Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  settembre 12 Giovedì calendario

Con il nuovo clima è record di lampi

Se già un lampo può far impressione, sull’Italia nel 2019 ne sono a oggi caduti un milione. Al conto ha dato un bel contributo la Sardegna, con le 36mila scariche del 28 agosto. Il Nord Italia, sotto ai temporali del 27 luglio, era stato trafitto 84mila volte. «Cifre importanti» conferma Marina Bernardi, la “donna che conta i fulmini”, responsabile Tecnico del Sistema Italiano Rilevamento Fulmini del Cesi, multinazionale italiana di consulenza per il settore elettrico. E Laura Feudale, climatologa dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, conferma: «Mai avevo visto una sequenza di lampi come quest’estate in Friuli».
Di record è in realtà complesso parlare. Il fulmine” che governa ogni cosa” è imprevedibile anche nelle cifre. «In media sul suolo italiano e sui mari vicini ne cadono un milione e mezzo all’anno», dice Bernardi. «L’anno scorso siamo arrivati a 3 milioni, un record ventennale». Il 2018 in Italia è stato in effetti un anno piovoso, e il più caldo dal 1800 (1,58 gradi oltre la media per il Cnr). Ma nel 2019 i lampi sono rientrati nella media. «Buona parte – continua Bernardi – cade nei temporali estivi, anche se il contributo autunnale è importante».
L’ipotesi è che il riscaldamento climatico, che rende piogge e temporali più rari ma più intensi, faccia lo stesso con i fulmini, concentrandoli in un ridotto numero di tempeste. Per i fulmini in Italia muoiono 10- 15 persone all’anno, tutte all’aperto. Nel mondo si arriva 5mila vittime, concentrate in Africa e Asia. La Protezione Civile pochi giorni fa ha aggiornato le sue linee guida. «Ciascuno di noi deve fare attenzione» spiega Silvia Puca, ufficio Previsione e Prevenzione dei Rischi della Protezione Civile. «I temporali più intensi sono spesso i più rapidi e circoscritti. Quindi i più difficili da prevedere nei dettagli».
Un effetto del riscaldamento globale è l’aumento di energia nell’atmosfera. «E l’energia di un temporale, se è alta, si traduce in vento, precipitazioni e fulmini molto intensi», conferma Stefano Dietrich, ricercatore del Cnr. «Il collegamento con il cambiamento climatico è plausibile» anche per Vincenzo Levizzani del Cnr, che insegna Fisica delle nubi all’università di Bologna. «Nelle nuvole, durante un temporale intenso, si generano correnti d’aria e moti convettivi violenti, che sparano verso l’alto le particelle di acqua e ghiaccio. Le collisioni tra acqua e ghiaccio a basse temperature fanno sì che le cariche elettriche si separino». La nuvola diventa una” pila” pronta a rilasciare corrente. «Ci siamo chiesti anche – aggiunge Feudale – perché temporali e fulmini abbiano una leggera tendenza a concentrarsi nel fine settimana. Può darsi che gli inquinanti emessi nei giorni lavorativi favoriscano la formazione di particelle di acqua e ghiaccio».
Il Cesi, per dare i numeri dei fulmini, sfrutta una rete di 30 sensori che misurano fino a 400 chilometri di distanza l’alterazione del campo elettromagnetico causata dalla scarica, localizzabile con la precisione di 50-100 metri. Il censimento dei lampi è affidato a un’azienda privata perché interessa compagnie elettriche e assicurazioni. «Tempo fa ci fu una morìa di videoregistratori. Si diede la colpa ai fulmini, chiedendo risarcimenti. Poi, con i sistemi di rilevamento, si scoprì che i problemi erano altri», racconta Carlo Alberto Nucci, professore di Sistemi elettrici per l’energia all’università di Bologna. Da quando Benjamin Franklin “giocava” con gli aquiloni per attirare le scariche ( metà del XVIII secolo), molti segreti di questa” eternità d’istante” sono stati svelati. Sappiamo che un fulmine può cadere due volte nello stesso punto ( sull’Empire State Building sono 100 all’anno). Che i fulmini a ciel sereno provengono da nubi distanti fino a 15 chilometri. Che alcune scariche vanno dalla terra alla nuvola. Che il lampo percepito dall’occhio è formato da diversi “colpi” rapidissimi. C’è anche (e Nucci è fra questi) chi riesce a far scoccare fulmini artificiali. «Durante un temporale si lanciano dei razzi. Se vengono colpiti, misurano l’intensità di corrente. In Florida, in una tempesta molto ricca, abbiamo “catturato” ben dieci fulmini». In media, la corrente è di 30mila ampere, l’equivalente di 60mila lampadine da 100 watt. «Ma concentrata in microsecondi» precisa Nucci. Per questo il fulmine non è contemplato fra le possibili fonti di energia.
Molti segreti riguardano poi l’” altro lato” delle nubi, quello superiore. Le energie sono talmente intense da produrre fulmini diretti verso lo spazio, raggi X, gamma e antimateria. «Lampi rossi o blu diretti in alto erano stati osservati dai piloti durante la guerra fredda, che volavano a quote altissime» spiega Levizzani. Oggi questi fenomeni quantistici ( e spettrali) prendono il nome di elfi o sprite e raggiungono i 100 chilometri. Per studiarli la Francia ha costruito un satellite: Taranis, dio celtico del fulmine. Partirà alla fine dell’anno. Magari a Halloween.