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 2019  settembre 16 Lunedì calendario

Elogio dei televenditori

Nacquero carneadi, moriranno celebri nel cimitero catodico dei vernissage. Parliamo della pittoresca categoria dei televenditori che dal piccolo schermo propone «grandi quadri»: una tavolozza umana degna di essere ritratta, un affresco antropologico-commerciale dal richiamo ipnotico che inchioda davanti al video un esercito di adepti che ormai non può più fare a meno dei propri beniamini tv. 
La novità dell’arte «videomostrata» prende il via nei primi anni ’80 su Tele Elefante, intraprendente emittente dal logo in stile dada-animalista con proboscide verde. Il digitale, l’euro e una sufficiente consapevolezza da parte del pubblico erano ancora lontanissimi da venire. Erano tempi dove si potevano propinare croste spacciandole per capolavori, e la gente ci cascava non avendo strumenti per difendersi; chiunque poteva spararla grossa, senza il rischio di essere smascherato. 
Oggi invece per i vecchi «piazzisti» sarebbe arduo rifilare fandonie: la loro «abilità» nel raccontare bugie si schianterebbe infatti contro una verità facilmente accertabile su Internet, con un semplice clic. E così, nel corso di quasi 40 di evoluzione tecnologica e culturale, il personaggio del presentatore è passato dalle originarie forme di folcloristico dilettantismo a uno status di dignitosa professionalità. La metamorfosi dinastica è stata lenta e faticosa, ma alla fine i teleacquirenti ce l’hanno fatta a liberarsi di quei «simpaticoni» che offrivano a pochi spiccioli opere di «inestimabile valore». 
STOP ALLE «BUFALE»
Oggi marginali residui di quelle scorie imbonitorie sono ancora rintracciabili in qualche televendita in onda su emittenti minori, ma il grosso dell’offerta dei maggiori network specializzati mette il potenziale compratore al sicuro da spiacevole sorprese. Con l’arte non si può più scherzare. I trucchetti del passato oggi sono improponibili. Chi segue le televendite non è più uno sprovveduto, sa cos’è il diritto di recesso e soprattutto ha compreso che se ti offrono un taglio di Fontana a pochi euro, in realtà, stanno tentando di rifilarti - più che un taglio - un pacco. Ma oggi in tv nessuno azzarda più simili giochetti. Il settore-quadri, negli ultimi cinque anni, ha raddoppiato le vendite, raggiungendo un giro di affari tale da insidiare il mercato delle gallerie tradizionali.
Una realtà rappresentata da OrlerTv che trasmette 24 ore su 24. La storia della dinastia Orler assomiglia a un romanzo. A metà degli anni ’50, poco più che ragazzo, Ermanno Orler decide di lasciare il suo paese natale (Mezzano di Primiero) per andare in Francia a fare il boscaiolo. Poi si sposta a Venezia, dove lavora come artista già suo fratello Davide, e dove avrà inizio la loro e la sua carriera. Corre l’anno 1958. Ermanno con il legno ci sa fare, e decide di aprire un piccolo laboratorio di cornici, che diviene da subito utile al fratello e ad altri artisti come Emilio Vedova, Virgilio Guidi, Tancredi. «Comincia lì - si legge nel sito aziendale -, nel piccolo laboratorio di Venezia, un’attività che si rivela subito un successo. L’esigenza di rendere più agevoli i contatti con il resto dell’Italia, verso la metà degli anni Sessanta, lo spinge a spostare la galleria da Venezia a Favaro Veneto, in quello che è poi diventato il centro nevralgico dell’azienda. Nel frattempo il giro dei loro artisti va ampliandosi sia sul fronte nazionale sia internazionale. Si inaugurano poi le gallerie di Madonna di Campiglio, Abano Terme e Mestre (sede di OrlerTv). All’inizio degli anni ’70 il mercato funziona e gli Orler sono pronti a seguirlo, così dal 1978 ad oggi, l’azienda si dedica alle vendite televisive. 
A livello generale i prezzi dei quadri venduti in tv sono mediamente meno cari di quelli trattati in asta o nelle galleria. Inoltre le televendite assicurano permute e forme di pagamento improponibili altrove: basti pensare che nelle aste, dopo l’aggiudicazione del lotto, si deve saldare tutto e subito, con in più un ricarico di circa il 20 per cento per «diritti d’asta». 
