Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  settembre 09 Lunedì calendario

Domande e risposte sulla trattativa Usa-Talebani

Quali sono i punti di disaccordo?
Trump si è detto sdegnato per la morte di un militare americano nell’ultimo attacco dei talebani. In realtà, il caduto si aggiunge a un conto che ha già superato quota 2300, dall’intervento del 2001. Ad allontanare l’amministrazione Usa e i fondamentalisti sono altri fattori: il disaccordo su un possibile governo ad interim, la indisponibilità degli "studenti coranici" ad avviare trattative con il governo di Kabul, e una diversa visione della tempistica, con gli Usa che vogliono in fretta un cessate-il-fuoco e i talebani che pretendono la partenza dei soldati comeprimo passo.
Che cosa prevedeva l’accordo di pace?
I dettagli non sono mai trapelati, di sicuro c’è solo la partenza di molte truppe Usa e l’impegno dei talebani a impedire che il Paese torni base di attentati terroristici all’estero. Ma in Afghanistan è diffusa la certezza che l’inviato di Trump avesse accettato un sacrificio dei diritti delle donne, la cui condizione sarebbe tornata vicina a quella del 2001.
Chi ci guadagna dall’interruzione dei negoziati?
Il primo a essere soddisfatto è il presidente Ashraf Ghani, ormai ai ferri corti con l’inviato della Casa Bianca, Zalmay Khalilzad. Lo stop alle trattative rende inevitabili le elezioni previste per il 28 settembre. Escluso in modo quasi offensivo dai negoziati di Doha, il presidente vede rilanciare le sue possibilità di conferma o comunque un suo ruolo futuro. Dell’interruzione nei negoziati potrebbe approfittare anche l’Isis, per insistere con i Talebani meno entusiasti del dialogo, sottolineando che degli americani non ci si può fidare, perché vogliono restare in Afghanistan.
Chi ci perde?
Deluso è probabilmente Trump, che voleva un grande successo diplomatico da usare in campagna elettorale. Ma forse il presidente Usa ha deciso di dar ragione a molti suoi generali, estremamente critici sull’intesa. Delusi sono anche i talebani, che addirittura sono ricorsi a comunicati ufficiali per ribadire la loro disponibilità, visto che con tutta evidenza l’accordo era per loro soddisfacente.
E la popolazione afgana?
Da Kabul vengono segnali in controtendenza: anche chi aveva sperato sulla fine della guerra, esprime riserve molto dure sulle condizioni strappate dai fondamentalisti. Secondo fonti afgane, nella bozza di documento si riprendeva persino il nome di un tempo, quello di "Emirato islamico di Afghanistan".
Che cosa succede adesso?
Le elezioni presidenziali del 28 si terranno sotto pesante minaccia di attentati, e difficilmente daranno risultati univoci. Da questo potrebbe nascere la possibilità di creare un governo ad interim, mentre le trattative riprendono. La partenza dei contingenti stranieri, compreso quello italiano, non ha ancora nessuna data.