Libero, 17 settembre 2019
Il debito pubblico sale ancora
Ci sono poche certezze nella vita: la morte, le tasse e il debito pubblico che sale. Cambiano i governi, le maggioranze si sfasciano e si ricompongono come fossero pezzi di Lego, però il buco nero dello Stato non accenna mai a restringersi. Anzi. A luglio abbiamo sfondato i 2.400 miliardi, 2.409,9 per la precisione. In aumento di 23 miliardi rispetto a giugno. A dire il vero uno dei motivi di questa ulteriore impennata è l’aumento delle disponibilità nelle casse pubbliche, le quali sfiorano i 100 miliardi. Soldi fermi sul conto del Tesoro. Questo tesoretto si sgonfierà, l’ammontare è flessibile in base alle aste di titoli di Stato o altre necessità, resta il fatto che non è un bel biglietto da visita da presentare in Europa, quando il neo ministro all’Economia Roberto Gualtieri chiederà «tutta la flessibilità» possibile in vista della manovra. Flessibilità significa aumentare il deficit più del previsto, quindi accrescere il debito. Il successore di Tria, che porta la firma sul record di luglio, ha ideali nobili: trasformare l’Italia in un paradiso “green”, verde, ecologico, pulito... Però chi paga? Noi, ovviamente. Eppure si vede che la maggioranza è cambiata: ieri il dibattito non si è incentrato «sui conti catastrofici dell’Italia». Tutt’altro. Dalle principali istituzioni hanno invece segnalato che a luglio il controvalore del portafoglio di titoli di Stato italiani detenuto da soggetti esteri è salito a 679,176 miliardi, il livello più alto da maggio 2018, ben più dei 646,531 miliardi di maggio scorso. In base a calcoli Reuters sui dati di Via Nazionale, la quota di debito pubblico sul totale in circolazione è risultata in rialzo a 33,5% da 32,2% di maggio. Ovvio, con le obbligazioni tedesche, austriache, francesi e olandesi che offrono tassi negativi (se le compri ci perdi subito), gli investitori internazionali hanno riacquistato Btp solo per portare a casa un rendimento dell’1-1,5%. Segno che le polemiche politiche pre-crisi di governo erano sballate e in malafede. BUCO ASSISTENZIALE Inutile però rimuginare sui colpevoli del debito. Li sappiamo: dagli anni ’80 è stato un crescendo inarrestabile. E fatalità, cosa che in pochi notano, l’escalation partita quasi 40 anni fa va di pari passo con l’esplosione della spesa Inps. Precisiamo: non quella previdenziale. Sì, anche quella. Ma soprattutto la cosiddetta sociale. Calcolando l’incidenza dei deficit dell’ente previdenziale sul debito pubblico, in moneta 2015, dall’80 al 2015 si scopre un disavanzo cumulativo pari a 1.209,363 miliardi di euro, al quale si somma quello prodotto dalle gestioni dei dipendenti pubblici (281,82 miliardi) per un totale di 1.491,18 miliardi. Circa il 62% dell’intero debito pubblico italiano. Se ripartito per area geografica – spiega in un recente studio il professor Alberto Brambilla – questo disavanzo vede in testa il Mezzogiorno che produce il 61,9% del deficit totale, contro il 14,7% del Centro e il 23,4% del Nord. A livello pro capite, nonostante l’attivo della Lombardia, il Nord presenta un debito pari a 10mila euro per ogni cittadino, il Centro di 6.376 euro e il Sud di quasi 27 mila euro. Se consideriamo che un debito pubblico da 2.409 miliardi equivale a 35mila euro a testa, neonati compresi, possiamo comprendere – confrontando quest’ultimo dato con i disavanzi Inps – che il buco deriva dalle zone meno produttive e più assistite. CACCIA AI CONSENSI Solo intervenendo sugli sprechi – l’autonomia aiuterebbe a contenere la spesa pubblica – il rosso dello Stato potrebbe scendere. Ma non basta mettere a dieta la macchina pubblica. Se il Pil viaggia intorno ai 1.800 miliardi (fermo o in leggera retromarcia) e il disavanzo cresce a 2.409 è evidente che bisognerebbe aumentare il prodotto interno lordo, onde rendere meno pesante il super deficit. Come incrementare il Pil? Meno tasse, più infrastrutture (fisiche e digitali). Le solite ricette, che nessuno porta mai avanti. D’altronde se provi a sforbiciare le prebende elargite dall’Inps – 100 miliardi di assegni assistenziali – perdi consensi e poltrone. Il reddito di cittadinanza è nato a questo scopo. Rassegniamoci ad affogare nel debito. Con Conte, pronto a varare una manovra da 40 miliardi, volerà sempre più in alto.