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 2019  settembre 16 Lunedì calendario

L’inno della Champions ha 292 anni

Domanda da un milione di dollari per gli appassionati della Champions League che domani sera, con un cartellone niente male (si parte con Napoli-Liverpool e Borussia Dortmund-Barcellona e si prosegue mercoledì con Atletico Madrid-Juventus e PSG-Real Madrid), riapre i battenti: lo sapevate che l’inno della Champions ha 292 anni? Avete capito bene: duecentonovantadue. Come dite? Non è possibile perchè la Coppa dei Campioni ha 64 anni (nacque nel 1955) e venne ribattezzata Champions League solo 27 anni fa, nel 1992, dopo il totale restyling del suo format (fino ad allora vi partecipavano solo le squadre vincitrici in patria); e in ogni caso, 292 anni fa il calcio non era nemmeno stato inventato se è vero che la prima squadra spuntò a Cambridge nel 1846 (173 anni fa) e la prima Football Association si formò in Inghilterra il 26 ottobre 1863 (156 anni fa)? Tutto vero e documentato. Ma tornando alla musichetta che manda in deliquio gli appassionati di pallone in ogni angolo del mondo, sapete tanto per cominciare chi l’ha composto?
A comporre su mandato dell’Uefa l’inno della Champions, che nella versione ufficiale è eseguito dall’Academy of St. Martin in the Fields e dalla Royal Philharmonic Orchestra di Londra fu, nel 1992, il compositore e direttore d’orchestra inglese Tony Britten; che nel suo curriculum vanta anche incursioni pop come la supervisione nei famosissimi musical The Rocky Horror Show e Oliver! ed esperienze in televisione e cinema come la direzione di produzione di Robocop. Desiderando la Uefa rendere epocale la svolta del suo torneo più prestigioso, che rispetto alla vecchia Coppa dei Campioni si apriva appunto alla partecipazione di un numero assai maggiore di club (le nazioni più importanti avrebbero potuto schierarne al via addirittura quattro), l’idea era di connotare il cambiamento facendo risuonare negli stadi, prima di ogni partita, un inno che fosse al tempo stesso orecchiabile, solenne ed emozionante.
Che cosa fece allora il maestro Britten? Si chiuse per qualche giorno nel suo studio e passò il tempo ad ascoltare opere di grandi compositori del passato; fino a che, un bel giorno, non si imbattè in Zadok the Priest, un inno d’incoronazione composto nel 1727 dal grande musicista tedesco Georg Friedrich Handel su testo tratto dalla Bibbia di Re Giacomo: uno dei quattro inni d’incoronazione composti in onore di re Giorgio II di Gran Bretagna che ancora oggi viene cantato ad ogni incoronazione (anche se in Inghilterra non lo ascoltano dal 1952 quando salì sul trono Elisabetta). Britten non ebbe dubbi: avrebbe plasmato l’inno della Champions da una costola di Zadok the Priest e il nuovo inno avrebbe avuto la solennità dei secoli di storia, l’ispirazione del genio assoluto (Handel) e il tocco di classe finale del musicista (e assemblatore, e arrangiatore) contemporaneo, Britten in persona. E così fu. E mai, a memoria d’uomo, risuonò in uno stadio di calcio qualcosa di più emozionante, di più coinvolgente, di più travolgente di Champions League (perchè è così che s’intitola l’inno), brano composto a quattro mani da Handel featuring Britten, la collaborazione più pazza della storia, a tre secoli di distanza tra la morte del grande maestro Georg Friedrich e la bella e folle idea del furbissimo discepolo Tony.