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 2019  settembre 12 Giovedì calendario

Intervista a Andrea Dovizioso

 Il terribile incidente di Silverstone, innescato dall’errore di Fabio Quartararo, è un ricordo sfumato, assieme a ematomi, dolori e mal di testa. Andrea Dovizioso è stato rimesso a lustro da Fabrizio Borra, il fisioterapista di Fernando Alonso: «È un mago della riabilitazione, ma ringrazio pure la mia “carrozzeria” che ha retto bene». Eccolo qui, allora, pronto a ripetere la gloriosa galoppata del 2018 e a rilanciare la sfida a Marc Marquez, anche se purtroppo quel crash i veri danni li ha procurati più alla classifica che al fisico. 
Andrea, partiamo da qui. Marquez è a +78, eppure l’aritmetica la tiene in corsa per il Mondiale. Dovizioso pensa la stessa cosa o prepara il 2020? 
«Devo sempre puntare al massimo. Senza fare cavolate. Ma è anche chiaro che bado già al prossimo anno». 
Che fare per acchiappare Marc? 
«Migliorare ciò che abbiamo: moto e pilota». 
È in credito con la sorte? 
«Fortuna e sfortuna te le crei. Però otto cadute non per colpa mia, in tot anni, spiegano che un po’ di sfiga c’è. Non puoi farci nulla, ma rompe le palle: svanisce il lavoro tuo e della squadra». 
Nella biografia «Asfalto», scritta con Alessandro Pasini, lei dice: «Faccio notizia solo se vinco». L’asfalto di Dovi è sempre così grigio? 
«No, tanto è cambiato in meglio: il libro mi ha avvicinato a nuovi tifosi. Poi la moto è cresciuta e io pure: la gente si è scordata di una Ducati che beccava secondi. Ma la differenza vera può farla solo la conquista del Mondiale». 
Si sente pilota completo? 
«Nessuno è completo. E se lo pensassi sarebbe da sbruffoni. C’è l’obbligo di migliorare: vale pure per chi ha i titoli in bacheca». 
Secondo i risultati lei è il numero uno italiano. 
«Correggo: sono l’italiano che da un po’ ha i risultati migliori. Ma conta anche la moto, è sciocco sostenere che sono il più bravo. E non è il punto: non corro per essere l’italiano più forte, corro per vincere il Mondiale». 
Misano è Casa Rossi. 
«L’anno scorso ho vinto io...». 
Il rapporto con Valentino? 
«Mai avuto problemi. Lo stimo tantissimo come pilota, l’ho sempre studiato, continuerò a farlo». 
Lei passa per essere un ragionatore: critica o complimento? 
«È un fatto positivo, anche se c’è chi vede una limitazione. A volte può essere vero, ma non è sempre così». 
Sul casco ha un cavallo bianco, la razionalità, e uno nero, l’istinto. Quale dei due comanda, oggi? 
«Comanderà sempre quello bianco. Però quello nero a volte fa la differenza». 
Il distacco da Marquez 
Misano è casa Rossi, ma l’anno scorso ho vinto io 
Mondiale? Do il massimo senza fare cavolate 
Come nel famoso guizzo vincente di Zeltweg, all’ultima curva? 
«Ho pensato che fosse merito del cavallo nero». 
Ma forse era bianco... 
«No, era più nero. Fino all’uscita della curva non avrei nemmeno pensato di fare quella cosa: non è una staccata, sei in discesa, non freni. Però se il cervello si apre e trova un varco, l’impossibile diventa possibile: è successo». 
È importante la psicologia? 
«La testa è tutto: a livello mentale ci sono margini maggiori rispetto al progresso del corpo». 
Il d.g. Dall’Igna ha detto a Sky che «ci sono spigoli da smussare». Si riferisce al clima nella squadra? 
«Non lo so. Voltiamo pagina». 
Lorenzo in crisi alla Honda? 
«Jorge può fare cose estreme, in positivo o in negativo. Non conosco la situazione, poi è un po’ contorto e non lo giudico: ma sa uscire dai guai. Mi dà fastidio che abbia provato a tornare alla Ducati? No, guardo solo a me stesso». 
Johann Zarco lascia a fine anno, rinunciando a 2 milioni di euro: non riesce più a guidare. Strano, però. 
«No, può capitare. Ammiro la scelta, presa senza un piano B. Significa che è un pilota con dei valori». 
Rossi ha il contratto, ma si parla di addio: si aspetta di rivederlo in pista nel 2020? 
«L’unica certezza che ho è che Vale non smetterà prima di me. Lo dico da quattro anni e sto avendo ragione...». 
Domenica rosso Ferrari, ora si attende il rosso Ducati. 
«Quello che ha combinato Leclerc a Monza e a Spa è straordinario. Seguo sempre la F1, per quanto non sia così affascinante. Ma Charles mi ha restituito la passione: mi colpiscono la sua tranquillità e la sua determinazione». 
Avere Hamilton alle spalle è come avere Marquez che insegue? 
«Nelle auto è più difficile fare mosse azzardate; nelle moto è facile creare un set dinamico: completare 30 giri senza subire un sorpasso da Marc sarebbe impossibile e ben più stressante».