Federico Novella per “la Verità”, 16 settembre 2019
''UN GOVERNO DI CAMERIERI DI PARIGI, NOMI DA BAD COMPANY'' - IL LEGHISTA BORGHI: ''GUALTIERI È UNO ZERBINO DELLA FRANCIA. HO UN TRUCCO PER RICONOSCERE QUELLI COME LUI - QUANDO GOVERNAVA LA LEGA IL DEFICIT ERA UN PECCATO MORTALE, CI CHIAMAVANO PAZZI E IRRESPONSABILI. OGGI SCOPRIAMO CHE SERVE PIÙ DEFICIT - SONO PER L'USCITA DALL'EURO, MA SERVIVA UNA LARGA MAGGIORANZA CHE NON C'ERA - CONTE SI È ARRESO A BRUXELLES'' -
Onorevole Claudio Borghi, che ne pensa della lista dei sottosegretari nei ministeri economici? Laura Castelli confermata viceministro con Stefano Buffagni, e poi Antonio Misiani, Alessia Morani, Gian Paolo Manzella «È chiaro a tutti che stiamo parlando di terze e quarte file. Questa è quella che in economia aziendale chiamano "bad company"». Cioè? «Sono condannati in partenza. Se le cose si metteranno male, saranno un perfetto capro espiatorio da consegnare alla storia. A staccare la spina sarà Matteo Renzi, che nel frattempo avrà preso tempo per riorganizzarsi. Ha sfruttato l' attaccamento alla sedia dei 5 stelle: alcuni prendevano 5.000 euro all' anno, un po' li capisco. Come potevano tornare al voto?». Ci vorranno dei motivi validi per far saltare tutto anche stavolta. «Qualcuno ricorda il motivo valido per cui Enrico Letta venne lanciato dalla finestra?».
Intanto il neoministro dell' Economia, Roberto Gualtieri, ha debuttato a Helsinki: dietro le luci dei riflettori, che aria pensa si respirasse? «Gli avranno fatto una festicciola. Lui lo conosco bene: è ben integrato con quei soggetti. L' ho sempre considerato uno zerbino, uno dei più sdraiati. E gliel' ho anche detto in faccia». Eppure è molto apprezzato in quegli ambienti. «Chiediamoci perché. L' Europa è una lotta di interessi. Le persone più apprezzate dall' establishment sono quelle che eseguono gli ordini senza lamentarsi. È sempre stato così, non è mica una novità».
È per questo che, con il Conte bis, i dirigenti europei sono diventati improvvisamente gentilissimi? «Strano, vero? Quando governava la Lega il deficit era un peccato mortale, continuavano a suonare il solito ritornello del fardello del debito. Ci chiamavano pazzi e irresponsabili. Oggi improvvisamente scopriamo che forse serve più deficit. Ma va'?».
Come mai quando Paolo Gentiloni è stato nominato commissario europeo, ha fatto i complimenti a Emmanuel Macron? «Non ho mai visto Gentiloni andare contro gli interessi della Francia. È stato lui a regalare il nostro mare a Parigi, firmando l' accordo di Caen. È sotto il suo governo che abbiamo rischiato di regalare a Macron l' industria della Difesa. Tanto vale chiamarlo direttamente Gentilonì. Assistiamo a una replica della questione Gozi, ricordate?». Sta insinuando che esiste una rete di personaggi politici al soldo di Parigi? Ci vada piano con le parole, e tiri fuori le prove. «Qualcuno viene comprato, qualcun altro si offre spontaneamente. Ho un sistema semplice per tracciare gli italiani al servizio della Francia: andate a vedere la lista dei politici che hanno ricevuto la Legion d' Onore francese».
Vediamo: Massimo D' Alema, Piero Fassino, Dario Franceschini, Enrico Letta, Walter Veltroni, l' ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti «Tutti del Pd. Sarà un caso? È proprio il comparto della Difesa quello che mi preoccupa di più. I francesi torneranno all' attacco».
Ma allora perché parlate di un Gentiloni depotenziato, visto che dovrà condividere le responsabilità con il commissario Valdis Dombrovskis? «Perché in Europa si fidano di Gentiloni, ma fino a un certo punto. È chiaro che se ti appoggi a uno che ha la tendenza a tradire, ti devi comunque tutelare. Allora prendono un altro personaggio, lettone, totalmente fedele, e lo mettono a controllare tutto dall' alto. Chiaro, no?».
Vedremo se il governo attuale riuscirà a imporsi. Quello precedente non sembra esserci riuscito. «Il punto è che la forza di imporsi non c' entra. Il grave arbitrio a cui stiamo assistendo è che la capacità di spesa concessa a un governo dipende dal partito che lo rappresenta. Come se le regole europee si applicassero solo ai nemici, e si interpretassero per gli amici. Quindi, in buona sostanza, il cambio di governo in Italia è il risultato di una grande manovra politica a livello europeo che aveva come unico scopo quello di far fuori i sovranisti. Ci avevano provato già nell' estate 2018 usando lo spread, esattamente come erano riusciti a fare con Silvio Berlusconi».
