ItaliaOggi, 13 settembre 2019
Il 3 settembre 1939 i soldati, con la spada sguainata, affrontarono i carri armati nazisti
L’ultimo conflitto mondiale, il 1°settembre del ’39, iniziò con l’aggressione nazista alla Polonia, a dorso di mulo come nella Grande Guerra, e si concluse con la bomba atomica a Hiroshima. Il 3 settembre avvenne nella Tuchler Heide, la brughiera, uno scontro che entrò nel mito: i cavalleggeri polacchi si lanciano con la spada sguainata contro i panzer tedeschi. Un eroico suicidio. È una leggenda che piace ai polacchi, rievocata nel film Lotna del regista Andrej Wajda nel 1959. Ma la realtà fu diversa.Il responsabile è anche il nostro Indro Montanelli, inviato di guerra sul fronte orientale, che nelle sue corrispondenze fu ricco di dettagli, quasi tutti di fantasia. Per sua fortuna allora non c’era la Tv, e neppure le testimonianze online trasmesse quasi in tempo reale. Bisogna riconoscere che gli articoli del collega e rivale Curzio Malaparte, anche lui con il vizio di abbellire la cronaca, furono più attendibili. Scrisse che l’Armata Rossa era un esercito popolare, formato da operai e contadini, dunque era superiore alla Wehmacht tedesca, guidata da un’élite. E per questo fu rispedito in Italia.
Il Panzergeneral Heinz Guderian nella memorie, pubblicate nel 1951, ricorderà lo scontro con la brigata di cavalleria Pomorska, con parole di ammirazione e di elogio, ma aggiunge che gli ulani polacchi affrontarono con grande intelligenza tattica i carri armati nazisti della IV Panzerdivision, sfruttando il terreno, tra boschi e aquitrini. Non si suicidarono caricando in campo aperto, come piace ai registi o ai pittori di scene belliche, o come ricorda Joachim Fest che parla di «mortale donchisciottismo polacco». Quel che avvenne il 3 settembre di 80 anni fa, è ben raccontato dallo storico Markus Pöhlmann in «Der Panzer und die Mechanisierung des Krieges», titolo che non occorre tradurre. Un milione e mezzo di tedeschi affrontarono un milione e 300 mila polacchi, ma era enorme l’inferiorità dei mezzi: 3.600 panzer contro 700, 3 mila aerei contro 400, e carri armati e caccia polacchi erano antiquati e in cattive condizioni.
I generali polacchi scelsero una linea di difesa rigida, i tedeschi avanzarono veloci e circondarono le divisioni polacche, anche se all’inizio della guerra le forze naziste non erano pronte: su 60 divisioni, appena la metà erano motorizzate, le altre avanzavano a piedi.
Per la storia, l’ultima carica fu compiuta dal Savoia Cavalleria a Isbuscenskij, in Ucraina, il 24 agosto del ’42, settecento cavalieri contro 2.500 russi, i nostri caduti furono 32, contro 150 perdite dell’avversario. E non è nemmeno l’ultima, come viene spesso riportato: il 17 ottobre i cavalleggeri italiani a Polog, in Croazia, caricarono un gruppo di partigiani jugoslavi. Ma la carica fu meno spettacolare.
Il Savoia Cavalleria fu insignito con la medaglia d’oro, e la sua impresa venne esaltata dal fascismo, e quindi dimenticata dopo la guerra. Inevitabile ricordare la carica dei seicento, a Balaklava, il 24 ottobre del 1854, cantata da Tennyson. Ma fu un’impresa idiota, provocata da un imperdonabile errore del generale Raglan, che guidò i suoi cavalieri contro i cannoni russi. Il generale Pierre Bosquet che osservò la carica dall’alto di una collina, come da un palco a teatro, commentò: «È magnifico, ma questa non è la guerra, è una follia». Anche i versi di Tennyson, poeta di corte, non sono un granché.