12 settembre 2019
Il terrorismo islamico in Africa
Abbiamo cantato vittoria troppo presto? Sconfitto a Baghuz, il Daesh è tornato a inabissarsi in Iraq e in Siria. Vi conserva un nucleo di 14-17mila combattenti e un bottino di 300 milioni di dollari. Ha aperto nuovi fronti all’estero. Da inizio 2019, le varie province stanno rinnovando il giuramento di fedeltà al califfo Abubakr al-Baghdadi, con video provenienti dalle “wilayat” dell’Africa occidentale, del Sinai, dell’Asia orientale (Filippine), del Caucaso, del Khorasan (Afghanistan, Pakistan, Iran, Kashmir), di Libia e Turchia. C’è presenza del Daesh in Azerbaijan e arrivano conferme dalla Tunisia.Ma è l’Africa intera il nuovo fronte del terrore del Daesh. Il Centro antiterrorismo di West Point stima gli affiliati continentali all’organizzazione intorno a 6mila. La branca più corposa ruota intorno all’Iswap, il gruppo scismatico e successore di Boko Haram, attivo nella regione del Lago Ciad con 3.500 combattenti circa. Un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale e il Sahel ha già allertato su una «possibile saldatura fra gruppi jihadisti nella regione», con movimenti facilitati attraverso le frontiere dell’Ovest e del Sud-Est della Libia. Sembra ormai certo che l’Iswap sia interconnesso con il Daesh nel Grande Sahara, di cui rivendica direttamente gli attacchi.Un fenomeno emerso a luglio2019, in coincidenza con il raid complesso contro la base militare di I-n-Ates, nel nord del Niger. Fonti del Comando statunitense per l’Africa suggeriscono che il Daesh sta riorganizzandosi anche in Libia, nelle regioni intorno a Sabha, Ubari, Kufra e al-Awaynat. L’80% dei suoi 500 combattenti è composto da “foreign fighter”, jihadisti provenienti da Paesi come Ghana ed Eritrea, non solo dal Maghreb e dal Sahel. Il sud della Libia offre un mercato molto vantaggioso per il reclutamento. Daesh può offrire soldi ai mercenari, a corto di paga dalla caduta di Gheddafi. È fortissimo in Egitto, con due branche fra il Sinai e l’ovest.Ha un centinaio di affiliati in Tunisia e poche decine in Algeria. Si sta consolidando in Somalia, dove allinea una forza combattente di 150- 200 uomini, decisamente inferiore alla massa delle migliaia di qaedisti di al-Shahab. Mentre è braccato in Medio Oriente, Daesh sta sfruttando le vulnerabilità di nuovi Paesi africani per mostrare che è ancora capace di condurre una lotta globale. E sta puntando ancora più a sud, in zone tradizionalmente marginali per le organizzazioni jihadiste, come il Congo e il Mozambico. Diciotto anni dopo le Torri gemelle, neanche al-Qaeda è stata sconfitta. Conserva un nucleo centrale in Afghanistan e in Pakistan. A maggio, ha rivendicato un primo attacco sinergico con i taleban, avvenuto nella provincia afghana di Paktika, suo feudo. La “base” è esplosa in Yemen, miete vittime nel Maghreb islamico e nel Sahel, in Egitto, in Somalia, nel Caucaso e a Idlib in Siria. La lotta all’idra jihadista è tutt’altro che finita.