la Repubblica, 14 settembre 2019
Solo il 44% si fida del governo
Da Salvini a Zingaretti, da un governo all’altro, il Paese procede, incerto e un po’ “spaesato”. Dietro al premier Giuseppe Conte. Al momento dell’investitura, nel giugno 2018, appariva un non-leader, capitato lì quasi per caso. Come il governo precedente, d’altra parte. Invece, dopo aver presieduto, per un anno e oltre, una maggioranza giallo-verde, lo ritroviamo ancora “al comando”. Per questo, si parla di “Conte bis”. Ma meglio sarebbe, forse, definirlo Conte 2. Perché oggi è alla guida di una coalizione diversa: giallo-rosa. Peraltro, il sondaggio dell’Atlante Politico di Demos perRepubblica, condotto negli ultimi giorni, mostra come la fiducia verso il governo, rispetto a luglio, prima delle dimissioni di Salvini, sia scesa al 44%: oltre 10 punti in meno. Una tendenza che riflette, soprattutto, la diversa base elettorale della maggioranza. “Ridotta”, dopo l’uscita dal governo, alla vigilia di Ferragosto, della Lega di Salvini. Che resta ancora il primo partito in Italia. La Lega, infatti, è calata di quasi 3 punti, negli ultimi due mesi. Ma questa scelta ha ridimensionato soprattutto il Capo. Matteo Salvini. Che ha perduto 8 punti di popolarità, rispetto a luglio. E arretra al 46%. D’altronde, la Lega è, ormai, divenuta un “partito personale”. Così l’immagine del leader si riflette nel partito. E viceversa. Il Pd (22,3%), invece, mantiene i consensi, cresciuti dopo il buon esito delle Europee. Mentre il M5S (20,8%) recupera un po’ di terreno, dopo un lungo periodo difficile. La scelta di governare, insieme, dunque, non sembra aver “penalizzato” i due partiti, fra gli elettori. Nonostante le tensioni e le polemiche dell’ultimo anno (e non solo). Almeno fin qui. Anche perché “intorno” non si vedono grandi mutamenti, nelle stime di voto. A Destra i FdI di Giorgia Meloni superano FI. “Zavorrata” dal costante declino di Silvio Berlusconi. Che le offre non solo la leadership, ma, in primo luogo, l’identità. Mentre, a sinistra del Pd, non c’è molto spazio. LeU e La Sinistra si ritagliano il 3% degli elettori.
Così Giuseppe Conte, per quanto sconti la delusione degli elettori della Lega, rimane il leader più apprezzato (55%: 9 punti in meno, però, rispetto a luglio). Seguito dal nuovo commissario europeo (e suo predecessore, come premier), Paolo Gentiloni (47%). L’unico verso il quale si osservi una crescita significativa. Dietro a lui, Giorgia Meloni (44%), la più apprezzata, a Destra, dopo Salvini. Davanti a Nicola Zingaretti (41%) e Dario Franceschini. Che interpretano le due “tradizioni” del Pd. Più indietro, incontriamo Luigi Di Maio (35%). In calo sensibile (10 punti) rispetto agli ultimi mesi. L’accordo con il Pd ha, probabilmente, salvato il M5S. Ma ha oscurato l’immagine del suo leader. Nonostante sia divenuto Ministro degli Esteri.
È interessante osservare come in fondo alla graduatoria (dopo Silvio Berlusconi…) vi siano Beppe Grillo e Matteo Renzi. I “padri” dell’accordo. Anche se si dice che Renzi guardi altrove. Al PdR… Nell’insieme, il sondaggio dell’Atlante Politico, come si è detto, evoca un clima d’opinione incerto. Un’immagine del sistema politico segnata da in-stabilità. Metà degli elettori (intervistati) ritiene, infatti, che questo governo reggerà non più di un anno. Secondo il 24%: poco più. I più pessimisti, al proposito, sono gli elettori della Lega. Insieme a quelli di FI e dei FdI. Mentre i più ottimisti, parallelamente, appaiono gli elettori del M5s e, soprattutto, del Pd. Le previsioni, dunque, riflettono gli auspici. Le aspettative. Ma dissimulano, a fatica, anche una certa insoddisfazione. La maggioranza degli italiani, infatti, pensa che sarebbe stato meglio “andare al voto subito”. Affrontare “nuove elezioni”, invece di “promuovere un nuovo governo”, che rappresenta la maggioranza degli “eletti” un anno e mezzo fa, ma non degli “elettori”. I quali, oggi, secondo il sondaggio di Demos, e non solo, stanno – e si sentono – all’opposizione.
Tuttavia, è difficile individuare una maggioranza possibile diversa da questa. Anche fra i cittadini. Che mostrano un orientamento frammentario e differenziato. Tra le possibili alleanze, infatti, nessuna appare maggioritaria. A (Centro) Destra, tanto più a (Centro) Sinistra, infatti, non si vedono coalizioni dominanti, nell’opinione pubblica. Al più, superano (di poco) il 40%. Semmai, è interessante osservare come la “formula” meno apprezzata sia proprio quella sperimentata dal governo precedente. Probabilmente, non per caso.
Queste misure e queste tendenze, delineate dall’Atlante Politico, riproducono il quadro di un Paese spaesato. Senza confini de-finiti. Senza percorsi chiari. Tratteggiano una società instabile. Che non trova indicazioni nella – e dalla – politica. Semmai: motivi di divisione. Così, più degli amici, contano i nemici. E più del “consenso” diventa importante il “dissenso”. Un sentimento che spiega il “successo” di Matteo Salvini e della “sua” Lega. Alimentato non solo – e non tanto – da chi ne sostiene i propositi, i progetti. Da chi ne approva i valori. I sentimenti. Ma da chi ne raccoglie e moltiplica i ri-sentimenti. All’inseguimento, continuo, di nemici e paure. Con lo sguardo rivolto all’indietro e intorno, piuttosto che in avanti. Mentre gli altri “capi” sembrano impegnati, perlopiù, a misurarsi con lui. Contro, oppure a fianco. Magari dietro.
Matteo Salvini, d’altronde, interpreta questo ruolo con determinazione. Mentre appare molto meno convinto – e convincente – quando si tratta di presentarsi come una guida. Per affrontare i problemi del Paese. Sul piano economico. In Europa. Allora, preferisce uscire di scena. O meglio, interpreta egli stesso il “nemico”. Nella parte del “nemico dei nemici”. Degli italiani. Gli stranieri. L’Europa dei burocrati. In nome della “sicurezza”. È il lessico della Popolocrazia. Un copione che, fin qui, ha funzionato. Oggi, forse, meno di ieri. Anche così si spiega la “popolarità”, confermata da questo Atlante Politico, di leader “impopulisti”, come Gentiloni e lo stesso Conte.