Anche lei parla di mercati manovrati? E chi sarebbe il manovratore? «Sono gli stessi che in questi giorni nei palazzi europei si danno le pacche sulle spalle a vicenda. Più che di manovratori, è una questione di clima negativo: con il governo gialloblù, ogni giorno partiva una minaccia di sanzione, una dichiarazione roboante contro Palazzo Chigi. Così facendo, alimentavano il panico, innalzavano la tensione, provocando la risposta negativa del mercato. Insomma, lo spread è un' arma di ricatto, uno strumento di pressione politica».
C' entra anche la Bce? «Diciamo che - casualmente - quando eravamo al governo era venuta meno la rete di protezione di Mario Draghi. Che poi è il vero elemento che condiziona i mercati: dire che lo spread sale per colpa di Matteo Salvini è una bufalissima».
Qualcuno parlava di uscire dall' euro, dalle vostre parti. Questo certamente non aiutava a tranquillizzare gli ambienti finanziari. «Ma anche quello era uno spauracchio: nel contratto di governo l' uscita dall' euro non c' è mai stata. Eppure i burocrati, Draghi compreso, non parlavano d' altro. Volevano deliberatamente creare allarme intorno al governo italiano». Però lei, in cuor suo, l' euro lo mollerebbe. «Certo, l' ho sempre detto. Sono convinto che finché l' Italia non avrà sovranità monetaria saremo un paese schiavo. Ma ho sempre aggiunto che l' euro va archiviato con un accordo più ampio possibile, che al momento è fuori dall' orizzonte. Le decisioni unilaterali non funzionano, e la Brexit lo dimostra. Comunque prima o poi tutti realizzeranno che quello dell' euro è un sistema sbagliato: anzi, forse la Germania sarà la prima ad ammetterlo».
Anche la sua proposta avventurosa dei minibot è stata strumentalizzata? «Erano crediti di imposta per pochi miliardi, e la considero ancora un' ottima idea. Basta davvero una proposta del genere a scatenare il panico? Ma dai...». Gualtieri dice che voi eravate per i minibot, loro per gli asili. (Ride) «Andiamo bene. E quando mai siamo stati contro gli asili?». Dice anche che dobbiamo salutare definitivamente la flat tax: «Ingiusta e incostituzionale». «Invece era giustissima. Eravamo pronti a realizzarla, ovviamente per gradi. Sarebbe stato un buon inizio. Dietro queste parole lapidarie intravedo il solito spirito socialista. Anche il fatto che compaia Cecilia Guerra di Leu tra i sottosegretari mi fa capire dove finiremo: quelli sono tassatori allo stato puro».
A proposito: la proposta di Confindustria di tassare i contanti è un segnale preoccupante? «Molto. È certificato che limitare il contante non abbassa l' evasione. È come se per contrastare gli omicidi io limitassi i rumori molesti. Il problema del contante, inoltre, attiene alla libertà personale. Io ho sempre fatto il lavoratore dipendente, sono totalmente schedato nei movimenti: vorrei continuare a comprare legalmente qualcosa, ogni tanto, senza che il mondo lo sappia».
Esiste un rischio patrimoniale, semmai le cose dovessero virare al brutto? «Purtroppo chi pensa alle patrimoniali non lo fa davvero per esigenze di cassa, ma per un istinto di punizione sociale contro la ricchezza che è ancora presente. Fateci caso: a ogni patrimoniale il più colpito è il ceto medio, non certo i grandi possidenti».
Qual è stato il vero motivo per cui Salvini, a un certo punto, ad agosto, ha deciso di staccare la spina al governo gialloblù? «I motivi sono tanti, anche economici. Non potevamo accettare che Giuseppe Conte e il ministro Giovanni Tria avessero già venduto la manovra ai palazzi europei senza consultarci».
In che senso? «Lo scambio di lettere tra Roma e Bruxelles dei mesi scorsi dimostra che Conte stava apparecchiando una finanziaria tesa a ridurre il deficit strutturale all' 1,6%. Noi chiedevamo molto di più, per rispettare le promesse. Conservando lo spirito di inizio legislatura, la battaglia l' avremmo vinta: ma Conte ha innestato la retromarcia, e si è arreso a Bruxelles. Ha preferito farsi ammaliare dal potere piuttosto che continuare a fare la parte del rivoluzionario».
Ora che abbiamo un nuovo governo, si dimetterà dalla presidenza della commissione Bilancio della Camera? «Ma neanche per idea. Un conto è il governo, un altro il Parlamento. Continuerò a lavorare con imparzialità, come mi è stato sempre riconosciuto».