Corriere della Sera, 12 settembre 2019
Francesca Barra parla del figlio perso
Venerdì scorso ha sfilato sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia accanto al marito Claudio Santamaria con un abito lungo che mostrava forme più morbide e quella che adesso chiama «la mia pancia vuota».
Non era scontato che lo accompagnasse sotto i riflettori. E infatti c’è stato un momento, catturato dai fotografi, in cui lui le ha sussurrato all’orecchio qualcosa. «Mi ha detto: “Grazie amore mio”», racconta nel loft della loro nuova casa milanese sui Navigli. Jeans, maglietta grigia, piedi nudi, le mani una aggrappata all’altra, un meraviglioso zaffiro verde all’anulare sinistro con la fede nuziale.
Francesca Barra, lei ha parlato della sua pancia anche in un post su Instagram, alla vigilia della trasferta veneziana: «Una pancia vuota non è solo una pancia vuota. Ma è la tua pancia senza di lui». Il vostro bambino perso a maggio.
«Due settimane prima di Venezia mi ero svegliata nel cuore della notte e avevo detto a Claudio: “Non so se riesco a venire con te, non sono in forma, né fisica, né emotiva. Questo lutto è ancora troppo vivo dentro”. Lui mi ha abbracciata e mi ha risposto: “Senza di te non ce la posso fare. Sarà una cosa diversa, ma l’affronteremo insieme”. Il giorno dopo ho cominciato ad allenarmi nella palestra dell’ex tennista Sara Ventura, una donna che sa cosa vuol dire ripartire dopo un fallimento».
Perché lo chiama fallimento?
«Avevamo cercato quel figlio dal primo momento, avevo fatto tantissime punture di ormoni, ero anche finita in ospedale più di una volta... Ricordo che quando finalmente il test di gravidanza era risultato positivo avevo fatto una corsa in cucina da Claudio per gridarglielo, è ancora lì dietro, accanto alle sue foto».
Quando vi hanno detto che c’era qualcosa che non andava?
«Durante un controllo, avevo portato Emma e Greta per conoscere il sesso del fratellino o della sorellina. Ma il ginecologo le ha fatte uscire, c’erano dei problemi... Ho pensato: io lo voglio lo stesso questo figlio. Ma non avevo il coraggio di dirlo a Claudio, mi sembrava una forzatura. E invece lui mi ha guardato e ha detto: “Io comunque lo voglio lo stesso”. Da quel momento abbiamo fatto di tutto, consultato medici diversi, spedito ecografie, tentato in ogni modo».
Poi vi siete dovuti arrendere. A fine maggio sui social ha dato notizia della vostra perdita.
«Ricordo il giorno che sono dovuta andare in clinica. Non volevo scendere dal taxi... Quando sono tornata a casa, la sera, ho cercato di essere normale, per i bambini, e mi sono messa a cucinare. Mia madre era salita in fretta e furia dalla Basilicata, diceva: “Ma vai a stenderti e a riposare”. Il giorno dopo il padre dei miei figli è venuto a prenderli e Claudio mi ha portata sul lago, dove ho pianto per tre giorni...».
Cosa ha provato?
«Per la prima volta mi sono sentita vulnerabile. Ero stata troppo sicura di me, non avevo mai messo in conto nessun pericolo. Mi sentivo baciata da Dio, invincibile. E invece...».
I social in passato sono stati molto duri con lei, ma in questa circostanza le sono stati di conforto.
«Sì, ho ricevuto più di mille messaggi da sconosciute, li ho letti tutti. E ho capito che siamo in tante ad aver provato questo dolore e a esserci sentite sole. Molti pensano che tu non stia vivendo un vero lutto, perché il bambino non è mai nato. Ma come? Io e Claudio lo abbiamo visto mentre aveva il singhiozzo, gli abbiamo sentito battere il cuore, abbiamo guardato le sue mani e le sue braccia muoversi... È un lutto sottovalutato, come se esistesse un metro del dolore e quello per un figlio mai nato non misurasse abbastanza. E poi ho scoperto un’altra cosa, che non è successa a me: in tante dopo l’aborto vengono messe in stanza con donne che hanno appena partorito... Non c’è abbastanza sensibilità verso chi perde un figlio».
Cosa avete detto ai suoi figli Renato, Emma e Greta?
«Non abbiamo voluto sapere se fosse maschio o femmina, ai bambini abbiamo spiegato che era diventato una stella per proteggerli ogni giorno».
Cosa l’ha aiutata in questi mesi?
«Niente. Ed è inutile quando ti dicono che hai altri figli, come se potessero sostituirsi l’uno con l’altro: se perdi un dito lo perdi e basta, anche se ti restano le altre. Però avevo delle responsabilità, anzitutto verso i bambini. Ho dovuto farmi forza, sorridere, siamo stati senza tata per quattro mesi, avevo la casa da sistemare... E poi c’era da finire il romanzo con Claudio (La giostra delle anime, in uscita l’8 ottobre con Mondadori, ndr)».
State già pensando di riprovarci?
Prende tempo. «Anche se ci fosse solo una possibilità su un milione, noi non perdiamo la speranza. Adesso mi affido solo alla volontà di Dio».