imprese Vincenti: l’Italia cresce con export, sostenibilità e competenze
Sostenibilità, internazionalizzazione ed export, persone e competenze, ricambio generazionale. Sono queste le chiavi del successo delle 120 realtà selezionate da «Imprese Vincenti», il programma giunto ieri alla conclusione a Milano che con la regia di Intesa Sanpaolo, Bain&Company, Elite e Gambero Rosso ha individuato le 120 imprese italiane selezionate tra oltre 1.800 che si sono autocandidate sul sito di Intesa Sanpaolo ed esempio di eccellenza imprenditoriale e del made in Italy.
Le aziende celebrate ieri al teatro Parenti si esprimono attraverso la cultura, la moda, la musica, il design, l’industria, i settori a cui appartengono. Sono salite sul palco insieme ai partner dell’iniziativa – Luca Peyrano, ceo di Elite, Roberto Prioreschi, managing director di Bain & Company, Paolo Cuccia, presidente di Gambero Rosso – e agli esponenti di Intesa Sanpaolo come Gregorio de Felice, chief economist, e Teresio Testa, responsabile direzione sales&marketing imprese. Ospiti della serata, Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, sul palco insieme a Stefano Barrese, responsabile della divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo, e Remo Ruffini, presidente e a.d. di Moncler.
Le imprese che appartengono ai settori di eccellenza del made in Italy (food & beverage, moda & design, industria e servizi), rappresentano tutte le regioni italiane, provengono da 90 distretti industriali ed esprimono un fatturato complessivo di 25 miliardi con oltre 100 mila dipendenti.
Comune denominatore, la crescita. Nel 2017 il fatturato delle imprese italiane che hanno operato nei settori food, moda, industria e servizi ha segnato un incremento del 5,3%, mentre quello delle Imprese Vincenti è cresciuto del 15%. Sempre nel 2017, l’occupazione delle imprese italiane è aumentata dell’2,7%, sempre a parità di settore, mentre il numero dei dipendenti delle 120 Imprese Vincenti è cresciuto dell’8,7%. Le chiavi del successo, secondo una analisi della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, sono sostenibilità, export, competenze, ricambio generazionale.
«La realtà italiana è fatta di pmi», ha spiegato De Felice. «Spesso le critichiamo, ma circa il 50% delle aziende italiane sono piccole e medie contro il 16% della Germania, e vendono all’estero il 49% del fatturato e producono un saldo positivo di 90 miliardi di euro l’anno. Questo saldo è un grande vantaggio. La domanda esterna è bassa ma c’è. Il tema dell’internazionalizzazione è centrale».
Altro asso sono le certificazioni e la sostenibilità. Le imprese che puntano su queste voci hanno migliore redditività e produttività, con impatti importanti anche sul fatturato e l’occupazione. «Oggi non c’è investitore al mondo che non guardi alla sostenibilità», ha detto Peyrano. Oltre un terzo dei millennial cerca marchi sostenibili, in futuro un’azienda non potrà farne a meno».
Resta il nodo della dimensione: circa la metà dell’export italiano viene realizzato dalle pmi manifatturiere con meno di 250 dipendenti. La presenza internazionale è uno dei fattori distintivi di successo: le 120 Imprese Vincenti hanno partecipate in 26 nazioni, in tutti i continenti, mentre il 60% del loro fatturato 2015-2017 deriva dall’export. «L’impresa ha bisogno di riferimenti per andare all’estero», dichiara Cuccia, presidente di Gambero Rosso. «La nostra esperienza ci permette di fare da cornice all’enogastronomia: i risultati sono molto importanti e proseguiremo insieme nel programma di Imprese Vincenti per aumentare la marginalità delle esportazioni. Puntiamo sulla capacità imprenditoriale e comunicativa: questa opportunità è legata alla qualità e, dagli Usa alla Cina, il gap con i competitor si sta assottigliando».
L’attenzione verso il personale è anch’esso un fattore cruciale per le Imprese Vincenti: il 94% delle aziende ha attivato nel triennio 2015-2017 programmi di formazione e di sviluppo dei dipendenti, contro il 60% in Italia.
«Le imprese italiane possono crescere ancora di più dal punto di vista dimensionale, questa è una lacuna del modello industriale italiano», ha concluso Barrese. «Il modello industriale delle Pmi è estremamente solido, ma per far sì che questo modello sia sostenibile deve crescere di dimensione assicurando una correttezza nella governance e nel passaggio generazionale. Aprirsi a percorsi di crescita esogena dimensionale e gestire al meglio la governance e in particolare il passaggio generazionale».