Anteprima, 9 settembre 2019
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Biografia di Annalisa Cima
Annalisa Cima (1941-2019). Pittrice. Poetessa. Ultima musa di Eugenio Montale. Famiglia di industriali fondatori, di famose cartiere, si laureò in Ingegneria cartaria e in Filosofia. La prima mostra nel 1964 a Locarno, mentori Max Bill e l’architetto Alberto Sartoris. Seguirono esposizioni a Venezia e in giro per il mondo. Negli anni tra i ’60 e i ’70 avvicinò i grandi della critica e della letteratura, da Roman Jakobson a Meyer Shapiro, da Marianne Moore a Ezra Pound, da Ungaretti a Palazzeschi. Tra le raccolte poetiche Terzo modo (1969), La genesi e altre poesie (1971), Immobilità (1974), con brevi testi accompagnati da disegni a matita dalle forme semplici, e prefazione di Cesare Segre. «Nel 1968 in via Bigli a Milano l’incontro con Montale, non ancora premio Nobel: sarà un’amicizia destinata a far molto discutere a partire dal 1986, quando Annalisa Cima all’Hotel Splendid di Lugano rivela che il vecchio poeta le ha lasciato 84 liriche inedite, scritte tra il 1969 e il ’79 e a lei dedicate, con la raccomandazione di pubblicarle in 12 plaquette dopo la sua morte. Il tutto sotto la sigla della Fondazione Schlesinger, nata nel 1978 sotto l’egida dello stesso Montale e con un comitato scientifico presieduto ad honorem da Rita Levi Montalcini. I dubbi sull’affidabilità dell’“ultima Musa” del poeta, soprattutto da quando nel 1996 esce presso Mondadori il cosiddetto Diario postumo che raccoglie tutti i componimenti, nascono dal fatto non secondario che i manoscritti di quei testi rimangono inaccessibili. La polemica esplode nel luglio 1997 sulle colonne del Corriere grazie a un intervento del grande filologo Dante Isella che denuncia con molte prove il mediocre falso (i suoi scritti sul Diario sono raccolti nel volumetto Dovuto a Montale). Discussioni infuocate ne seguono, finché con l’intenzione di diradare le fitte nebbie la Musa chiama a raccolta il 24 ottobre, ancora allo Splendid, amici e filologi per un seminario e una mostra in cui promette di esibire gli autografi. In realtà i dubbiosi hanno buone ragioni per rimanere ancora più dubbiosi: le carte restano pressoché inaccessibili, sorvegliate da guardie “gallonate” e tenute debitamente sottovetro a distanza» [Di Stefano, CdS]. Morta a Lugano, dove viveva da anni con il marito Friedrich.