Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  settembre 12 Giovedì calendario

Sulle banche inglesi uno scandalo da 50 miliardi

L’ennesima tempesta investe il sofferente mondo delle banche inglesi. Una nuova mina da 50 miliardi di sterline che si nasconde dietro l’innocente sigla PPI, assicurazioni tossiche, manda al tappeto bilanci già traballanti e getta nel panico il mercato. I PPI sono piani assicurativi personali che coprono spese previdenziali dei lavoratori (per esempio giorni di malattia non pagati dalle aziende).
Ma sui PPI è scoppiato l’ennesimo scandalo della finanza che ora rischia di far inabissare ancor di più le banche, il malato grave dell’economia inglese (e non solo). Perché molti istituti hanno approfittato dei PPI per piazzare ai clienti polizze superflue (per esempio per coprire anche elettrodomestici). La portata della tegola abbattutasi è gigantesca: i PPI valgono due terzi dei famigerati Sub-Prime, i mutui spazzatura dell’America che fecero scoppiare la grande crisi del 2008-2009. Per tutto agosto la metropolitana di Londra è stata tappezzata di pubblicità della FCA, la Consob inglese, che invitavano la gente a richiedere rimborsi per la truffa dei PPI, che scadevano proprio alla fine del mese. Il viso di un deforme Arnold Schwarzenegger-Terminator campeggiava ovunque nei cartelloni: il martellamento ha funzionato perché il 29 agosto le banche sono state sommerse da richieste di risarcimenti. L’onda è montata anche per la spinta di promotori finanziari che hanno consigliato a tutti i clienti di depositare una domanda.
Ora però le banche, ingolfate da richieste legittime e da altre per presunta truffa, potrebbero trovarsi a dover pagare molto più di quanto si aspettavano. Una notizia certo non buona in vista dei bilanci trimestrali che verranno annunciati a fine mese. Senza contare che il conto potenziale da 50 miliardi rischia di essere spesato con nuovi aumenti di capitale, ossia ricadrà sulle tasche degli azionisti delle banche.
Le agenzie di rating, Standard&Poor’s per prima, hanno già lanciato l’allarme sulla necessità di rimpinguare il capitale. La grana dei PPI rischia di far peggiorare i già logori rapporti con gli investitori, perché se saranno costrette a ulteriori ricapitalizzazioni, saranno sacrificati i dividendi. Il bubbone PPI è scoppiato per primo in LLoyds Bank e da lì è partito il contagio: la banca dovrà accantonare 1,8 miliardi di extra rimborsi cifra che le fa vincere il primo posto del podio di banca più colpita dallo scandalo PPI, con un costo totale che raggiunge i 23 miliardi, una somma in grado di abbattere a che la più solida delle banche. Lloyds aveva già sborsato la stratosferica cifra di 21 miliardi per le polizze tossiche e ora dovrà aggiungere altri 2 miliardi, dopo ave ricevuto circa 600mila richieste a settimane in agosto. Molte richieste verranno probabilmente respinte, perché non hanno titolo, ma intanto di fronte al rischio potenziale, Lloyds ha dovuto congelare il suo piano di buy back da 1,7 miliardi. Una somma analoga, ma un poco più bassa (1,6 miliardi), è stata messa a bilancio anche da Barclays, la più grande banca inglese. Il parametro del Cet 1 (Common Equity Tier), primo scalino della solidità di una banca, scenderà per effetto dell’esborso imprevisto, al 13%. Gli analisti di S&P si attendono un peggioramento dei ratio patrimoniali di tutte le banche coinvolte da qui ai prossimi 18 mesi.
Sono incappate nella trappola PPI anche Virgin Money, la banca del magnate Richard Branson, e il colosso RBS, Royal Bank of Scotland (900 milioni). La gamba bancaria del baronetto che spazia dalle palestre ai viaggi aerei, dovrà spesare un costo da 300 milioni, poco rispetto alle altre banche, ma che farà finire Virgin coi conti in rosso a fine anno. Ultima entrata nella “Lista Nera” la banca spagnola Santander, molto forte nel Regno Unito dove ha rilevato la storica banca inglese Abbey National: l’istituto iberico ha già accantonato 1,6 miliardi ma potrebbe dover incrementare l’importo.