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 2019  settembre 14 Sabato calendario

Intervista allo stilista Alexander Wang

Lo stilista che corre con il vento fra i capelli. Ride Alexander Wang quando lo si definisce così. E d’istinto parte con l’adorato «hair flip»; con lo stesso movimento di chioma chiude persino il video della campagna di Bulgari, ultima collaborazione nel lusso del designer di origini taiwanesi ma nato e cresciuto a San Francisco. 
Perché ha detto sì a Bulgari?
«Non c’era nessun motivo per dire di no. Sono sempre stato un grande fan del brand. Mia mamma usava il profumo di Bulgari.Crescendo ho conosciuto la storia».
Felpe (Wang) e gioielli (Bulgari), opposti: come è stato farli incontrare?
«Ho fatto un lungo training a Firenze: non ho mai disgenato un gioiello in vita mia!Quando poi sono arrivato a Roma volevo sapere tutto di Bulgari: dalla storia al loro primo negozio, alla loro prima cliente. Il racconto del tubo-gas (il prezioso bracciale-cinturino) mi ha lasciato meravigliato: una cosa così preziosa ispirata a un oggetto tanto comune. Mi sono detto: “Ma anche il processo creativo è questo: cose banali che trasformo in lusso. Così l’idea dei sacchetti-confezioni che diventano borse».
E come è riuscito a contenere la sua anima sportiva?
«Non volevo che il prodotto parlasse a un solo tipo di consumatore. Ma piuttosto che privilegiasse l’aspetto utilitaristico. Per esempio mi sono detto perché non possiamo avere una borsa che si possa in cinque modi diversi? Questa per me è modernità. Perché la donna di oggi è sempre in movimento. Va via di casa presto, va in palestra e va al lavoro, e non ha certo il tempo di cambiare la borsa». 
Alla finestra del lusso per guardare lo streetwear che impressione fa?
«C’è da dire che oggi i confini sono veramente sfocati. Non c’è una chiara distinzione fra lusso e streetwear. Ho sempre voluto che i miei pezzi prescindessero dal loro prezzo. Disegnare una maglietta da 100 dollari non ti definisci come persona. Oggi le persone apprezzano le cose perché piacciono, sentono una connessione. Bisogna permettere agli individui di essere se stessi, senza etichettare qualcuno come un consumatore di lusso o di street. Ciò che è definito «luxury» è molto soggettivo; ma la qualità e la mano d’opera sono l’essenza di questo, così come il valore sentimentale. Anche la t-shirt acquistata a un concerto,vent’anni fa, può essere considerata come un lusso; proprio, certo, ma prezioso ed esclusivo tanto quanto».
Com’è osservare la vita con gli occhi di un serpente?
«Non posso che pensare a una donna a cui piace il brivido e il pericolo. Dunque coraggiosa, sensuale, seduttiva. Come un serpente?».
Veleno per lei è?
«Gli do un’accezione positiva. Direi che è qualcosa che ti avvelena nel modo migliore possibile. Quando ami a tal punto qualcosa da trasformarsi in veleno appunto. Sei sedotto dalla bellezza e dalla fantasia di come ti può toccare quella cosa, quella storia, quella persona».
Dopo dieci anni di successi ed esperienze chi è oggi Alexander Wang?
«Qualcuno che si sente molto liberato e ottimista sul futuro. Specialmente oggi che le cose stanno cambiando così tanto. Tutti cercano di capire quale sia la risposta, ma io penso non ci sia. Non ci sono più regole e ognuno può fare ciò he vuole. Un creatore non ha più confini. Ed è meraviglioso. Ho cominciato perché amavo la moda, e volevo creare cose bellissime ma al di là di questo volevo unire le persone e riuscire a creare una comunità, un’esperienza in cui ci fosse una connessione fra le persone. Ringrazio la moda per questo, perché dopo 15 anni l’ho capito».
Ieri Liz Taylor, la diva che ha reso famoso Bulgari in tutto il mondo, e oggi?
«È una domanda a cui è molto difficile dare una risposta, perché Liz era un’icona incredibile. Penso che la donna Bulgari di oggi sia la donna moderna sempre in movimento. Quando ho pensato a come volevo trasmettere la mia sensibilità, la mia visione, su queste borse, ho immaginato che l’avrebbe indossata non un volto in particolare, nè un mito, ma qualcuno di forte e attivo e impegnato».
E per borsa un sacchetto, ma come le è venuta?
«Pensavo a tutta l’esperienza, dall’inizio (desiderio) alla fine (l’acquisto), di chi compera un pezzo di lusso. Una specie di cerimonia che comincia con l’andare in negozio sino a quando ritorni fuori, soddisfatta con i sacchetti e le scatole. Che poi conservi religiosamente e succede a tutti, credetemi perché fa parte appunto di un rito. Ecco pensavo fosse divertente omaggiare anche l’attimo del packaging».
E i suoi capelli a quando un taglio?
«Li ho appena tagliati! Tipo tre centimetri. Persino troppo». E via con l’hair flip.