Libero, 12 settembre 2019
I geni cambiano e ci rendono crudeli
Vi siete mai chiesti se cattivi si nasce o si diventa? Arduo rispondere, è un po’ come la storia dell’uovo e la gallina. Ma c’è un dato certo: purtroppo siamo attratti più dal male che dal bene, la nostra attenzione si accende sulla cronaca negativa, le buone notizie non fanno notizia, antica regola giornalistica, e anche sotto il profilo storico sono i grandi “protagonisti del male” a incuriosire, dai dittatori più sanguinari ai serial killer, dai terroristi ai mafiosi stile padrino, come Vito e Michael Corleone raccontati da Mario Puzo. Ma non sarà che l’essere umano (anche i migliori tra noi), conserva nel lato più recondito dell’anima e del cervello un pizzico di cattiveria, ovviamente celata nei meandri più profondi della psiche? Lo manifestiamo già da piccoli, considerato l’alto gradimento di giochi violenti tipici delle playstation: sarà virtuale, ma il principio del divertirsi è comunque quello di stendere il prossimo, il più velocemente possibile. Su questo fondamentale interrogativo Valter Tucci, psicologo e genetista, ha scritto un avvincente saggio, I geni del male (Longanesi editore, pag. 261, euro 16,90). Tucci, che dirige il Laboratorio di Genetica ed Epigenetica dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (ha lavorato anche alla Boston University e presso il Massachussetts Institute of Technology) indaga per delineare l’origine primitiva del male, e spiegarci quale origine genetica hanno la nostra intelligenza e il livello di aggressività. Ma la genetica non basta, perché il Dna non è altro che «un nastro sul quale sono registrate le informazioni che riguardano le nostre caratteristiche, inutile senza un apparecchio che consenta di leggerlo», come sostiene il sociologo inglese Bryan Turner, storico “apripista dell’argomento”. E allora dobbiamo far riferimento anche all’epigenetica, cioè quella branca della biologia che studia le interazioni fra i geni e i loro prodotti, i meccanismi che ci permettono di verificare eventuali mutamenti. Scrive Tucci: «È senza dubbio vero che nel nostro cervello sono stati scoperti programmi che anticipano le nostre scelte».LE SCELTE
Si tratta di decisioni banali, come quelle di scegliere il cibo da ordinare al ristorante, oppure quelle fondamentali come decidere un matrimonio. O anche il partito per il quale votare. E subito siamo assaliti da un brivido angoscioso: ma allora dove sta il noto libero arbitrio che ci ha confortato nel corso della vita? Ci illudiamo soltanto di decidere secondo la nostra spontanea volontà, quando invece è tutto già stabilito? Non è così semplice: secondo Tucci, il nostro cervello è un «generatore intrinseco di variabilità», che lo rendono piuttosto imprevedibile. Detto nel modo più semplice possibile, noi pensiamo, ragioniamo, elaboriamo di continuo cercando la via migliore da seguire, tuttavia nel corso della vita possono verificarsi eventi che ci cambiano in senso negativo. Ma alla logica domanda «in conclusione cattivi si nasce o si diventa?», Tucci si allontana da una teoria sino ad oggi molto seguita: se analizziamo un individuo che alla nascita era di indole buona e poi diventa perfido, significa che è stato deviato dall’ambiente verso un comportamento negativo. Se invece alla nascita il bambino è di indole cattivella, e lo resta, significa che la società non è stata in grado di recuperarlo. Lo studioso invece ribadisce che al principio del viaggio nella vita tutte le mele sono buone, ma che un eventuale “guasto” può intervenire nel corso del tempo. Magari un fattore ereditario che emerge a sorpresa, forse legato anche a sollecitazioni ambientali. Se fosse così, questo potrebbe essere accaduto persino ad Attila oppure a Hitler.
AMARA CONSTATAZIONE
E nel corso dei secoli abbiamo dovuto registrare un’amara constatazione: purtroppo l’esercizio della rodata giustizia ufficiale non rende automaticamente buoni gli individui. La distinzione ferrea fra buoni e cattivi ha avuto origine in tempi in cui il cattivo era quello che usava violenza nei confronti degli innocenti indifesi, oggi i nostri sistemi di difesa sono diventati talmente articolati e sofisticati da rendere difficile la linea di demarcazione fra il bene e il male. Ad esempio, quanto sono accusabili di perfidia i giochi, i siparietti, i ribaltoni di idee, nel privato e nel sociale, spesso finalizzati a legittimare le nostre ambizioni di successo? Quanto la difesa della propria immagine ci rende creature sicuramente egoiste se non perfide, tenendo ben presente la copertura di un’immagine “perbene” e di elegante tendenza? Chissà, forse potrebbe essere il gene di un’antenata stile Lucrezia Borgia (insospettata sorpresa “epigenetica”), che torna dopo vari secoli alla ribalta, a spingere qualche signora verso l’eliminazione anche fisica di una rivale…