Corriere della Sera, 12 settembre 2019
Gli escamotage di M5s e Pd per unirsi alle elezioni
La semantica in politica è importante e in questo momento ancor di più. Basti pensare agli «avis de marchés» sbandierati dal premier Giuseppe Conte (I) per non dover ammettere che stavano partendo i bandi per la Tav. Oppure alla recente e sottilissima, ma decisiva, distinzione tra «revoca» delle concessioni autostradali e «revisione». Per questo è da leggere con gli strumenti del linguista la nota di «fonti» 5 Stelle che spiega come l’alleanza (parola tabù per il Movimento) con il Pd alle prossime Regionali «non è all’ordine del giorno».
Formulazione furba, perché non si escludono recisamente le alleanze, né si contestano in toto, ma si lasciano fuori dalla lista delle priorità del momento. L’«ordine del giorno», come dice la locuzione stessa, è limitato temporalmente e si può cambiare. Ed è quello che potrebbe accadere. Perché nelle pieghe dei comunicati ufficiali si nasconde un lavorìo degli sherpa sui territori, per provare a giocare insieme la partita delle Regionali. Magari non tutte, ma il tentativo è ancora in piedi e passa attraverso un escamotage che potrebbe far felici entrambi i partiti, rispettando regole e sensibilità. L’escamotage si chiama lista civica, o meglio, candidato civico. Perché è vero, come dice il 5 Stelle Manlio Di Stefano, che lo statuto del M5S è stato cambiato di recente, ammettendo in via sperimentale l’alleanza solo con liste civiche. Ma è anche vero che se si creassero le condizioni, sia M5S che Pd potrebbero decidere di appoggiare un candidato civico, con una sua lista cittadina. Di fatto alleandosi tra di loro, ma senza dirlo troppo.
La prima regione ad andare al voto sarà l’Umbria, il 27 ottobre. Qui il Pd avrebbe le mani libere, perché la presidente della Regione Catiuscia Marini è finita dentro una brutta storia e si è dimessa in seguito a un’inchiesta sulla sanità locale. Il centrosinistra, proprio per questa ragione, rischia di prendere una batosta. Cominciare con una sconfitta in una regione storicamente «rossa» potrebbe alimentare le critiche di chi ritiene «abusiva» l’attuale maggioranza. Ma c’è un particolare che potrebbe favorire l’apertura di un varco con i 5 Stelle. Il candidato del centrosinistra è un «civico», Andrea Fora. Riunisce una miriade di liste civiche, associazioni, e partiti. Se i 5 Stelle decidessero di non sostenere questo candidato civico, Salvini – che è un giorno sì e l’altro anche è in Umbria – avrebbe buone speranze di sottrarre una roccaforte rossa e vincere con Donatella Tesei, avvocatessa di 61 anni.
Più difficile la situazione in Emilia-Romagna, che andrà al voto a novembre. Qui il Pd ha un nome forte, il presidente Stefano Bonaccini, inviso ai 5 Stelle. C’è un altro dato, però, da considerare. Il Movimento è in forte ritardo, non ha un leader da spendere e neanche una classe dirigente locale. Difficile che non metta in campo, comunque, una sua lista. Ma di fatto, un candidato debole e improvvisato costituirebbe una sorta di desistenza con il Pd.
Ancora più complicato il quadro calabrese (anche qui si voterà a novembre). Il presidente Mario Oliverio, in conflitto con il commissario Stefano Graziano, ha fissato le primarie per il 20 ottobre. Una conta che rischia di alimentare spaccature, anche considerando il fatto che il segretario del Pd ha chiesto a suo tempo «un passo indietro responsabile» all’attuale governatore. Difficile che i 5 Stelle locali decidano di allearsi o comunque di incrociare i loro destini con un Pd calabrese che non gode di buona salute, da diversi punti di vista. A meno che il Pd non decida di rinunciare a un suo candidato e di appoggiare quello dei 5 Stelle.