La Stampa, 10 settembre 2019
Le specie aliene sono già tra di noi
È cominciata con la tartarughina nel mini acquario portatile regalata al figlio piccolo, ed è finita con l’invasione di una specie aliena nei fossi, canali e nei laghetti dei parchi cittadini lungo tutta la penisola. La storia dell’arrivo in Italia della Trachemys, tartaruga americana 5/6 volte più grande di quella nostrana, che infatti rischia di sparire, è emblematica dei disastri che l’uomo riesce a provocare quando si mette a pasticciare col regno animale: verso la fine degli Anni 80 le Trachemys comparvero nei negozi, ma bastarono meno di tre anni perché gli acquirenti si rendessero conto che non riuscivano più a gestire una bestia da 30 centimetri per 20, molto più grande e vorace di quanto immaginavano. E così se ne sbarazzarono, lasciandole andare nello specchio d’acqua più vicino. E’ andata avanti in questo modo finché sono state inserite fra gli animali proibiti, ma ormai il danno era fatto.
«Oggi la loro presenza può essere stimata in diverse centinaia di migliaia di esemplari in tutta Italia - spiega Mauro Delogu, veterinario e ricercatore del Servizio fauna selvatica ed esotica dell’Università di Bologna -. Nutrendosi di pesciolini e piccoli anfibi, ed essendo molto aggressiva, la Trachemys va a competere con la tartaruga palustre europea togliendole il cibo. Il risultato è che negli habitat dove c’è la prima, non c’è più la seconda».
Ma non finisce qui, perché una volta proibita la prima tartaruga ne è arrivata un’altra, la Trachemys pseudogeografica che di qui a qualche anno, secondo Delogu, è destinata a seguire le orme della cugina, diventando a sua volta infestante: «La gente si accorgerà troppo tardi che non riesce a tenerla e se ne disferà come ha fatto con la prima specie, sommando danno a danno».
La tartaruga aliena è solo una delle specie esotiche infestanti: le tiene buona compagnia, con una diffusione valutata anche qui intorno alle centinaia di migliaia, la nutria. Liberate in massa dagli allevamenti nelle campagne una volta che la pelliccia di castorino non ha avuto più mercato, oppure lasciate andare da chi le teneva come animale da compagnia (un altro déjà-vu), col passar degli anni hanno colonizzato l’asse del Po e dei suoi affluenti, oltre a fossi e canali. Sono presenti, con una densità impressionante - in Emilia, lungo l’argine dei canali, ne sono state contate fino a 3.500 su un chilometro - e si sono insediate dal Piemonte all’Emilia Romagna, fino a Veneto, Friuli e Sardegna. Per fronteggiare l’occupazione del territorio di questo grosso roditore di origine sudamericana, quasi privo di nemici naturali in grado di limitarne il numero, sta per partire il progetto "Life green for blue", finanziato dall’Ue per 2,4 milioni di euro: «Sperimenteremo la pratica dell’immuno-contraccezione per intervenire sulla riproduzione delle nutrie - dice Delogu -. E’ un rimedio già utilizzato per altre specie invasive come i cinghiali, e ha il vantaggio di evitare gli inconvenienti dei progestinici: questi ultimi infatti sterilizzano, insieme con la specie cui vengono somministrati, anche i suoi predatori».
Le nutrie saranno catturate e rinchiuse in gabbie, sarà loro iniettato l’immunovaccino e infine saranno nuovamente liberate con un microchip addosso. Una collaborazione fra Università, Bonifica renana e volontari. Nell’ambito dello stesso progetto si cercherà di arginare un’altra specie che ha preso possesso di tutto il Delta del Po e ora infesta Emilia, Lombardia, Veneto e Friuli: il gambero rosso americano. Sfuggito anch’esso al controllo degli allevamenti, aggressivo e dannoso per i "colleghi" nostrani, oltre che vettore di patologie, ha conquistato il Delta del Po e buona parte del Nord-Est d’Italia: «Costruiremo presidi ambientali con gli aironi nei luoghi a più alta concentrazione di gamberi, perché sono i loro predatori», aggiunge Delogu. L’elenco delle specie aliene non finisce qui: i procioni si sono insediati in tutto il Nord e sono a rischio rabbia. Gli scoiattoli grigi americani si trovano in Piemonte e Umbria e insidiano i nostri. La rana toro si è stabilita in Lombardia e nel Vercellese. Un’invasione silenziosa e letale per le specie nostrane, che sembra non avere fine.