9 settembre 2019
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Biografia di Colin Andrew Firth
Colin Andrew Firth, nato a Grayshott, in Gran Bretagna, il 10 settembre 1960 (59 anni). Attore. Premio Oscar 2011 per il ruolo di Giorgio VI ne Il discorso del re. Per quel ruolo ha vinto anche il Golden Globe, il premio BAFTA e due Screen Actors Guild. Ha recitato in 2 cortometraggi, 17 film per la televisione e 60 pellicole per il cinema: tra queste, A Single Man, Il diario di Bridget Jones, Mamma Mia!, Love Actually, La ragazza con l’orecchino di perla, Un matrimonio all’inglese. È commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico (un grado non abbastanza alto per potersi fregiare del titolo di Sir) • «La risposta britannica a Brad Pitt» (Jasper Gerard, 2004) • Sposato con la produttrice romana Livia Giuggioli, nel 2017 ha ottenuto la cittadinanza italiana iuris communicatione. Vita Figlio di David e Jean Firth, insegnanti di storia e religione nati in India perché i loro genitori erano missionari protestanti in quel Paese. È il maggiore di tre fratelli e anche gli altri due, Kate e Jonathan, sono attori • «“Mia madre è sempre stata interessata dallo studio comparato delle religioni. È molto panteista. Da poco ha preso anche un dottorato e l’argomento della sua tesi era la morte e il lutto nella comunità Gujarati a Southampton: si è persino studiata l’Hindi per scriverla. Le interessano tutte le religioni, vede qualcosa di buono in tutte. Mio padre invece la vive in modo molto più intimo e personale. Da giovane, trovava questa esposizione interculturale alla religione un po’ eccentrica? Per niente, non è mai stata eccentrica, per me era normale. In realtà ho fatto molta più fatica ad adattarmi a scuola dove c’erano molti pregiudizi su questo tipo di cose. Ho vissuto i primi quattro anni della mia vita in Nigeria, ospitavamo di continuo amici dall’India, c’era moltissima varietà culturale sotto il mio tetto da giovane, un vero privilegio. Per questo trovo ogni forma di commento razzista o di pregiudizio religioso molto difficile da accettare. Perché i suoi erano in Nigeria? Mio padre insegnava lì. Lo fece per pura curiosità. Fece domanda per un posto all’estero… penso nell’equivalente di una scuola superiore» (intervista della National Public Radio americana) • «La Nigeria è anche paura, è una donna pazza che una notte sceglie l’amaca nella nostra veranda come bivacco e porta scompiglio. Abitavamo nel nord, a Zaria. A Lagos non sono mai stato. Ma è vero che oggi la cultura del paese si concentra lì. Amo la loro musica, sono stato fan sfegatato di Fela Kuti, di King Sunny Adé e di tutto il genere Jùjú. Adoro scrittori giganti come Chinua Achebe, o Ken Saro-Wiva, impiccato con altri intellettuali del Movement for the Survival of Ogoni. […] Paese ricchissimo, ma la popolazione non può godere di questa ricchezza» (a Davide Burchiellaro, Marie Claire, 2011) • «E dove altro avete vissuto? Ah… be’… perlopiù in Inghilterra, dopo. Mio padre cambiò parecchie scuole, passò anche a insegnare in un college… credo che questo significhi due o tre traslochi. Per un anno siamo stati anche negli Stati Uniti, a Saint Louis, ho fatto le medie lì. Ma poi siamo tornati in Inghilterra, posso dire che la maggior parte della mia giovinezza l’ho passata in Inghilterra» (alla National Public Radio) • Vittima dei bulli. «I suoi compagni di classe nell’Hampshire lo chiamavano “Yankee” per la sua permanenza negli Usa, così si è sempre sentito un po’ diverso dagli altri. “Cercavo di adattarmi, come un camaleonte e mi è sempre piaciuto fantasticare, come i bambini. Bisogna essere infantili per fare l’attore”» (Gerard) • Colin da bambino vuole fare il medico come suo nonno ma andare a scuola non gli piace: «Pensavo fosse noiosa e mediocre» (Bbc, 2005) • A 10 anni interpreta Jack Frost nella recita scolastica (Jack Frost è un personaggio allegorico dell’inverno in Inghilterra, ndr) e decide che vuole fare l’attore. «Recitare gli piaceva moltissimo. All’epoca andava di moda Batman, giocava a fare Batman tutto il tempo, ho dovuto fargli un costume… Noi siamo entrambi convinti che sia importante per i bambini seguire i propri sogni – questo era il suo – e ci si è dedicato fin dall’inizio» (la mamma Jean alla Bbc) • Va alle superiori nella cittadina di Eastleigh ma dopo il diploma molla gli studi e si trasferisce a Londra: trova lavoro nel reparto costumi del National Theatre e nel 1980 è ammesso al Drama Centre di Chalk Farm, una scuola di recitazione. Lì, nel 1983, gli fanno fare Amleto e viene notato dallo sceneggiatore Julian Mitchell, che vuole mettere in scena il suo dramma Another Country, la storia di un gruppo di liceali degli anni trenta: «Cercavo i due protagonisti principali: un esuberante