la Repubblica, 13 settembre 2019
La prima raccolta di lettere di Che Guevara
Tra le lettere d’addio scritte da Che Guevara ce n’è una inviata ai suoi figli alcuni mesi prima della sua morte, quando si trovava nella foresta boliviana cercando di innescare un focolaio guerrigliero. Il testo si apre con l’intestazione: “Da qualche parte della Bolivia, 1966”, e nel suo ultimo paragrafo dice al più piccolo: “Tatico, tu cresci e diventauomo, e poi vedremo che fare. Se c’è ancora l’imperialismo andiamo a combatterlo, se finisce, tu, Camilo ed io possiamo andarcene in vacanza sulla luna”. Si chiude così Epistolario de un tiempo. Cartas 1947-1967, il volume recentemente pubblicato a Cuba che raggruppa 350 pagine di lettere personali e politiche da quando termina gli studi secondari e parte alla scoperta dell’America del Sud in motocicletta, fino alle ultime parole dalla Bolivia dedicate ai genitori, ai figli e alla moglie, Aleida March, a cui confessa nella sua ultima lettera: “Ci sono giorni in cui la malinconia avanza incontenibile e si impadronisce di me. A Natale e a Capodanno, soprattutto, non sai quanto mi manchino le tue lacrime rituali, sotto un cielo di nuove stelle che mi ricordava quanto poco ho tratto dalla vita nella sfera personale...”. Si tratta di una selezione esaustiva e rivelatrice che comprende alcune lettere sconosciute e molte lettere già note ma che finora non erano state pubblicate insieme e in questo risiede uno dei valori di questa raccolta: ci permette di apprezzare la crescita personale, intellettuale e politica di Guevara e di constatare la sua evoluzione, di avvicinarci alla sua carriera di statista e di scoprire aspetti poco noti della sua vita. Dal punto di vista storico, Epistolario de un tiempo è anche un documento importante per coloro che sono interessati alla storia dei primi anni della rivoluzione, poiché è ricco di riferimenti ad eventi e fatti concreti a cui Guevara partecipò da protagonista e che avrebbero segnato il futuro di Cuba.
Una delle lettere, di cui finora erano noti solo pochi frammenti pubblicati come prologo al libro Apuntes críticos a la economía política (2006), è senza dubbio la lettera più importante dell’ Epistolario, tanto che alcuni esperti dell’opera di Guevara sostengono che segni un prima e un dopo. Si tratta della seconda lettera d’addio che il Che scrisse a Fidel prima di partire per la guerriglia in Congo. La prima è molto nota perché fu letta da Castro il giorno in cui fu creato il Partito Comunista di Cuba e venne eletto il suo primo Comitato Centrale, il 3 ottobre 1965. Il secondo addio, ora pubblicato integralmente, porta la data del 26 marzo dello stesso anno ed è un’analisi critica dei mali politici ed economici della rivoluzione.
Riproduzione di una lettera inviata dal Che ai suoi figli nel 1965 “Credo che abbiamo commesso molti errori di tipo economico”, dice il Che a Castro. “Il primo di essi, il più importante, è l’improvvisazione con cui abbiamo portato avanti le nostre idee, che ha avuto come risultato una politica vacillante. Improvvisazione e soggettivismo, direi. Tanto che si fissavano obiettivi che comportavano crescite impossibili...”, spiega nel suo lunghissimo testo. Le osservazioni del Che sono devastanti e lasciano intravedere una dose non piccola di scoraggiamento. “Ho la sensazione che tutto questo sia un po’ una perdita di tempo per tutti, perché ho copie di altri scritti precedenti di tono simile e da allora è cambiato davvero poco e nulla di fondamentale”, dice, chiarendo al leader: “Sono critiche che faccio sulla base della vecchia amicizia e della stima, l’ammirazione e la lealtà senza limiti che ti professo”. Nello stesso tono, ma con più ironia, si esprime nella lettera che invia allo storico dirigente Armando Hart nel 1965, quando era appena stato nominato segretario organizzativo del Partito Comunista di Cuba.
Dopo il fallimento della guerriglia in Congo, il Che è in Tanzania in attesa di entrare clandestinamente in Bolivia. "Durante questo lungo periodo di vacanza, ho ficcato il naso nella filosofia, cosa che pensavo di fare da molto tempo. Ho trovato la prima difficoltà: a Cuba non c’è nulla di pubblicato, se escludiamo i mattoni sovietici che hanno l’inconveniente di non lasciarti pensare, dato che il partito lo ha fatto per te e tu devi solo digerire”, scrive. Disamis Arcia Muñoz, curatrice dell’epistolario insieme a María del Carmen Ariet García, del Centro de Estudios Che Guevara, fa notare che sia in questa che in altre lettere si manifesta il suo stile diretto e sincero nel sollevare le sue critiche. «Queste lettere sono un ritratto del Che da varie angolazioni della sua vita privata e della sua vita pubblica e politica, e mostrano molti aspetti sorprendenti di un individuo complesso». Come l’ultima che inviò ai suoi genitori prima di cadere in Bolivia: «Cari mamma e papà: Ancora una volta sento sotto i miei talloni le costole di Ronzinante, torno sulla strada con lo scudo albraccio. Una decina di anni fa, vi scrissi un’altra lettera d’addio... Questa potrebbe essere quella definitiva. Non è qualcosa che vada cercando, ma è nel calcolo logico delle probabilità. Se sarà così, un ultimo abbraccio».
Traduzione di Luis E. Moriones ©MauricioVicent / EdicionesEl País S.L., 2019