Corriere della Sera, 15 settembre 2019
I piccioni spia arruolati dalla Cia
Tremila dollari per cento piccioni. Piccola voce in un budget di 600mila destinato dalla Cia ad un programma segreto: l’uso di animali per lo spionaggio. Roba da Guerra fredda, aspetti che oggi forse fanno sorridere. Ma non troppo. Visto che spesso rimbalzano notizie dall’Iran, dallo Yemen e persino dalla Norvegia sulla «scoperta» di creature nel ruolo di 007: lucertole, scoiattoli, avvoltoi, beluga. Alcune sono fantasie, altre meno. Come dimostrano i documenti resi pubblici dalla Central Intelligence Agency.
Sul suo sito sono apparsi i file su numerosi progetti portati avanti negli anni ‘60-70 all’epoca del confronto Est-Ovest. Idee trasformate in armi concrete, suggestioni rimaste tali. Appartengono alla prima categoria i piccioni. I servizi americani hanno studiato un sistema per dotarli di piccole macchine fotografiche con le quali riprendere immagini all’interno di basi impenetrabili.
L’uso di questi volatili non è una novità. Già nel primo conflitto mondiale erano stati «arruolati» dall’esercito britannico, solo che gli americani hanno pensato ad un impegno ben più massiccio e sofisticato ricorrendo ad un piccolo apparato pesante appena 35 grammi. Il Project Tacana – questo il nome in codice – permetterà alla Cia di lanciare alcune missioni, forse a Mosca e una – come ricorda un articolo della Bbc – a Leningrado, dove nel settembre del 1976 violarono il perimetro di un cantiere navale dove era in costruzione un nuovo sottomarino.
Sempre gli specialisti statunitensi forniranno agli operativi altre soluzioni. Singolare quella dei corvi, addestrati per posare oggetti minuscoli da 40 grammi sul davanzale di una finestra, ossia apparati per intercettazione. Gli uccelli erano guidati da un laser e poi richiamati con una luce lampeggiante. Tra le carte declassificate c’è la dieta riservata ai corvi, una miscela di carote, carne, gusci d’uovo, formaggio e altri prodotti per mantenere in salute il volatile.
Si chiamava invece Project Oxigas il piano per trasformare i delfini in guerrieri. Una specialità piuttosto diffusa, adottata non solo dagli Stati Uniti. I tecnici hanno previsto numerosi profili di missione. Contrasto di subacquei, possibile sabotaggio di unità nemiche, capacità di captare il suono-traccia dei sottomarini russi. Per questo hanno creato dispositivi ad hoc, poi piazzati nel «becco» del delfino o in altre parti. Parliamo di cariche esplosive, sensori, apparati fotografici.