Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  settembre 12 Giovedì calendario

L’amore ai tempi dell’Alzheimer

«Dopo la diagnosi siamo usciti dall’ospedale senza dire una parola, persi nei nostri pensieri. "Malattia di Alzheimer variante frontotemporale", c’era scritto. Ma vedendo Gianni così triste mi sono scossa e gli ho detto: ti procurerò tanti di quegli stimoli che tutti quei grovigli neurofibrillari amiloidi che hai nel cervello vedrai come faranno le valigie per andarsene. E penseranno: ma questa qui, chi ce l’ha mandata?».
La seconda vita
È cominciata così la seconda vita di Claudia e di Gianni, lei ex segretaria, lui ex sindacalista della Cisl, che dopo anni di lavoro a Milano speravano di godersi la pensione nella campagna dell’Oltrepò pavese. Finora, sospesi tra l’ottimismo e lo sconforto, ce l’hanno fatta. La malattia c’è, ma è tenuta ai margini. Claudia e Gianni possono far conto solo sull’indennità di accompagnamento e su qualche ora mensile di assistenza. Ma li aiuta il fitto tessuto sociale di un piccolo centro di circa mille abitanti, Torricella Verzate. Ci sono i volontari del Centro Auser che li accompagnano alle visite mediche («e comunque io la patente l’ho ripresa, a 73 anni, rifacendo gli esami», s’inorgoglisce lei). E c’è l’intero paese che conosce Gianni e lo protegge: se si perde, Claudia, te lo portiamo a casa noi, la rassicurano. C’è Sabrina l’educatrice, sei ore al mese, che l’ha aiutato perfino a scrivere un libro, «In viaggio con l’Alzheimer», prossimo alla pubblicazione, e c’è la fisioterapista (altre sei ore) che gli esercita le dita della mano. 
C’è, soprattutto, l’impegno della moglie caregiver, la memoria vivente di Gianni: «Me lo porto sempre con me. Gli metto la sua musica preferita: Paolo Conte, Verdi, Bruce Springsteen. Gli mostro le vecchie fotografie degli anni Settanta, di quando lavorava come fotografo per lo studio Patellani, poi delle assemblee all’Innocenti. Gli parlo di tutto, anche di politica, anche di Salvini: e chiedo, pretendo, che mi dica come la pensa». 
Non solo medicine
Le hanno spiegato fin dall’inizio che accanto alla terapia farmacologica, somministrata dai neurologi dell’Ospedale di Voghera, c’è quella comportamentale, che aiuta moltissimo a controllare la malattia e a rallentarla: una buona dieta, un riposo regolare, attività fisica, attività intellettuale per implementare la riserva cognitiva. Relazioni sociali, perché la solitudine aggrava enormemente la situazione, e la tentazione di chiudersi in casa è deleteria. 
Il contatto fisico, fondamentale: infatti se Claudia passa a raccontare dei momenti più duri, quando Gianni si spaventa e la tratta in maniera un po’ ruvida, e le chiediamo che cosa si fa in questi casi, è lui a concludere che «le coccole alla fine risolvono tutto: d’amore non sono vecchio». 
Fattori di rischio
Nel frattempo, si sottolinea l’importanza dell’attenzione ai fattori di rischio (ipertensione, iperglicemia, obesità, colesterolo alto) e alla diagnosi più precoce possibile; e si lavora alla buona qualità della vita per i pazienti e i caregiver.
Stigma culturale
Resta lo stigma culturale, il più difficile da sconfiggere: la vergogna, la paura, l’incapacità di parlarne e di chiedere aiuto ai presidi locali e alle associazioni che raggruppano i parenti dei malati. Anche se gli operatori del settore cominciano a vedere qualche risultato: meglio cambiare mentalità visto che in Italia attualmente sono circa un milione le persone affette da demenza. L’ingresso dei baby boomer nell’età a rischio e l’aumento in percentuale degli anziani sul totale della popolazione provocheranno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, 7,7 milioni di casi all’anno, con un raddoppio dei casi per il 2030 rispetto ai 35,6 milioni in tutto il mondo del 2010, e con un triplicarsi per il 2050. Ma disperarsi non serve. Serve, piuttosto armarsi di buona volontà e cercare di continuare a vivere come prima.
La vita continua
«Le vacanze in camper sono sempre state la nostra passione», dice Nicola, di Siderno. «L’anno scorso per mia moglie Luciana è arrivata la diagnosi. Ma quest’estate siamo partiti lo stesso. Abbiamo caricato la moto sul camper, come sempre, e via. Verso il nord. Prima tappa un po’ dopo Perugia, poi una tirata fino a Belluno. Adesso siamo a Cortina, poi scenderemo fino a Treviso per la festa. 
Luciana in viaggio sta molto meglio, cucina, passeggia: c’è stata qualche difficoltà a caricare il camper, perché ha dei buchi nella memoria recente e non si ricorda dove ha messo le cose. 
L’amore
L’altro giorno ci siamo incontrati con un gruppo di amici al lago di Alleghe e abbiamo passato una giornata bellissima. Nella vita ne abbiamo affrontate tante insieme, fra cui un mio problema cardiaco. Ma l’amore è un impegno reciproco. E affrontiamo anche questa».