La Stampa, 15 settembre 2019
Intervista al paesaggista spagnolo Fernando Caruncho
Filosofo e giardiniere, il paesaggista spagnolo Fernando Caruncho ha iniziato la sua carriera 40 anni fa realizzando progetti privati e pubblici in tutto il mondo. I suoi due figli, Fernando e Pedro, sono architetti e ora lavorano con lui, incarnando una nuova generazione consapevole dell’importanza della connessione tra paesaggio, giardino, architettura e uomo.
Lei lavora a Madrid ma è originario dell’Andalusia.
«Mia madre era di Siviglia, mio padre di La Coruña. Ecco perché l’Andalusia mi influenza molto. Nel 1840 il mio bisnonno andò a Cuba, aprì una fabbrica di gas per illuminare l’Avana e ho scoperto che produceva anche lanterne in bronzo e rame, come facciamo in studio da 30 anni. Il padre di mia madre era un profumiere e ha realizzato una famosa acqua di colonia a Siviglia con l’essenza di bergamotto».
Perché ha studiato filosofia?
«In casa leggevamo libri e discutevamo continuamente. La nostra vita era fatta di lettura, campagna e bellezza. Ho studiato filosofia all’università e sono diventato giardiniere interessandomi ai filosofi pre-socratici. Platone ha detto: "Nessuno che non capisce la geometria entrerà nel Giardino dell’Accademia". La geometria è un linguaggio mentale, un legame tra memoria intellettuale e spirituale. E il giardino è una geometria illuminata dalla luce naturale che mette l’uomo in contatto con la natura. Questo è l’obiettivo principale del giardino».
I suoi giardini sono simili?
«Tutte le persone hanno un dono, io ho la capacità di leggere lo spazio. Arrivo e comincio a capirne il significato. Stabilisco la connessione tra quel luogo e me stesso attraverso la geometria e l’illuminazione. Quindi ogni giardino è unico».
Perché la geometria è così importante in un giardino?
«Perché con la luce produce un movimento, una vibrazione che è bella e importante. Lì il giardino inizia a essere vivo. Si può percepire questa vibrazione in giardini come Boboli in Italia, o in Francia a Chantilly o all’Alhambra in Spagna».
Quanti giardini ha fatto?
«Non molti. In 40 anni solo 160 giardini. In Italia, Francia, Inghilterra, Spagna, Turchia, Marocco, Nuova Zelanda, Usa, Giappone, Grecia e Portogallo. Facciamo quattro o cinque nuovi progetti all’anno e ognuno dura due o tre anni, ne seguiamo 10 alla volta».
Da cosa inizia?
«Credo nel genius loci, ogni luogo ha la sua bellezza e la sua luce».
E la vegetazione?
«Questa è la terza parte, ma è possibile avere un giardino senza piante. Luce, geometria e acqua sono sufficienti».
Cos’è un giardino?
«Uno stato emotivo spirituale. Con gli alberi diventa un paradiso, perché collegano la terra con il cielo. Li posiziono sempre in relazione agli spazi vuoti. L’equilibrio tra vuoto e pieno è fondamentale, altrimenti la vibrazione della luce non esiste. È una questione di ordine».
Quali sono i giardini perfetti e perché?
«Ryoanji a Kyoto, Chantilly in Francia, Boboli, Villa d’Este, Bomarzo in Italia . Tanti. Perché hanno questa vibrazione di luce. Puoi starci seduto a lungo ed essere fuori dal tempo».
Qual è lo scopo di un giardino?
«Aiuta a connettersi con se stessi e conoscersi attraverso la natura, ma anche a essere in relazione con il cosmo. È molto importante, le persone ne hanno bisogno per recuperare entusiasmo, dignità, gioia di condividere. I giardini servono a capire che la vita è una grande avventura alla scoperta della bellezza del mondo. Non sono decorazioni, né divertimenti effimeri».
Il suo progetto ideale?
«Quando c’è affinità tra il posto, il proprietario e me: fare un giardino è un’esperienza incredibile, Ogni uomo dovrebbe fare questa esperienza, anche solo in una piccola terrazza».
È difficile mantenere un giardino?
«No. I fondamenti sono: drenaggio ben fatto, profondità del terriccio e adattamento delle piante al luogo. Ma i giardini hanno anche bisogno delle parti spirituali e invisibili che si trovano nella luce, quando la loro geometria illuminata produce un momento magico di movimento».
Come lavora con gli architetti?
«Alcuni comprendono molto bene che il giardino è una parte fondamentale del piano generale dell’architettura. Mi piace lavorare con Ricardo Legorreta, Renzo Piano, José Antonio Corrales e Leroy Street Studio a New York».
Quante persone lavorano con lei?
«Al massimo 15. Più i tre artigiani che creano le lampade che utilizziamo per illuminare i nostri giardini. Ora disponibili per tutti».
Quanti anni hanno i suoi figli che lavorano con lei?
«Fernando ne ha 28 e Pedro 25. Collaborano da quando avevano 15 anni e facevano i modelli in scala in studio. Ora ho 62 anni e trasmettere le mie conoscenze è una questione morale fondamentale». —
Traduzione di Carla Reschia