ragazzo gay e un burbero ragazzo comunista […] Il personaggio gay era già stato interpretato da Rupert Everett, poi da Daniel Day Lewis, un ruolo difficile. […] Quando Colin venne al provino era riservato, introverso, ma mi piacque. Gli demmo la parte di Bennet (il gay, ndr), anche se era palese non fosse per niente un tipo esuberante non serve per forza avere il carattere della parte che interpreti. Una recitazione straordinaria, capii che poteva essere uno degli attori più talentuosi della sua generazione» (Mitchell ad Adam Jacques, The Independent, 2015). «Julian era il primo autore che avessi mai incontrato: era il mio secondo provino, nella sua casa di Chelsea, e mi sembrava di incontrare il Mago di Oz. […] Probabilmente lui pensò che fossi un tipo terribilmente serio, perché ero spaventato a morte da quel provino in soggiorno» (Firth a Jacques). L’opera diventa un film, tra gli attori c’è anche Rupert Everett e tra i due nasce un rapporto odio-amore. «Rupert Everett: Ero rimasto piuttosto attratto da lui quando ci siamo conosciuti. Recitava la stessa parte che in quell’opera teatrale avevo interpretato io. Ho pensato che nel film lui avrebbe dovuto essere l’altro personaggio. Così, sì, ho insistito molto perché in Another country - La scelta ci fosse anche lui. Poi appena ha cominciato a recitare l’ho detestato! Me ne rammarico molto. Da dove veniva quell’odio? Gelosia, credo! C.F.: Rupert mi aveva visto con una copia di The Guardian ed è bastato: poi, per completare l’idea che aveva di me, ha aggiunto la chitarra, il background in un college non dei più prestigiosi, nel corso degli anni l’ha rifinita con un paio di sandali e il repertorio folk di Peter, Paul and Mary... e ha messo tutto insieme. I props, ovvero tutta quell’oggettistica, sono frutto della sua inventiva – ma come ritratto della mia natura più profonda riconosco che c’è qualcosa di vero. E io non sono il tipo che permette alla verità di rovinare un buon burlesque. R.E.: Colin non è d’accordo, ma ricordo che continuava a strimpellare la chitarra, portava un paio di sandali, e cantava canzoni di protesta. Dei sandali! Strimpellava Lemon Tree! Lui dice che è tutto falso. E immagino che lo sia, che io fossi geloso e lui semplicemente troppo bravo. […] Poi avete lavorato insieme in Shakespeare in love. Ma quando avete cominciato a essere amici? C.F.: L’amicizia è iniziata davvero con L’importanza di chiamarsi Ernest, nell’estate del 2001. […] R.E.: […] Continuavamo a ridere. Perché Judi Dench ride un sacco, e lo stesso vale per Colin e per Anna Massey. Siamo proprio stati bene. E dopo siamo diventati grandi amici» (Luke Leitch li intervista assieme, Vogue, 2017) • Per anni Firth fa solo piccole parti per la tv, ma poi la sua carriera decolla: nel 1989 recita in Venom di Milos Forman; nel 1995 è Mr. Darcy nell’adattamento televisivo di Orgoglio e Pregiudizio, il ruolo che lo rende celebre. Diventa famoso in una scena in cui fa il bagno nello stagno di Pemberley: «È il più sexy degli attori britannici, con e senza vestiti (bagnati) addosso. Dice di non identificarsi con il fascinoso rubacuori che tanto spesso ha portato sugli schermi, ma per l’esercito delle sue fan, Colin Firth, bello e aristocratico, resta un oggetto del desiderio. [...] A prova del suo passato proletario sfodera battute in purissimo accento dell’Hampshire. Racconta addirittura di aver fatto parte di una band “hippie con accenti punk”. Difficile crederlo a vederlo con indosso un impeccabile completo di sartoria, abito di scena, come si affretta a precisare» (Gerard). Firth è terrorizzato che il ruolo di Mr Darcy gli resti addosso e le battute su quel personaggio lo accompagnano per i successivi nove film. Nel 1996 recita in Il paziente Inglese, nel 1998 Shakespeare in Love, nel 2001 Il diario di Bridget Jones, nel 2003 Love Actually e La ragazza con l’orecchino di perla, dove interpreta Vermeer. Un successo dopo l’altro • «Firth rasenta la perfezione» (il critico Philip French, The Guardian, 2007) • «Quando ho visto Mamma Mia! ho avuto bisogno di vomitare» (The Guardian, 2008) • Nel 2010 vince il premio Bafta come migliore attore per The Single Man. Ma è Il discorso del Re, nel 2011, in cui Firth interpreta il balbuziente Giorgio VI durante la seconda guerra mondiale, che gli vale l’Oscar come migliore attore • «Non rinnega i ruoli interpretati in pellicole sentimentali. “Non me ne frega niente di quelli che dicono che faccio film mielosi”. Può infatti snocciolare una sfilza di ruoli non romantici che però, ahimè, sono passati inosservati, come il “minatore alcolista e violento” portato sugli schermi all´epoca di Orgoglio e Pregiudizio. Confessa di essersi stufato delle “tensioni anni 80”, di tutti i film di Ken Loach sul sottoproletariato» (Gerard)