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 2019  settembre 08 Domenica calendario

Pippo Baudo ricorda Mike Bongiorno

Pippo Baudo, a dieci anni dalla scomparsa l’Italia ricorda l’inossidabile Mike Bongiorno con affetto non meno inossidabile. 
Mi fa un gran piacere vedere ricordato Mike con questa benevolenza e anche con parecchia nostalgia. Bisognerebbe fare altrettanto per le figure di Corrado e di Enzo Tortora, che invece mi sono parse un po’ dimenticate. La Prima Repubblica televisiva non era niente male.
Ricorda il primo incontro con Mike?
Come no, fu un battesimo di fuoco. Di persona ci eravamo solo sfiorati perché io lavoravo a Roma e lui a Milano. Il primo incontro vero fu davanti alle telecamere di Studio Uno. Insieme a Mina c’eravamo io, lui, Corrado e Enzo Tortora. Tortora mi sussurrò di mettermi accanto a Mike e di alzarmi sulle punte per farlo sembrare ancora più piccolo, ma non ne ebbi il coraggio.
Meglio non farlo arrabbiare.
Quello non sarebbe successo. Mike era autoironico, sportivo, aveva una vita piena al di là degli impegni televisivi.
Però negli anni 80 la rivalità Mike-Pippo teneva banco.
Certo, ma faceva parte del gioco. Fu lui stesso a dirmelo: “Guarda che dobbiamo sfotterci il più possibile perché gli italiani adorano le contrapposizioni, dobbiamo diventare come Coppi e Bartali”. Mio malgrado, ho obbedito.
In realtà eravate amici.
Certo, e ancora una volta è stato lui a prendere l’iniziativa. Mi invitava spesso a cena a casa sua, poi Daniela e i figli se ne andavano e noi due restavamo a parlare dei nostri progetti rigorosamente separati.
E la televisione?
Rigorosamente spenta.
Dica la verità: all’inizio un po’ si è ispirato a lui.
Francamente no, perché credo che ogni presentatore, se vuole emergere sul serio, debba puntare a qualcosa di personale. Quando ho cominciato, negli anni 60, in Rai era scoperto il ruolo del conduttore specializzato nella musica. Ho provato a inventarlo.
Non si può ricordare Mike senza citare Eco. Era davvero il perfetto uomo medio?
Non credo che in Eco ci fosse volontà di offendere, ma quel giudizio resta molto duro, e non così esatto. Mike si calava di proposito nel ruolo dell’italiano medio, ma non mediocre. Voleva essere compreso da tutti, e questo era il modo migliore per riuscirci.
Anche sulle gaffe non si è mai saputa la verità. Erano vere o create a bella posta?
Dipende. All’inizio, ai tempi di Lascia o raddoppia? e del Rischiatutto erano sicuramente vere, perché nemmeno Mike conosceva le risposte dei suoi quiz. “Chi sarà mai questo Paolovi, mai sentito nominare?”. Era papa Paolo VI. Poi però si accorse che le gaffe aumentavano la popolarità, e non escludo che ci abbia giocato lui per primo.
E la signora Longari?
Quella è una leggenda. Ma per un conduttore diventare una leggenda è il massimo.
Vera o presunta, il culmine della vostra rivalità arriva nel 2007, l’anno del sorpasso sanremese.
Certo, quando ho accettato di condurre il mio 12° Sanremo, gli ho telefonato e gli ho detto: “Mike, io presento il Festival ma tu devi presentare me”.
Lui?
Felicissimo. Il giorno del debutto è arrivato tre ore prima. “Ma Mike, guarda che devi dire solo: ecco a voi Pippo Baudo”. “Lo so, lo so. Non preoccuparti, ma sai, volevo respirare l’aria dell’Ariston”.
Quanto è cambiata la tv italiana in questi dieci anni?
È cambiata in peggio, il grande varietà sta scomparendo perché pochi lo sanno fare e il declino è evidente soprattutto nello show musicale. Oggi si fanno cantare i dilettanti per un minuto e mezzo, poi si votano. Ma come fai a giudicare un artista in un minuto e mezzo? È una farsa.
Anche la politica ha invaso il campo dell’intrattenimento. Ai vostri tempi, invece, c’era un confine preciso.
Certo, Mike non ne voleva sapere, il mio massimo è stato una breve rubrica in Domenica in. Dieci minuti e uno alla volta. Modica quantità.
Andreotti non mancava mai.
Era un ospite fisso. Ogni volta mi convocava il sabato alle 6 di mattina. Mi riceveva in giacca da camera, mi offriva un caffè e si metteva a parlare d’altro. Quando gli dicevo di cosa avremmo trattato in trasmissione rispondeva che si era fatto tardi: “Improvvisiamo”.
C’è un erede di Mike?
Ci sono ottimi professionisti, Paolo Bonolis in testa, ma con le caratteristiche di Mike non vedo nessuno. Non è detto sia un male.
Almeno possiamo chiudere dicendo “Allegria!”
Mi sembra una parola molto impegnativa per i tempi che stiamo vivendo.
E allora?
Mettiamoci un punto interrogativo… “Allegria?”.