Il Messaggero, 8 settembre 2019
Settecento poltrone da assegnare tra ministeri e partecipate
Settecento poltrone da assegnare da qui alla fine del 2020. In una lista immensa che comprende incarichi di primo piano nei ministeri, la testa delle authority e i vertici di importanti e ricche partecipate. Tutte di nomina politica e al centro delle trattative tra i partiti della nuova maggioranza rosso-gialla per riscrivere la mappa del potere italiano.
In ordine di tempo, la politica dovrà partire dai dossier, che il precedente governo non ha potuto completare per lo scoppio della crisi: in primo luogo vanno formalizzati i cda di Inps e Inail così come gli amministratori di controllate di Cassa depositi e prestiti quali Sace, Simest, Fsi, Cdp sgr e Cdp Immobiliare. Scaduti poi anche i vertici di Invitalia o di Sogin. In totale una settantina di poltrone. Entro la fine di ottobre, poi, si dovranno nominare presidenti e commissari di Agcom e dell’ufficio del garante della privacy.
GLI STAFFComplice lo spoil system, la pratica importata dall’America che dà la facoltà ai nuovi governanti di rimuovere e sostituire i dirigenti scelti dai propri predecessori, già dei prossimi giorni i ministri nomineranno i loro gabinetti e le prime linee dei loro dicasteri. La legge infatti prevede che entro 45 giorni dal giuramento debbano essere confermati oppure cambiati i 16 capidipartimento di Palazzo Chigi, dove lo staff decade immediatamente. Limite temporale di 30 giorni invece per fare il punto sulle figure di diretta competenza dei ministri, che comprendono capi di gabinetto, del legislativo, segretari particolari, consiglieri diplomatici e giuridici. Entro tre mesi, poi, decadono i segretari generali e capi dei dipartimenti così come entro questa data bisogna scegliere se tenere o meno figure apicali in alcuni dicasteri come il Ragioniere generale dello Stato al Mef o il presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici al ministero delle Infrastrutture. Parliamo di oltre 250 poltrone, se verranno confermati gli organici del governo giallo-verde. Tanto che, con un pizzico di spirito corporativo, Barbara Casagrande, segretaria dell’Unadis, il sindacato dei dirigenti ministeriali, auspica «che vengano individuati i nuovi staff e le nuove figure apicali della Pa fra l’alta dirigenza pubblica, che già possiede competenza e conoscenza della macchia, valorizzando dunque i dirigenti di ruolo e le giovani competenze». Tradotto, puntiamo a quelli di ruolo e non a esterni e pensionati.
Sempre entro 90 giorni andranno confermati importanti strutture legate ai ministeri come il dipartimento del Dis, che gestisce i servizi segreti, la Protezione Civile o le 14 agenzie statali come quelle delle Entrate, del Demanio, per la cooperazione o l’Anpal.
Ma queste poltrone, nella mappatura del potere italiano, sono soltanto un antipasto sul fronte delle nomine da fare nel 2020. Infatti sono da riempire oltre 300 caselle in quelli che una volta erano i grandi monopolisti di Stato, oggi per lo più controllati dal Tesoro. Nella prossima primavera – ma liste con i candidati sono attese già a fine anno – scadono, infatti, i cda di colossi come Eni, Enel, Leonardo, Poste, Terna o Enav, tra l’altro quotate in Borsa e perciò molto sensibili ai desiderata del mercato, visto il crescente peso dei fondi d’investimento nel loro azionariato.
Poco dopo andranno rinnovati i vertici delle due principali partecipate di Ferrovie, Trenitalia e Rfi che gestisce l’infrastruttura di rete. Ma molto appeal lo ha anche Consip, la centrale per l’acquisti pubblici che la politica vuole ristrutturare dopo gli scandali legate alle inchieste giudiziarie. Capitolo a parte meritano Mps (l’Europa, dopo il salvataggio, impone entro il 2020 l’uscita del Tesoro) e Alitalia. L’ex compagnia di bandiera nel 2020 vuole ripartire con azionisti pubblici (Mef e Fs) e privati e ha bisogno di un nuovo management.