La Stampa, 9 settembre 2019
Dietro l’Excelsior la tratta delle ballerine di fila
Il sogno di diventare grandi ballerine, le immense speranze che accendeva la prospettiva di un tourneé in America. E poi ritrovarsi a vivere private di ogni diritto in tuguri malsani, con paghe da fame, e spesso costrette a subire vessazioni di ogni genere. Quando si parla del Gran Ballo Excelsior si pensa alla colonna sonora della Belle Époque, all’allegria e all’entusiasmo delle grandi capitali europee tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Ma c’era anche una realtà triste e poco conosciuta che sta portando alla luce Gennaro Fusco, piccolo editore e ricercatore storico di Novi Ligure che da anni si occupa di approfondire la storia di uno dei suoi concittadini più illustri, il compositore Romualdo Marenco, che musicò il Gran Ballo Excelsior.
La tratta delle ballerine è uno dei risvolti che ha scoperto lavorando al suo prossimo libro su Marenco e soprattutto sull’Excelsior: «Sto ricostruendo la tournée americana del ballo che si svolse tra il 1883 e il 1885 – spiega Fusco -. Tra i protagonisti c’erano ballerini divenuti grandissimi, come Carlotta Brianza che fu poi la prima interprete de La bella addormentata al Teatro Imperiale di Pietroburgo». Ma dietro le grandi stelle c’erano le ballerine di fila. Ragazze umili, attratte dalla prospettiva luccicante del successo e del riscatto, rispondevano agli annunci sui giornali, per poi ritrovarsi dall’altra parte del mondo in condizioni tremende. Fusco le ha scoperte scandagliando migliaia di fonti: circa 10 mila scritti, in prevalenza articoli su giornali e riviste d’epoca, ritrovati in biblioteche e mercatini di tutto il mondo (lui che di Marenco ha già scoperto spartiti sconosciuti in Canada, Francia e Lituania, sconosciuti).
«Da tutte queste letture – dice - è emersa una realtà molto particolare, vale a dire la condizione lavorativa delle ballerine di fila. Queste ragazze, che avevano 16 anni, spesso anche meno, venivano pagate con salari da fame e ospitate in posti da miseria». Condizioni tremende, ma almeno lavoravano: il dramma più nero arrivava spesso a metà di una stagione. Le imprese che gestivano i teatri fallivano lasciando cantanti, ballerini e operai, senza stipendi. I grandi cantanti e le étoiles della danza perdevano denaro, certo, ma loro avevano un nome e le risorse sufficienti per tornare a casa e cercare altri ingaggi. «I comprimari, invece, non possedevano niente e restavano bloccati in Paesi di cui nemmeno conoscevano la lingua». Nelle riviste d’epoca e sui giornali non si parla esplicitamente di violenze e abusi da parte degli impresari, anche se tra le righe qualcosa si lascia intendere. Dove non arrivava la cronaca si spingeva più facilmente la letteratura: le testimonianze in questo caso sono opere, soprattutto alcuni romanzi francesi e non ultimo La ballerina di Matilde Serao. Finzioni narrative che traevano spunto da una realtà comune: i sogni infranti delle ragazze che sognavano di diventare stelle.