La Lettura, 8 settembre 2019
Corín Tellado ha pubblicato 54 romanzi in un anno
Mi è capitato qualche volta di essere definito «prolifico». L’ho presa quasi sempre maluccio. Non tanto perché nove libri in dodici anni, tolti quelli a più mani, non mi sembrano troppi (se scrivere è sempre al centro dei tuoi pensieri), ma perché in quell’attribuzione, specie se giunge da qualcuno che di libri ne ha fatti meno, si legge a volte, sottotraccia, una critica: molta produzione, poca qualità. Un pregiudizio che trova del resto conferma nella lista degli autori più prolifici, che corrisponde a una carrellata di egregi sconosciuti: chi ha mai sentito nominare Corín Tellado o Rolf Kalmuczak? Nicolae Iorga, qualcuno? Eppure si parla di ottomiladuecento romanzi in tre… In effetti, di fronte all’exploit della signora Tellado da El Franco, Asturie, che ha scritto più di quattromila romanzi, di cui cinquantaquattro nel solo 1992 (anno d’oro!), si ha più l’impressione di un disturbo ossessivo-compulsivo che di una «vena inesauribile», e anche i cento pseudonimi di Kalmuczak darebbero da pensare a qualunque psicoanalista…
Al netto delle boutade, è un fatto che la lista dei «più prolifici» vada scorsa un bel po’ prima di pescare qualche nome di pregio – e prima di arrivare a Simenon e Asimov si incontra, insieme con tanti mai sentiti prima, anche Hubbard, la cui inventiva lo portò a inventarsi addirittura una religione, oltre che a firmare 1.084 libri.
In effetti, Simenon viene considerato un’eccezione, in quanto grande autore che era anche prolifico, mentre Asimov deve il traguardo dei 500 libri a quelli di divulgazione, che certo richiedevano meno lavoro rispetto a un volume del Ciclo della Fondazione.
Corín Tellado, che all’umanità ha lasciato le numerose telenovelas tratte dalle sue serie di romanzi rosa (rosa ma mai pruriginosi, dato che per decenni se l’è dovuta vedere con la censura franchista) è stata capace di affermazioni che non avrebbero stonato in bocca a qualche gigante delle lettere, a una Yourcenar o una Nin: «Ho sacrificato la mia vita alla letteratura. Mi sono fatta male. Ma smetterò di scrivere solo quando lascerò cadere la testa sulla macchina. Non mi arrendo». E di certo non si è arresa: dopo la sua morte (l’11 aprile 2009, alla vigilia degli 82 anni) ha lasciato pure tre romanzi inediti, sebbene l’interesse attorno a essi sia stato un filo minore rispetto a quelli lasciati da Salinger, morto solo qualche mese dopo… Ma senza arrivare agli estremi opposti del Gran Recluso (cosa c’è di più chic che essere poco prolifici e non farsi mai vedere?), non c’è dubbio che dopo avere scorso questa lista risponderò sempre: «No, ti sbagli, non sono prolifico», almeno fino a quando avrò fondato la mia religione.