il Fatto Quotidiano, 9 settembre 2019
Mezzo secolo di terremoti: cosa ha funzionato, cosa no
In Italia, nell’ultimo mezzo secolo, si è verificato un “forte terremoto” con vittime e danni gravi in media ogni 4,4 anni (più tanti altri senza morti o con uno soltanto). Valle del Belice in Sicilia (1968): 370 morti, gravi distruzioni diffuse. Tuscania (1971): 31 vittime e centro storico semidistrutto. Ancona, (1972), ben 90.000 sfollati e città alta da ricostruire. Friuli 1977: 989 morti, in varie riprese, città distrutte. Val Nerina (1979) gravi danni. Irpinia (1980): primato di morti, 2.914, di feriti, circa 8.000, e 250.000 senzatetto. Nel 1990 in Basilicata (4 morti) e in Val di Noto: 17 morti, seri danni e 15.000 sfollati.
Da Assisi a Urbino, nel 1997, prima scossa nel settembre (coi 4 morti sotto le macerie della Basilica Superiore in Assisi), altre scosse, fino al 26 marzo 1998: altri 11 morti, 32.000 sfollati e oltre 80.000 edifici lesionati. Colpite città come Foligno. Tralascio terremoti senza vittime e però rilevanti. Nel 2002, la tragedia nella scuola a San Giuliano Piemonte (Molise): 27 bambini travolti e una maestra.
Nel 2009 l’Aquila: 308 vittime, città storica semidiruta, centri minori polverizzati, 65.000 senzacasa. Poi, a cinque secoli dal sima che demolì buona parte di Ferrara, nel gennaio 2012 le scosse colpiscono la pianura fra Bologna, Ferrara e Mantova, duri colpi per centri e monumenti storici, per intere zone ad alta industrializzazione. Nuovo sisma il 20 maggio, epicentro a Finale Emilia, 7 vittime. Il 29 maggio nuova scossa (5,8 scala Richter) e altre 20 vite umane perdute.
Ultima tragedia, per ora: quella di Amatrice e dintorni nel 2016, oltre 300 morti. Dopo quello dell’Aquila, il post-terremoto affrontato peggio per impiego di mezzi, di fondi, di competenze specifiche, con un miserevole bilancio del 4 % appena di ricostruzioni.
Bilancio tragico dell’ultimo mezzo secolo: 5.000 morti, decine di migliaia di feriti, centinaia di migliaia di sfollati (per anni), danni economici per miliardi di euro. Ci chiediamo:
1) Esiste un piano di messa in sicurezza antisismica? No. Soltanto il 30 % degli edifici nelle zone ad alta sismicità risulta in sicurezza. Per il restante 70 % (allocato nella zona “rossa” della dorsale appenninica e in aree prealpine come l’alto Friuli), ci sono soprattutto slogan come “Italia sicura”, i fondi insufficienti, non pianificati, proposte di finanziamenti pluriennali (legge Del Rio) a spray su tutta Italia e non sulle aree più devastate dai terremoti da duemila anni. Di cui conosciamo in modo raffinato le serie storiche. Ci vogliono almeno 40 miliardi in più annualità. Connettendo la messa in sicurezza edilizia a quella idro-geologica.
2) Ci sono stati esempi più positivi di intervento post-terremoto rispetto a questi di Amatrice e dintorni? Sì, ci sono. La splendida Tuscania con le sue grandi mura e le chiese romaniche è stata ricostruita in modo egregio dalla Soprintendenza del Lazio negli anni ’70 ed è viva e vitale. Nel Friuli c’è stato un forte impegno delle comunità locali che hanno privilegiato (come in Emilia) la ricostruzione delle fabbriche, spesso d’avanguardia, rispetto a case e chiese. Soprattutto a Venzone hanno orgogliosamente voluto ricostruire tutto pietra su pietra, dov’erano e com’erano. In Umbria e Marche (1997-98) si sono creati villaggi prefabbricati validi di tipo “siberiano”. Attorno alla Basilica Superiore di San Francesco in Assisi (stava letteralmente scivolando a valle) viene alzata di notte una foresta di tubi d’acciaio. Ci lavorano i migliori esperti di restauro, il mai abbastanza rimpianto Pippo Basile regista generale, gli strutturisti Giulio Croci e Paolo Rocchi, restauratori di grande valore come Carlo Giantomassi e Sergio Fusetti. Morale: la Basilica Superiore riconsegnata in gloria ai monaci nel novembre 2000, appena 2 anni e 2 mesi dopo il crollo, restaurata in ogni centimetro dipinto e rafforzata con tecnologie d’avanguardia.
3) Esempi negativi da non seguire? Certamente quello del Belice, ma pure quello dell’Aquila dove il duo Berlusconi-Bertolaso ha messo da parte i tecnici dei beni culturali o li ha chiamati tardi e con pochi soldi, fantasticando di New Towns e altro. Risultato: dieci anni dopo, l’Aquila sta appena rinascendo sul piano edilizio. Ma su quello socio-economico?
4) Per Amatrice, Accumuli e dintorni c’è da temere il peggio, lo spopolamento, la fuga dei giovani. Nel 1997-98 in Umbria-Marche si era puntellato subito tutto. Il sindaco di Montefalco aveva fatto puntellate di sua iniziativa l’abside affrescata di Benozzo Gozzoli. Il direttore generale del Mibac, Angela Pasqua Recchia, presente ad Amatrice a fine agosto 2016, non ha fatto puntellare nulla, né allora, né dopo, e la grande nevicata del gennaio ha distrutto il resto.
5) Fra il 1997 (Assisi, governo Prodi, Veltroni ministro) e il 2016 (Amatrice, governo Renzi, ministro Franceschini) si registrano meno fondi, meno tecnici (compresi quelli di alto valore), interventi meno tempestivi: un divario negativo impressionante, da far paura. Risultato: il misero 4 % di ricostruito ad Amatrice dopo tre anni.
A questo siamo. Dove sono finiti Stato e Ministeri (per non parlare delle Regioni) ? Dove precipiteremo domani con un Ministero per i Beni Culturali e Paesaggistici sempre più deformato e rideformato, definanziato e occupato soltanto a fare e disfare Musei e Poli Museali (nati morti)?