il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2019
Stato dei viadotti in Italia
VANITYX
“L a maggior parte delle barriere bordo-ponte presenti sulla rete autostradale italiana sono inserite nel gruppo di priorità numero 1, in cui massima è l’ur gen za dell’intervento di riqualifica”. È scritto a pagina 27 dell’ordi – nanza del gip di Avellino, Fabrizio Ciccone, che ha disposto il sequestro delle corsie contigue ai new jersey di una decina di viadotti lungo la A14, tra Abruzzo e Marche, gestita da Autostrade per l’Italia (Aspi). Provvedimento fondato sulla circostanza, rilevata nell’inchiesta del procuratore capo Rosario Cantelmo, che i lavori di sostituzione dei tirafondi “Liebig” con le barre filettate inghisate in malta cementizia hanno reso lo stato delle barriere “precario e inidoneo a garantire la tenuta delle stesse in caso di collisione sia con veicolo pesante, sia con veicolo leggero”. La traduzione di queste parole è tanto semplice quanto preoccupante: il pericolo che si corre sui viadotti oggetto dei sequestri sull’Adriatica –e gli altri 12 interessati a un provvedimento analogo (in primavera) lungo la A16, in Campania, tra Baiano e Benevento –è diffuso in tutto il Paese. Anzi, è la normalità e non l’eccezione. Lo ha scoperto la Procura di Avellino indagando sulla strage di Acqualonga, i 40 morti intrappolati nel pulmino che nel luglio 2013 precipitò nel vuoto dopo aver abbattuto new jersey dai tirafondi marciti. La prassi (al risparmio) di sostituire i Liebig con le barre filettate fu inaugurata dopo quella sciagura: 18 mesi di lavori, tra il 2014 e il 2015. Ma gli interventi avrebbero finito per aggravare i problemi invece di risolverli. Così emergerebbe dai crash test e dalle critiche del Consiglio Superiore Lavori Pubblici. I PM IRPINI hanno prima agito sul territorio di loro competenza, poi hanno esteso le indagini sul resto del territorio nazionale, secondo il principio della “connessione”: i presunti reati sono collegati da una comunanza di persone e di intenti (il management e le politiche Aspi), e la competenza, come sottolinea il gip, rimane in capo alla Procura titolare di quello “commesso cronologicamente per primo”. A leggere i carteggi tra i tecnici del ministero delle Infrastrutture e quelli di Aspi, i magistrati irpini si trovano alle prese con un mare da svuotare con un cucchiaio. Il dirigente dell’Ufficio Ispettivo Territoriale del Mit Placido Migliorino, sentito dai pm il 24 luglio, ha consegnato documenti relativi alla discussione con Aspi per individuare criteri di priorità d’intervento sulle barriere basati sui fattori di rischio: la velocità di progetto del tratto autostradale, il numero di incidenti stradali, la presenza sotto ai viadotti di case, ospedali, scuole, infrastrutture. Ne è venuto fuori un programma di riqualifica che ha definito tre gruppi di priorità. La priorità 1 è la più urgente. E ricomprende, come abbiamo detto, la maggior parte dei viadotti. Aspi ha chiesto dieci anni per mettere a posto tutto. Il Mit sollecita un tempo “signi – ficativamente inferiore”. La Procura avellinese dichiara “non concretamente realizzabile” il sequestro giudiziario “di tutte le emergenze comunicate a questo ufficio”. Ma invita a fare presto. E tra le righe del decreto emergono i casi più scabrosi. Se ne citano un paio. Il primo riguarda le barriere laterali sinistre del viadotto “S a m p i er d i c a nn e” del l’autostrada A12 Genova-Roma, altezza di 33,7 metri e diffusa presenza nella zona di edifici civili e industriali, situato nel Comune di Chiavari (Genova). Il secondo indica le barriere poste sul viadotto “Fadalto Ovest” nel Comune di Vittorio Veneto (Treviso), lungo l’autostrada A27 Venezia-Belluno, altezza di 95 metri, sopra una rete ferroviaria, la Ponte delle Alpi-Conegliano. Ma sono solo due esempi. I casi a conoscenza dei magistrati sarebbero centinaia. VIN. IUR