In tv tutto è meno formale, meno patinato, e privo di quella puzza sotto il naso tipica del gallerista che si trova negli stand delle fiere e nei loro show room, dove se ti vendono un quadro sembra quasi che ti facciano un piacere; e in più tendono a compiacersi nel farti sentire un ignorante. Risultato: gli amanti dei quadri in tv sono diventati una community sempre più ampia. Perfino insospettabili vip (si vocifera di un ex premier assiduo fruitore di televendite d’arte) si sono appassionati a questo particolare canale di vendita. E così anche i presentatori sono diventati volti popolari, ognuno forte del proprio stile di conduzione, all’insegna di tic e tormentoni. Tutti, ad esempio, hanno il vezzo di ripetere fino alla noia la parola «qualità» e la tiritera secondo cui «la telefonata non obbliga all’acquisto, ma solo alla visione dell’opera». 
Inoltre tutti si vantano di aver consigliato in passato «quando costavano pochissimo», artisti che oggi «valgono milioni». 
I BIG DELLA TELECAMERA
I nomi portati dai telepredicatori per avvalorare le loro predizioni sono quasi sempre «Boetti, Fontana, Bonalumi e Castellani». Peccato che nessuno abbia il coraggio di dire che il mercato dell’arte segue dinamiche indipendenti dai presunti poteri divinatori di chicchessia. La maggior parte dei venditori più famosi si sono fatti le ossa su Telemarket con no-stop notturne che si prolungavano fino all’alba. Allora l’emittente fondata nel 1982 a Roncadelle (Brescia) dall’imprenditore Giorgio Corbelli aveva il monopolio del settore; oggi, al contrario, la concorrenza è varia, benché le facce che circolano in video sono spesso vecchie conoscenze. A cominciare da Franco Boni, indiscusso caposcuola, ora in forza all’azienda ArteInvestimenti. Non c’è giovane collega che Boni non riconosca come «figlio suo». Dagli anni 80 ha imperversato in video «proponendo a poche lire artisti che oggi costano milioni di euro». Almeno così dice lui. Noto per l’eleganza della sua «r» arrotata, ha vissuto con lodevole autoironia la parodia che un irresistibile Corrado Guzzanti gli dedicò in tv. 
Decisamente più sobrio lo stile di Willy Montini, tra i pochi che riesce farsi seguire per due ore di fila senza annoiare. Attento conoscitore dell’arte contemporanea, mette a suo agio lo spettatore con un dinamico approccio divulgativo. Gesticola in modo magnetico, invitando il cameraman «a seguirlo» e a «non tagliarlo a metà». In passato frontman dell’azienda ArteTv è ora tra i presentatori di punta della squadra ArteNetwork. Da un anno anima una trasmissione, Art Duel, col critico Luca Beatrice. 
IL CASO ORLER TV
Fiore all’occhiello di OrlerTv è Carlo Vanoni (punte di diamante sono anche i suoi colleghi di rete Dario Olivi e Giovanni Faccenda). Personalità versatile (è anche attore teatrale e musicista) Vanoni ha visitato tutti i maggiori musei del mondo e, per questo, tende ad adirarsi quando sente pronunciare, a sproposito, la fatidica frase: «Questo è un quadro museale». In casa ha migliaia di libri (non solo d’arte) e un elegante pianoforte a coda. Curatore di mostre e divulgatore, è particolarmente in sintonia con le nuove tendenze giovanili, aggiornatissimo su tutti i record d’asta. Ha scritto tre libri: l’ultimo, A piedi nudi nell’arte (Solferino) è stato un successone.
Con Alessandro Orlando si entra invece nella categoria degli istrioni. Quando lavorava per Telemarket, era solito ripetere durante le televendite: «Sono ancora giovane, io andrò via di qui. Non mi brucio a 40 anni. E avrò una tv tutta mia». Ora c’è l’ha fatta, la sua azienda si chiama OrlandoArte e gli affari vanno bene. Dei suoi happening giovanili è ricco il web. Col tempo si è calmato, ora è più pacato e meno irruente. Toscano doc, ostenta l’accento regionale, ritenendolo probabilmente un valore aggiunto. 
Nella vita, come nell’arte, ognuno ha le proprie convinzioni. Guai a contraddirle.