Il Messaggero, 13 settembre 2019
Patti Smith testimonial di Yves Saint Laurent
La notizia, letta in orizzontale, potrebbe far sorridere o, peggio, agitare un grande punto interrogativo sulla testa: Patti Smith sarà la prossima musa di Yves Saint Laurent, il volto ufficiale della campagna per la collezione primavera/estate 2020. A ritrarla, nella sua amata New York che ha cantato con la sensibilità dei giganti, sarà Steven Sebring, il fotografo che ha trascorso gli ultimi undici anni della sua vita a produrre un film-documentario su di lei intitolato Dream of Life.
LA GIOVINEZZA
La stessa notizia, letta in verticale, commuove. Perché Patti Smith è stata sacerdotessa del rock, icona capace di unire musica e poesia e di sottolineare gli impeti intellettuali di una generazione convinta che l’arte fosse l’arma migliore per combattere le ingiustizie. È stata, e lo è ancora dall’alto dei suoi 72 anni, la guerriera che alternava la carnalità della musica con la spiritualità dei versi, la donna che, non dimentichiamolo mai, conferiva eguale dignità a Arthur Rimbaud e Jim Morrison. Patti Smith è stata, e lo è ancora nel suo contorno quasi antico di capelli grigi e cappotti sformati, molte cose. Ma non è mai stata bella, almeno in senso classico. Nemmeno da giovane, quando viveva al Chelsea Hotel con Robert Mapplethorpe e imbastiva storie d’amore e complicità con Jim Carroll e gli altri artisti della scena newyorkese, come racconta in un libro dallo splendore unico e che tutti dovrebbero leggere, anche chi non ama il rock: Just Kids.
LA CONSACRAZIONE
Ecco perché questa notizia commuove ed esalta. Perché grida a pieni polmoni che il concetto di bellezza non deve necessariamente corrispondere ai criteri imposti dalla moda. La bellezza non è solo misure perfette e corpi scolpiti. La bellezza è anche canto obliquo, sghembo, armonia, calore, colore. Chi ama l’arte ne è consapevole, ma che questa consacrazione arrivi da una casa di moda leggendaria come Saint Laurent è la dimostrazione che forse qualcosa sta cambiando anche in un universo spesso giudicato, e a volte a torto, frivolo.
Va detto a onor del vero, che Saint Laurent si è già distinta, in passato, per scelte controcorrente, chiamando a posare per le proprie campagne rockstar che non brillavano per bellezza: Courtney Love, affascinante ma lontano dai canoni classici; Marilyn Manson, l’Anticristo dai tratti sepolcrali; i Daft Punk, splendidamente elettronici ma non certo modelli; e Joni Mitchell, la Signora del Canyon, elegante e classy ma poco glam.
Qui è diverso. Perché Patti Smith (scelta dal direttore creativo Anthony Vaccarello) è una sorta di maschiaccio, sempre in pantaloni, barricadera e poco incline a compromessi stilistici. Non si è mai curata, mai preoccupata di piacere, non ha mai nascosto i peli in eccesso su gambe e braccia in una trasmissione televisiva abbiamo ascoltato lo sciocco commento di chi l’ha liquidata, lei che ha fatto la storia, con una battuta che voleva essere divertente e che invece è risultata penosa: Patti Smith è quella cantante che oggi ha dei bellissimi baffi.
La scelta di Saint Laurent è dunque precisa, chirurgica, un salto triplo per allontanarsi dagli stereotipi e dalla banalità. Sapere che Patti Smith sarà atipica portavoce del concetto di bellezza nel mondo pur senza essere mai stata nemmeno lontanamente top model è come ridistribuire i colori di Monopoli e decretare che Vicolo Corto vale più di Viale della Vittoria.
IL FIDANZAMENTO
Forse dobbiamo ammettere che Patti Smith possiede un dono raro. Ha una luce che non invecchia. Anzi, che acquista valore e spessore con il correre degli anni. Forse è qualcosa che possiamo chiamare bellezza. Se vi è capitato per le mani un altro libro bellissimo, che si intitola come il docu-film di Sebring, Dream of Life, sapete cosa voglio dire. Contiene fotografie e brevi scritti di Patti Smith. A pagina 64 ci sono lei e Sam Shepard su un balcone del Chelsea Hotel, in un giorno qualsiasi degli anni Settanta. Sam Shepard è stato uno dei più grandi commediografi contemporanei, ma è anche colui che ha seguito Bob Dylan nella Rolling Thunder Revue ed è colui che ha scritto Follia d’amore per Kim Basinger e Paris, Texas per Wim Wenders. Erano fidanzati, lui e Patti, anche se il concetto di fidanzamento era molto aperto, a quei tempi.
IERI&OGGI
Lui ha i capelli lunghi, con la riga in mezzo, lei i capelli neri neri e la pancia scoperta. Sono piuttosto seri, guardano avanti come si guarda il futuro. A pagina 65 ci sono ancora loro due, Sam e Patti. Sono passati più di trent’anni. Lui adesso ha i capelli corti e bianchi, lei i segni dell’età. Sorridono, come non facevano 35 anni prima, forse perché quel futuro che cercavano l’hanno visto. E volete sapere una cosa? Hanno una luce nuova. Sono più belli di 35 anni prima. Perché la bellezza non conosce il peso degli anni, solo il suo accumulo.