la Repubblica, 15 settembre 2019
Le api della Ducati
Quando è arrivata l’e-mail dalla casa madre, in Ducati pensavano che il traduttore di Google avesse giocato loro un brutto scherzo. Allevare api in azienda? Ma davvero? Alveari in mezzo alle moto da corsa? Poi hanno capito che i tedeschi di Audi col biomonitoraggio ambientale facevano sul serio e si sono adeguati. Era il 2016. Oggi nello stabilimento alle porte di Bologna troneggiano sei arnie. Nel 2018 le api della Rossa hanno prodotto un quintale di miele, quest’anno solo trenta chili. «Colpa del clima impazzito, con una primavera particolarmente piovosa e l’estate torrida», spiega Valentina Masi, ingegnere ambientale e responsabile dell’area ambiente Ducati, che sorride: «Ormai mi sento una specie di Piero Angela, quando giro in azienda mi chiedono tutti come stanno le api». Per Natale, ogni anno, tutti i 1400 dipendenti ricevono in regalo un vasetto di miele. «Ed è buonissimo», assicura Bruna Rossetti, delegata Fiom-Cgil.
In realtà non c’è niente da ridere: il progetto costa appena 15-16 mila euro all’anno, ai lavoratori piace e ha già dato alcuni frutti. «Le api sono un bioindicatore potente – spiega Masi – hanno un raggio d’azione di tre chilometri e sono particolarmente sensibili alle variazioni ambientali. Gli inquinanti possono provocare morie improvvise e comunque lasciano tracce nella cera, nel miele, nella pappa reale e sulle api stesse, che sono ricoperte di peli».
Qualcosa grazie a loro in Ducati è già cambiato. Un esempio? Qualche tempo fa c’è stata una moria: sono state fatte delle analisi ed è risultato che era colpa del glifosato. «Abbiamo capito che dipendeva dal diserbante utilizzato dalla ditta che si occupava della manutenzione del verde e l’abbiamo cambiato. Ora usiamo solo prodotti a ridotto impatto ambientale». Per avere un’idea di cosa possono captare le api basti pensare che dopo l’incidente di Borgo Panigale dell’agosto 2018, quando un’autocisterna tamponò un tir sul raccordo autostradale dell’A14, le api della Rossa registrarono involontariamente l’esplosione. «In linea d’aria noi distiamo 900 metri dal luogo dell’incidente – racconta l’ingegnere –. Prima ci siamo accertati che non fossero morte per via dell’ondata di calore anomalo che si era sollevata, poi, un paio di giorni dopo, abbiamo analizzato le matrici (cera e miele, ndr ) e abbiamo trovato concentrazioni anomale di idrocarburi policiclici e metalli pesanti».
Quest’anno è toccato all’impianto di depurazione delle acque industriali finire sotto tiro. «Nell’arnia dev’esserci una temperatura costante di 34 gradi, per cui ci sono delle api dette “ventilatrici” che si occupano di nebulizzare l’acqua – racconta Masi –. Le analisi non sono ancora finite, ma pare che quest’estate, per via del caldo anomalo, le api si siano abbeverate nelle vasche dell’impianto di depurazione e abbiano ingerito alcuni inquinanti. Per questo procederemo a chiuderle, in modo che non possano più arrivarci. E realizzeremo delle altre vasche dove le api possano bere in tranquillità».
Quando sciamano in giro per l’azienda, a recuperarle ci pensa Giuseppe Grillenzoni, 70 anni, l’apicoltore che si definisce “il custode delle api della Ducati”. «Una volta sono finite su un palo della recinzione, un’altra si sono attaccate tutte alla rete della pista di prova delle moto – ricorda –. I dipendenti però non si spaventano. Anzi, quelli che gravitano lì attorno sperimentano la mitezza delle api quando non sono disturbate. Basta rispettare poche semplici precauzioni: niente movimenti rapidi, niente fumo, niente odori strani». Non si era mai occupato di biomonitoraggio prima, ma ha aderito con passione: «Dove muoiono le api l’uomo non può dormire sonni tranquilli». Nella motor valley emiliana le api Ducati comunque non sono sole. Anche i cugini della Lamborghini hanno sviluppato un progetto analogo: c’è un apiario con dodici arnie nel parco attiguo allo stabilimento e a Natale arriva il miele per tutti i dipendenti. Fatto in casa.