il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2019
Un giorno con Salvini
Ogni luogo ha un’anima che segna, coinvolge, trascina. Così è successo, del tutto improvvisamente, anche per Matteo Salvini. “Nei momenti più facili sei pieno di amici. Poi quando ti trovi nella difficoltà la metà di quelli che ti salutavano cambia marciapiede, ti lascia da solo”. Gli sconfitti della droga, i ragazzi che per ritrovarsi sono corsi qui, tra i boschi di Amelia, a cercare la forza per respingere l’eroina e riemergere, ascoltano il Capitano ora purtroppo degradato, il superpotente già ex, il sempre vincente oggi sconfitto. In qualche modo lui è come loro. “Sono un grande peccatore”. Poi: “Sono divorziato”. Poi: “Dico parolacce di ogni genere”. La sala della comunità di don Piero Gelmini, vessillo antidroga insostituibile del centrodestra, che qui periodicamente fa tappa, non è strapiena e neanche eccitata. Il clima intimista, assai raccolto, un po’ travolge Matteo e lo costringe a questa prima confessione pubblica: “Ci sono i momenti negativi. Ma so che il mondo lo cambiano i matti”.
Anche i selfie finali non hanno il sapore arrembante, la gioia esplosiva che qualche ora dopo, nel parco delle fonti di San Gemini, restituirà a Salvini la fiducia di sempre, anche la spocchia di sempre, e quel ritmo che qualche ora prima sembrava perduto.
In Umbria si vota il prossimo 27 ottobre e per la Lega il finale di partita sembra tracciato: due a zero a tavolino. “Il Pd è mezzo morto, i Cinquestelle votano il loro candidato, per noi è fatta”, dice Roberto Perfetti, segretario regionale dell’Ugl. “Matteo nell’errore ha trovato il successo. Ha fatto la crisi a rotta di collo, ma d’ora in poi raccoglierà i frutti del casino che il governo farà”. Matteo ci crede, e nel residuo spiritualista che gli è rimasto in corpo dall’incontro di Amelia, invita i fan: “Togliete la tristezza dai vostri volti e ritrovate il sorriso. Sostituite la rabbia con l’orgoglio. Vi voglio così nei prossimi cinquanta giorni: porteremo questa grande donna, Donatella Tesei, alla guida dell’Umbria”.
Donatella, senatrice, già sindaco di Montefalco, non riesce a comiziare per via di una raucedine insistente. “È sfiatata” comunica con qualche preoccupazione un leghista combattente alla moglie.
Il parco è zeppo, più di duemilacinquecento gli arrivi in questo bosco sorgivo. La festa di onore a Salvini doveva tenersi a Terni ma la paura di contestazioni rumorose e assai partecipate ha fatto immaginare questa sede di collina, più raccolta, meglio controllata, lontana dal caos della città.
Non c’è che dire: la popolarità e il radicamento salviniano paiono inossidabili, resta di gran lunga il politico che non solo riempie le piazze, ma le trascina su per i monti e le galvanizza come pochi. Mamme e papà, anche ragazzi. Stipati, concentrati, preoccupati pure. Crocchio di militi che chiedono lumi a un amico in grado di rispondere ai quesiti costituzionali: “Dimme un po’ ma Mattarella sta cosa la poteva fare?”. Lui, contrito: “La poteva e non la poteva fare. Tecnicamente la poteva fare”. “Ci rubano il voto”, urla Antonio Rinaldi, l’economista televisivo, per gli amici noto come Bombolo. “Ma avete sentito cosa ha detto un giornalista del Tg1? Vuole sparare a Salvini. Avete capitooo?”. Boato di sdegno. “Capitan Salvini sta per arrivare amici”, dice un’entusiasta, commossa Barbara Saltamartini, deputata già entusiasta di Gianfranco Fini. “Siamo in tanti dell’Msi – spiega il sindacalista dell’Ugl – La Meloni non è credibile”. Il suo compagno d’armi: “Se trovassi Fini per strada lo butterei sotto”. Un altro: “La Lega incorpora i nostri valori patriottici. È lui che è venuto da noi”.
Lega, Lega e Lega. “Forse Matteo è stato impulsivo però. Un tantino istintivo”, commenta Laura Pernazza, sindaco di Amelia. “Sono di Forza Italia e credo che tutti insieme…”.
“Ce la famo? Se anche in Umbria il Pd e i Cinquestelle si rimettono insieme, so dolori”, analizza un sessantenne riflessivo. Intanto, marito alla moglie: “Lo vuoi vedere o no? Perché ce ne possiamo pure andare”. Militante deluso: “Non ci fanno mai votare”. Militante ottimista: “La battaglia è persa, ma vinceremo la guerra”. “Vinceremo la guerraaaaa!”, dice appunto Salvini dal palco facendo commuovere e ondeggiare la platea stipata sotto le querce. “Se vince?”, Franco barista, dubbioso. “Che cazzo ne so”, è la risposta del suo amico già un po’ annoiato.
Si vince o forse si continuerà a perdere. “Io sono sovranista. Sto con Bagnai e Borghi. Alle politiche ho votato cinquestelle, poi subito ho virato sulla Lega, l’unico baluardo antieuropeo. Però Salvini doveva preoccuparsi di non ingrassare troppo. Diciamoci la verità: come facevano i cinquestelle a resistere a quel salasso?”. Massimo Oggiano, ingegnere di Terni, milite irriducibile del ritorno alla moneta nazionale: “Non saprei dire se Salvini vincerà. Forse potrà pure riperdere ancora”.
Infatti la vera preoccupazione di Mario Verdecchia, maestro elementare, è che si prenda la strada sbagliata e si vada a finire come la Marine Le Pen: “Lei i voti ce li ha ma sono inservibili, inutilizzabili. Abito a Montefalco, sono maestro di paese, però appassionato di politica. Vengo qui da osservatore. Penso che Salvini non farà la fine di Renzi ma non vedrà mai più il governo. Lui non sa spendere i voti, lo vedi come fa? C’è tanta gente che gli mette in mano la propria fiducia, che per un politico è moneta sonante, ma lui è sprecone. Sperpera tutto”. “Diciamo che è un istintivo”, spiega Carmela, parrucchiera. “Un po’ come me: se te devo mannà affanculo te manno. Mi piace per questo”.