Il Sole 24 Ore, 9 settembre 2019
Nelle scuole è corsa ai supplenti
Se non è un boom di supplenti poco ci manca. In coincidenza con la prima campanella dell’anno scolastico, che dopo Bolzano suonerà oggi in Piemonte e poi via via in tutte le altre Regioni fino alla Puglia il 18, migliaia di studenti italiani si ritroveranno a fare i conti di nuovo con l’emergenza professori. In un paese che dal 2015 a oggi ha assunto a tempo indeterminato circa 180mila docenti, con la promessa di sconfiggere la “supplentite”. Una malattia che appare ormai endemica. Complice il turn-over rafforzato dovuto a quota 100, che ha prodotto 45mila uscite nel comparto scuola di cui 33mila prof, al termine delle assegnazioni provvisorie (trasferimenti per rimanere vicino casa), avremo almeno 122mila supplenze (fonte Flc Cgil), una ogni sette cattedre. Ma alcune stime sindacali arrivano a 170-200mila. Con un ulteriore rischio dietro l’angolo: riaprire un fronte con l’Europa sui precari con 36 mesi di servizio.
I motivi che rendono necessario, di anno in anno, il ricorso ai supplenti sono sempre gli stessi. Da un lato, l’incapacità di programmazione da parte del Miur e, dall’altro, un sistema di immissioni in ruolo degli insegnanti, che per metà prevede le assunzioni stabili dalle graduatorie a esaurimento e per il restante 50% dai concorsi. Dal 1999 si è dovuto aspettare il 2012 per il ritorno a selezioni ordinarie, e quelle annunciate più volte dal ministro uscente, Marco Bussetti, non sono mai partite. Nel frattempo alcune graduatorie da “a esaurimento” sono diventate “esaurite”.
Già nel 2017 il Miur aveva quantificato in 22mila i posti scoperti per assenza di candidati. Stime tuttora attuali. Su 53.627 cattedre che il Mef ha autorizzato a coprire a tempo indeterminato, infatti, allo scorso 27 agosto, risultavano andate a buon fine circa il 30% di nomine. Alla fine si ipotizza che tra i 23 e i 25mila posti restino vuoti per assenza di candidati. Le situazioni più critiche interessano medie e superiori; e soprattutto il Centro-Nord. Oltre a italiano e matematica, c’è carenza di docenti abilitati anche nelle lingue e in gran parte delle classi di concorso “tecnico-scientifiche”. Accanto a questi posti liberi e disponibili, coperti da precari storici e quasi sempre non abilitati, c’è poi l’organico di fatto: le cattedre legate, di anno in anno, al numero di studenti(ultimamente, in riduzione). Stiamo parlando di oltre 56mila disponibilità, in prevalenza sostegno, che con gli spezzoni orari spesso raddoppiano. L’anno scorso, ha ricordato di recente la Flc Cgil, 56mila posti dell’organico di fatto sono diventati 114mila supplenze fino al 30 giugno.
La novità di quest’anno è la corsa da parte di molti neolaureati o disoccupati, non abilitati, a presentare le «Mad», vale a dire domande di «Messa a disposizione», nel caso in cui i presidi si trovassero a corto di insegnanti (da Gae o concorsi) e dovessero chiamare per una cattedra. La circolare che il Miur ogni anno invia alle scuole stavolta invita i presidi a pubblicare le messe a disposizioni per rendere più trasparente il percorso di assegnazione del posto. Lo stesso documento ricorda poi l’abolizione del divieto di assegnare supplenze su posti vacanti e disponibili a personale che abbia già svolto tre anni in classe, vista l’abrogazione della norma contenuta nella Buona Scuola da parte del decreto dignità. Una mossa che, a detta degli esperti, «contrasta sia con le recenti pronunce della Corte costituzionale e della Cassazione sia con il diritto e la giurisprudenza Ue» – come avverte Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna – e che potrebbe spingere Bruxelles ad avviare una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia.
A dire il vero una “pezza” il precedente governo aveva tentato di metterla: con un decreto legge approvato, salvo intese, lo scorso 6 agosto e che prevedeva una sorta di doppia corsia preferenziale, proprio per i precari di terza fascia con 36 mesi di servizio: Pas per acquisire abilitazione e cattedra attraverso una selezione agevolata. La caduta del governo Conte 1 ha messo in standby il provvedimento. Lorenzo Fioramonti (M5S), che nel passaggio dal governo gialloverde all’esecutivo giallorosso è stato promosso da viceministro a ministro dell’Istruzione, ha promesso di intervenire «entro il 2020». E molto probabilmente lo farà eliminando l’istituzione di percorsi abilitanti speciali (Pas) e lasciando a un maxi-concorso, con una corsia preferenziale riservata ai precari storici, il duplice compito di abilitare i prof e riempire i vuoti d’organico.