Corriere della Sera, 10 settembre 2019
L’addio commosso di John Bercow
Nel resto del mondo è diventato celebre per i suoi stentorei richiami ai deputati: Oooordeeeer!, ordine! Più che altro vocalizzi virtuosistici, ascendenti, discendenti, trascinati, modulati in tutte le tonalità: performanceche sono diventate virali sul web e che lui, nell’Aula di Westminster, intercalava a un’oratoria forbita e altrettanto manieristica.
Ma in Inghilterra, lo speaker (ossia il presidente) del Parlamento John Bercow, che ha annunciato ieri le sue dimissioni, è considerato un personaggio particolarmente controverso, e non tanto per le sue fantasmagoriche cravatte: dai banchi del governo è stato più volte accusato, lui conservatore, di voler mettere in tutti i modi i bastoni fra le ruote della Brexit.
E seppure il suo ruolo avrebbe dovuto essere quello di arbitro imparziale dell’Aula, non aiutava il fatto che sua moglie andasse in giro per Londra con un adesivo sulla macchina che proclamava Bollocks to Brexit, ’fanculo la Brexit. L’arbitro che si è fatto giocatore, hanno commentato da più parti.
In aggiunta, a Bercow è stato rinfacciato di non aver mai fatto molto contro il clima di bullismo e molestie a Westminster: forse anche perché pare che lui stesso trattasse i suoi collaboratori in maniera tirannica, anche se lui ha sempre negato. Lo speaker uscente si sentiva sicuramente molto investito dalla sua carica: forse anche un po’ pieno di sé. E si era permesso gesti clamorosi, come il rifiuto di invitare a Westminster Donald Trump, considerato indegno di rivolgersi alla gloriosa Aula di Westminster.
Di certo, Bercow è stato uno strenuo sostenitore delle prerogative del Parlamento rispetto al governo. In Gran Bretagna, dove non esiste una Costituzione scritta, l’equilibrio fra il potere legislativo e quello esecutivo è cangiante: ma Bercow ha fatto di tutto per spostare la bilancia dalla parte dei deputati. Fino a resuscitare arcane procedure parlamentari, come quando mesi fa si appellò a un oscuro precedente del Seicento per impedire a Theresa May di ripresentare per l’ennesima volta in Aula il suo accordo sulla Brexit.
«Durante il mio periodo come speaker, ho cercato di accrescere l’autorità relativa della legislatura – ha detto ieri —. Cosa per la quale non mi scuserò in nessun modo con nessuno, in nessuno luogo, in nessun momento»: ma è significativo che le sue parole siano state fragorosamente applaudite dai deputati dell’opposizione, che si sono levati in piedi, mentre i ministri del governo sono rimasti ostentatamente seduti, immobili e in silenzio.
Boris Johnson ne aveva chiaramente abbastanza di lui: ed era appena stato annunciato che i conservatori lo avrebbero sfidato alle prossime elezioni, in modo da estrometterlo. Così, prima di essere defenestrato, Bercow ha deciso di farsi da parte, seppur con le lacrime agli occhi. Nel discorso di addio, con la voce rotta dalla commozione e una cravatta ancora più sgargiante del solito, ha definito il suo mandato «il più grande onore e privilegio» della sua vita professionale. E ha rivolto un particolare saluto alla moglie e ai figli, che erano presenti tra il pubblico.
Lo speaker è stato in carica dal 2009: e quando si era insediato aveva assicurato che si sarebbe ritirato dopo nove anni. Invece l’anno scorso, fra le polemiche, aveva deciso di restare al suo posto per seguire il faticoso processo della Brexit. E anche il fatto che se ne andrà solo il 31 ottobre è cosa controversa: perché vuol dire che continuerà a presiedere il Parlamento fra il 14 ottobre, quando le Camere saranno riconvocate dopo la sospensione, e la fine del mese, quando dovrebbe avvenire il divorzio dalla Ue. Cioè durante quelli che saranno i giorni più difficili per la Gran Bretagna dal dopoguerra.
I sostenitori della Brexit non lo rimpiangeranno: ma sicuramente la politica-spettacolo perde con lui un grande attore.