Corriere della Sera, 14 settembre 2019
Intervista a Goffredo Bettini
Goffredo Bettini, un mese fa, ampliando la proposta di Renzi dell’accordo di emergenza Pd-M5S fino a «un governo di legislatura», lei ha varato virtualmente l’inizio dei lavori di quello che sarebbe diventato il Conte 2.
Oggi Bettini è contento degli esiti del «lodo Bettini»?
«Sì. Abbiamo aperto una nuova fase. Abbiamo spezzato il blocco tra populismo e antipolitica. Il Pd ora ha di nuovo uno spazio politico in cui agire. Poi si è fermato Salvini e si è evitata la rapida discesa dell’Italia verso l’abisso. Ora viene la parte più difficile. Quella di costruire attorno all’alleanza di governo un processo politico nelle istituzioni e nella società, fatto di convergenze e di lealtà, ma anche di salutari tensioni e conflitti, di non semplici sintesi».
Con i sottosegretari si è completato il governo.
«Ecco, questa storia dei sottosegretari l’avrei fatta durare molto meno, si è data l’impressione di cedere a logiche correntizie e c’è stata una pressione eccessiva di troppi per conquistare un ruolo. La squadra di governo, invece, è buona. Con due elementi di vera novità e rottura col passato: Roberto Gualtieri e Peppe Provenzano».
L’alleanza Pd-M5S deve essere “per sempre”?
«Deve maturare, progredire. Non sarà semplice, ovviamente. Sarà un percorso duro, perché fino ad ora siamo stati due mondi lontani e persino nemici. Ma ora Pd e M5S devono dialogare, superare le reciproche pregiudiziali, mischiare i loro rispettivi elettorati. Solo allargando il campo democratico si può sfidare Salvini».
Non s’iscrive al gruppo di chi dà Salvini per politicamente spacciato?
«Chiacchiere. Basta guardare i sondaggi, che danno la Lega ancora saldamente come primo partito. Salvini è un populista – attenzione, un populista, non un fascista – che ha costruito un movimento radicato nei territori e con delle solide alleanze internazionali. Gli è stato possibile dando delle risposte a domande vere poste da una società che si è sentita poco sicura e poco protetta nei processi globali. Risposte sbagliate, in certi casi folli. Ma sono risposte. Spetta a noi darle in senso opposto. E non ci bastano le lotte pur sacrosante sui diritti individuali e il risanamento nella dimensione del governo. In questo modo ci è sfuggito il popolo».
Pd e M5S dovrebbero iniziare con l’allearsi già alle prossime regionali?
«Spero di sì. Fosse per me, andrebbe fatto ovunque. Tuttavia non possiamo calare dall’alto uno schema che rischia di essere improvvisato. Bisogna valutare la maturità dei processi unitari situazione per situazione, senza forzature e imposizioni. Perché altrimenti ci potrebbe essere da qualche parte una reazione di rigetto».
Non pensa che una legge elettorale maggioritaria possa favorire un’alleanza duratura tra Pd e M5S?
«Sono per il maggioritario vero. E il maggioritario vero può essere solo a doppio turno. Abbiamo sperimentato invece un maggioritario anomalo e distorto che oggi, in un Parlamento sostanzialmente tripolare, può dare risultati squilibrati e non rappresentativi dell’elettorato. Dopo la sconfitta del sì al referendum del 2016, l’idea del maggioritario virtuoso ha purtroppo subito un colpo. Non mi sembra dunque un’eresia discutere dell’opzione proporzionale. Il Pd lo farà collegialmente nella direzione del partito».
Non teme che i M5S possano ricadere tra le braccia di Salvini?
«Lo escludo. Salvini tenta una rivoluzione conservatrice, fondata sul ritorno ad antiche certezze come famiglia, territorio, impresa. Le ripropone guardando all’indietro, in una forma regressiva. Il M5S, al contrario, esalta il protagonismo individuale e la libertà delle singole persone. Strutturalmente il M5S e Salvini sono agli antipodi».
Teme la scissione di Renzi dal Pd?
«Intanto non lo chiamerei affatto uno scisma. Lo scisma è una rottura dottrinaria irreparabile, non è questo il caso. Parliamoci chiaro: da quanto tempo è sul tappeto la questione, posta da molti, amici e militanti, di una non piena rappresentanza da parte del Pd di istanze e sensibilità più riformiste, liberali e moderate? Da tanto, troppo tempo. Secondo me sbagliano e preferirei restassero. Ma se a un certo punto Renzi e quest’area decidessero di tentare un loro movimento autonomo, non griderei allo scandalo. L’importante è che tutto rimanga sui binari del dialogo, di un rapporto costruttivo, direi di amicizia. Perché l’essenziale è ritrovarsi alleati nel centrosinistra per battere Salvini. E il male della divisione può diventare un bene, articolando e allargando la proposta delle forze democratiche».
Conte può essere il federatore che tiene insieme tutti, il Pd, il M5S, Renzi? Può essere il nuovo Prodi?
«Prodi è stato un gigante, in grado di battere Berlusconi per due volte. Il ruolo di Conte dipenderà soprattutto se riuscirà a consolidare una speranza per l’Italia».