Corriere della Sera, 18 settembre 2019
I 75 anni di Reinhold Messner. Intervista
Fosse per lui non avrebbe festeggiato. «Organizzo le feste di compleanno solo per le cifre tonde, ogni dieci anni». Ma naturalmente ieri non si è sottratto a quella preparata in suo onore a Castel Firmiano, nella sede centrale del Messner Mountain Museum, il «suo» circuito di sei musei dedicati alla montagna tra il Sudtirolo e il Bellunese. Il «re degli Ottomila» (che però non ama riferimenti ai record), l’alpinista che per primo nel mondo ha scalato tutte le quattordici cime oltre gli ottomila metri, si è arreso alle celebrazioni combinate dall’amico e collaboratore di sempre Loris Lombardini per i suoi 75 anni, senza rinunciare al carattere asciutto.
Reinhold Messner, qual è il regalo più bello ricevuto?
«A me piace il mondo dove non si fanno regali, non sono consumatore, ma ideatore».
Ci sarà pure qualcosa che le ha fatto piacere?
«Ieri mattina rientravo da Salisburgo e quando sono partito mi hanno dato una piccola torta bellissima con una candela».
Cosa la rende felice?
«Sono felice se riesco a esprimermi con le mie azioni e a trasformare un sogno in realtà. Questo mi dà gioia».
Suo figlio Simon pratica alpinismo esplorativo. La rende orgoglioso?
«Lui arrampica da anni molto bene e mi fa molto piacere, ma ha deciso lui così e io sarei stato felice con qualsiasi altra attività. L’importante è che trovi la sua strada: vale per tutti i giovani».
Avrà ricevuto tantissimi auguri. Il più bello o quello inaspettato?
«Tutti gli auguri vanno bene. Questa festa non l’ho decisa io, la prossima la organizzerò per gli 80 anni. In questo caso sono ospite, invitato da signori che hanno fatto parte della mia vita».
La scalata dell’Everest, le traversate dell’Antartide e della Groenlandia, l’esperienza al Parlamento europeo, il Deserto del Gobi, la ricerca dello yeti, i musei della montagna. Quale attività le ha dato più gioia?
«Non sono stato solo un alpinista o un avventuriero, e il lavoro museale è stato possibile perché ho fatto altre attività prima di quella. Non si misura quello che si fa, l’alpinismo non è un fatto sportivo, ma culturale: è la tensione tra avventura umana e culturale, si esprime attraverso il racconto e non con il cronometro e il metro».
Nessuna esperienza occupa un posto speciale nei suoi ricordi?
«No, non domina nessuna. Ogni dieci anni ho deciso di cambiare vita e mi sono reinventato facendo attività totalmente diverse».
Ha dei rimpianti?
«È troppo tardi per guardare indietro, non provo niente: io vivo adesso e guardo avanti».
Sta già pensando alla nuova vita?
«Sì, ma finché non lo faccio non dico niente».